Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 77

A frate Filippo di Ventuccio ed altro - Lettera 77
Lettera 76 Lettera 78

[p. 211 modifica]2 I I A Irate Filippo (li Vannucclo, ed a frate Niccolò di Piero di Firenze dcll’Ordine di 31onte Oliveto fatta in astrazione.

I. Della virtù dell* obedienza, esortando i detti monaci ad osservarla perfettamente per mezzo della santa carità unita all’umiltà ed alla pazienza.

IT. Di due sorte d’obedienza, cioè generale, comune a tutti, e particolare propria de’ religiosi.

III. Degli scogli che s’ incontrano nell’osservanza dell’ obediunza, che sono le tentazioni ed inganni del diiuonio, la ribellione della carne e le lusinghe del mondo, e delle tre virtù, rio

l’obedienza, l’umiltà e la povertà volontaria, con cui si superano detti scogli.


IV. Della qualità della vera obedienzs, e del lume che si ricerca per acquistarla.

V. Dei danni della disobedienza.

Al nome di Jesà Cristo crocifisso

di Maria dolce.


I. Ìlarissimi figliuoli in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fondati in vera e perfetta pazienzia, perocché senza la pazienzia non sareste piacevoli a Dio, e non portareste il giogo della santa obedienzia, raa con impazienzia ricalcitraste al prelato ed aU’Ordine vostro: e pazienzia non è mai se non in colui che sta in perfetta carità, unde colui che ama perde la malagevo[p. 212 modifica]Iczza, che pare che sia in portare i costumi dell’Ordine, e le gravi obedienzie, ed alcuna volta indiscrete; ma poiché per l’amore la malagevolezza si parte e con pazienzia porta, è fatto subitamente suddito, e vero obediente, ed" è umile, che per superbia’ non leva mai il capo contra il prelato suo, e tanto sarà umile quanto obediente, e tanto obediente quanto umile. O quanto è dolce, figliuoli carissimi, questa dolce Virtù, della pronta obedienzia, la quale obedienzia tolte ogni fatica, perocché è fondata in carità, e carità non è senza pazienzia, nè senza umilità, perocché l’umilità è baglia e nutrice della carità. Ria vediamo un poco il frutto di questa virtù dell’obedienzia, e se elli è frutto di vita o no, e quello che esce del disobediente.

II. Ogni creatura, figlinoli carissimi, che ha in sè ragione, debbe essere obediente aJ comandamenti di Dio, la quale obedienzia lèva via la colpa del peccalo mortale, e riceve la vita della grazia, perocché con altro stromento non si leva la colpa, e non si fa la colpa: nella obedienzia si leva la colpa, perocché osserva i comandamenti della legge, e nella disobedienzia offende, perchè trapassa quello che gli fu comandato, o.

fa quello che gli è vietato, unde ne li nasce la morte, ed elegge subito quello che Cristo fuggì, e fugge quello che egli elesse. Cristo fuggì le delizie e li stati del mondo, cd egli lo cerca, mettendo l’anima sua nelle mani delle dimonia per potere avere e compire i suoi disordinati desiderj, fuggendo quello che’l figliuolo di Dio abbracciò, cioè scherni, strazj, vituperj, i quali con pazienzia portò infino all’obbrobriosa morte della croce, ed umilmente, inlanlochò non è udito il suo grido per veruna mormorazione; ma sostenne infino alla morie per compire l’obedienzia del padre e la salute nostra; ma colui che è obediente, seguita le vestigio di questo dolce ed amoroso Verbo, e cerca l’onore di Dio e la salute dell’aniine; sicché vedete che ogni creatura che ha in sè ragione, se vuole la vita della grazia, si conviene che passi col giogo del[p. 213 modifica]2 l 3 l’obedienzia. Ma attendete che questa è una obedienzia generale, alla quale generalmente ciascuno è tenuto ed obbligalo. Ed è un’altra obedienzia cbe è partici) lare, la quale hanno coloro, che osservali i comandamenti seguitano i consigli, volendo andare attualmente e mentalmente per la via della perfezione. Questi sono coloro che entrano nel giardino della santa religione.

