Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 79
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226 i A FRATE JACOMO DA PADUA PRIORE DEL MONASTERO DI MONTE OLIVETO DI FIORENZA (J).
J. # , I. L’esorta ad esser servo fedele di Gesù Cristo, mostrando come s’acquisti la fede nel legno della santa croce, e quale sia l’efficacia d’essa fede.
II. .Della pazienza cbe nasce dal lume della fede.
III. Della virtù della carità,che s’acquista nella considerazione della ■’ ". divina bontà per lo lume della fede., l ’111 ’.’-» ’ ’, * Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I* voi venerabile padre in Cristo Jesù per reverenzia del santissimo sacramento. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Jesù Cristo, mi vi raccomando nel prezioso sangue del figliuolo di Dio, con desiderio di vedervi veramente servo fedele al nostro dolce Salvatore, siccome elli disse, cioè se voi avarete tanta fede, quanto è uno granello di senape, e comanda" rete a queslo monte, levati, elli si levarà. E così mi pare veramente, padre carissimo, perocché l’anima fedele, che tutta la fede e la speranza sua ha posto in sul legno della santissima croce, dove noi troviamo l’Agnello arrostilo al fuoco della divina carità, acquista ine tanta fede, che non sarà neuno monte, cioè monte di neuno peccato, o superbia, o ignoranzia, o negligenzia nostra, che comandandolo con fede viva per virtù di quella santissima croce, che la volontà nostra non muova questo monte da vizio a virtù, da negligenzia a sollicitudine; da superbia a perfetta e vera umiltà, raguardando Dio umiliato a sè, uomo, e levarassi il monte dell’ignoranzia, e rimarremo umiliati nel vero e perfetto cognoscimento di noi medesimi, e vederemo noi non essere, e vederenci operatori di quella cosa che non è. Allora truova l’anima in sè fondata la bontà di Dìo con tanto ardentissimo amore, perocché vede che elli l’amò in sè medesimo innanzi che elli la creasse, e poiché elli ha veduta’ la miseria sua e la bontà di Dio in sè, viene in odio di sè medesimo ed in amore del dolce Jesù.
II. E perché si vede essere stato, ed è ribello a Dio, facendo quello bene il quale noi potiamo fare, vorrà fare giustizia di sè medesimo: e non tanto che.
si chiami contento di fare’giustizia di sè, ma eli) desidera che le creature ne facciano vendetta, volendo sostenere da loro ingiurie, strazii, scherni e villanìe, ed in altro non si può dilettare, che in sostenere ed in portare fatiche con buona e vera pazienzia.
III. Allora manifesta la fede sua viva e none morta che elli ha; e mostra che elli abbi conformata la volontà sua con quella d; Dio, ed ha comandato a monti che si levino, e sonsi levati, e rimasi in virtù, e diventa giudicatore della santa volontà di Dio, della quale volontà nasce uno lume, che ciò che elli vede e ciò che li fusse fatto, o da uomini, o da dimonii, o per qualunque modo sia, non può vedere che proceda da altro che da questa santa volontà di Dio; e neuna cosa a quella mente ed a quella anima può esser pena; nè veruno tempo, nè stato vuole eleggete a suo modo, se non secondo che alla bontà di Dio piace; perocché vede che Dio sommamente è buono, e non può volere altro che bene, e la noslra santificazione, siccome disse il dolce innamorato di Paulo: che la volontà di Dio è che noi siamo santi228 (leali in lui. Adunque poiché ì anima ha veduto tanto ineffabile amore, e che ciò che Dio fa e permette è dato a noi per singulare amore, levisi con perfetta sollicitudine a ’ vestirsi e stregnare a sè questo soave e dolce vestimento, il quale fa adempire quella dolce parola del salterio, cioè, gustate e vedete ec. E veramente, carissimo padre, così è, che se l’uomo noi gusta in questa vita per amore e per desiderio, noi potrà vedere nella vita durabile. 0 quanto sarà beata l’anima nostra, se noi il gustaremo, essendo vestili di questa santa e dolce volontà, il quale vestimento è il segno che noi mostriamo al Salvatore nostro del1’amore che noi portiamo a lui; e dell’amore nasce la fede viva, perocché tanta ho fede, ho speranza, quanto io amo, e l’amore, cioè la divina carità, parturisce i figliuoli delle virtù vive e non morte. Orsù dunque, padre, trasformiamo il cuore e l’anima nostra in questo consumato ed infuocato ed ardentissimo amore: nascondiamone nelle piaghe del cuore consumalo del figliuolo di Dio. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Corriamo, corriamo, perocché il tempo è breve. Jesù dolce, Jesù amore.. Annotazione alla Lettera 79.
(J) Il monistero di cui era priore questo Fra Jacomo, stimo essere quello stesso in coi ancora al presente dimorano i padri oli* vetaui, e cbe questi non per anco ottenuto avessero il celebre inonistero di san Miniato, a cni passarono Tanno 13^3, giacché, come fu avvertito di sopra, i superiori di badie auliche appellavano ab bali non priori,