Ma agevole cosa gli sarà ad obedire all’Ordine ed al prelato suo a colui che ha osservata l’obedienzia generale, e dalla generale è ito alla particolare, linde se elh è ito con la volontà morta come debbe, elli gode, e stando nell’amaritudine sente la dolcezza, e nel tempo della guerra gusta la pace, e nel mare tempestoso fortemente naviga; perocché il vento dell’obedienzia tanto forte mena l’anima nella navicella dell’Ordine, che neuno altro vento contrario che venisse la può impedire; non il vento della superbia, perocché egli è umile, che allremenli non sarebbe obediente; non la impazienzia, perocché elli ama, e per amore s’è sottoposto aU’Ordine ed al prelato, e non tanto al prelato, ma a ogni creatura per Dio, e la pazienzia è il mirollo della carila, unde noi può percuotere il vento della infidelità, nò il vento della ingiustizia, perocché giustamente rende il debito suo, unde a sè rende odio e dispiacimento della propria sensualità, la quale, se la ragione non tenesse il freno in mano, ricalcitrarebbe all’obedienzia, ed a Dio rende gloria e loda al nome suo, ed al prossimo la benevolenzia, portando e sopportando 1 difetti suoi. Allora con fede viva, perchè alla fede sono seguitate le opere, aspetta nell’ultimo della vita sua di tornare, al line suo nella vita durabile, siccome il prelato gli promise (A) nella sua professione, perchè elli promette di darli vita eterna, se in verità osserva i tre voti principali, cioè obedienzia, continenzia e povertà volontaria, le quali cose tutto il vero obediente osserva. Questa navicella va sì dritta verso il porto di vita eterna col vento dell’obedienzia, che. in veruno seoclio sì percuote mai. . [p. 214 modifica]111. Molti scogli si trovano nel mare di questa tempestosa vita, uè’quali ci percuoteremmo, se il vento prospero dell’ obedienzia non ci fusse. Or che duro scoglio è quello delle impugnazioni delle dimonia, le quali non dormono mai, volendo assediare l’anima di molte varie, diverse e laide cogitazioni, e più nel tempo che 1’ anima si vuole stringere e serrare con questo vento dellJ obedienzia con umile orazione, la quale orazione è uno patto, dove si notricano i figliuoli delle virtù solo per impedirla, perocché la malizia del dimonio il fa solamente per farci venire a tedio l’orazione e la santa obedienzia, quasi volendo metterci nei cuori una impossibilità di non potere perseverare in quello che è cominciato, nè portare le fatiche dell’Ordine, e la paglia gli fa parere una trave, e una parola che gli sia detta nel tempo delle battaglie, gli farà parere un coltello, dicendoli: che fai tu in tante pene? meglio t’è ’di tenere altra via. Ma questa è una battaglia grossa a chi ha punto d’intelletto, perocché 1’ uomo vede bene che meglio è per l’anima sua, che sia perseverante ecostante nella virtù cominciala; ma una altra ne pone colorata col colore dell’odio e del cognoscimento del difetto suo, e dello schietto e puro servire, che gli pare che debba fare al suo Creatore, dicendo nella mente sua: Omisero, tu debbi fare le lue operazioni ed orazioni schiette, con purità di mente e semplicità di cuore senza altri pensieri, e tu fai tutto il contrario, unde perchè tu non li fai come tu debbi, elle non sono piacevoli a Dio: meglio t’ è dunque di lassare stare. Questa, figliuoli carissimi, è una battaglia occulta, mostrandoci prima la verità di quello che è, e facendocela cognoscere; ma poi di dietre v’atlacco la bugia, la quale germina il veleno della confusione, unde giunta la confusione perde 1 esercizio, e perduto l’esercizio è atto a cadere in ogni miseria, e nell’ultimo nella disperazione; e però sì fa tanto dinanzi e tanto da longa con sottili arti» cioè per giungerlo qui, non perchè ella creda, che di primo colpo elli cadesse [p. 215 modifica]2l5 in quelle cogitazioni, cioè che vi consentisse. Chi è colui che campa e non percuote in qnesto scoglio? Solo l’obediente, perocché elli è umile, e l’umile passa e rompe lutti i lacciuoli del dimonio.

IV. Sicché vedete che all’ohediente non bisogna di temere di timore servile per alcuna cogitazione o molestia del dimonio. Tenga pur ferma la volontà che non consenta, annegandola nel sangue di Cristo crocifisso, e legandola col lume della vera obedienzia per amore e reverenzia del Verbo unigenito Figliuolo di Dio. E trovasi ancora lo scoglio dalla fragile e miserabile carne che vuole impugnare contra allo spirito, la quale è vestita d’amore sensitivo, il quale amorefarebbe offendere, perocché la carne ha sempre in sè rebellione, ed alcuna volta si corrompe, ma non sarebbe offesa, se non inquanto la volontà legata col proprio amore sensitivo consentisse alla fragile carne, e dilettasi nel suo corrompere, ma se la volontà è morta nell’amore sensitivo, e nel proprio diletto, e legata nella obedienzia, come detto è, con tutte le sue rebellioni non gh può nuocere nè impedire la navicella; anco è uno agumentare e dare vigore al vento, che più velocemente corra verso il termine suo, perocché 1’ anima che si sente impugnare, si leva talora dal sonno della negligenzia con odio e cognoscimento di sè, e con vera umiltà; che se cosi non fusse, dormirebbe nella negligenzia con molta ignoranzia e presunzione; la quale presunzione notricarebbe la superbia, presumendo di sè medesimo alcuna cosa, unde per le impugne diventa più umile, e perciò dissemo che tanto è obediente quanto umile: se dunque cresce la virtù deH’uHiiètk, cresce anco la virtù dell’obedienzia!

sicché vedete che corre più velocemente. Ecci anco lo scoglio del mondo, il quale come ingannatore si mostra con molle delizie, stati e grandezze tutto fiorito; e nondimeno elli ha in sè continua amaritudine, ed è senza alcuna fermezza o stabilità, ma ogni suo diletto e piacere viene tosto meno; siccome la bel[p. 216 modifica]2 I 6 lezzo del fiore, il quale, quando è lolto dal campo, pare a vederlo bello e odorifero, e cólto subito è passata la bellezza, e l’odore suo, ed è tornato a non cavelie; così la bellezza e gli stati del mondo pajono un-fiore, ma subito che l’affetto dell’ anima gli piglia con disordinato amore, si truova voto e senza bellezza alcuna, perduto quell’odore che avevano in loro; odore hanno in quanto sono escite dalla santa mente di Dio, ma subito l’odore è partito in colui che l’ha cólte, e possiede con disordinalo amore, nè per difetto loro, nè del Creatore che l’ha date; ma per difetto - di colui che 1’ha tolte j il quale non i ha lassate nel luogo dove elle debbono stare, cioè amarle per la gloria e loda del nome di Dio. Chi il passa questo scoglio?

l’obedicnte, osservando il voto della povertà volontaria’.

Sicché dunque vedete che non bisogna di temere di veruno scoglio che sia, avendo voi il vento della vera obedienzia: l’obediente gode, perocché non naviga sopra le braccia sue, ma sopra le braccia dell’Ordine!

elli* è privato della pena a friggiti va, perocché ha morta la propria volontà che gli dava pena; perocché tanto c’ è fatica ogni fatica, quanto la volontà li pare fatica: ma all’obediente che non ha volontà, la fatica gli è diletto ed i sospiri gli sono uno cibo, e le lagrime beveraggio; e ponendosi alle mammelle della divina carità trae a sè il - latte- della divina dolcezza per lo mezzo di Cristo crocifisso, seguitando in verità le vestigie e la dottrina sua. 0 obedienzia, che sempre stai unita nella pace e nella obedienzia del Verbo, tu se’ una reina. coronata di fortezza; tu porti la verga della longa perseveranzia; tu tieni nel grembo tuo i fiori delle vere

reali virtù, ed essendo T uomo mortale, lu gli fai gustare il bene immortale, ed essendo’ umano il fai diventare angelico, e d’uomo angelo terrestre: tu pacifichi ed unisci i disordinali, e chi V ha sempre è suddito alli più minimi; c quanto più si fa suddito, più è Signore, perocché signoreggia la propria sensualità, ed ha spento

[p. 217 modifica]21 y il fuoco con la divina carità, perocché per amore è obediente, e della cella s* è fatto uno cielo; perocché non esce della cella del cognoscimento di sé, ma in su la mensa della croce con l’obediente agnello mangia l’onore di Dio e la salute dell’anime. In te, obedienzia, non cade giudicio verso alcuna creatura, e singularmente nel prelato tuo, perocché tu se’fatta giudice della dolce volontà di Dio, giudicando che Dio non vuole altro che la tua santificazione, e ciò che dà e permette, dà per questo fine; pigli la compassione del prossimo, ma non giudicio, nè mormorazione!

tu non vuoli investigare la volontà di chi ti comanda, ma simplicemcnte, con semplicità di cuore condita con prudenzia obedisce in quelle cose, dove non è colpa di peccato e di neuna cosa ristolli mai (B).

Bene è dunque, ’che nell’ amaritudine gusti la dolcezza, o nel tempo della morte la vita della grazia.

O carissimi figliuoli, chi sarà colui che non s’innamori di così dolci e suavi frutti, quanti riceve l’anima nella virt i dell’obedienzia ? sapete chi li riceverà? quelli che coll occhio dell’intelletto e con la pupilla della santissima fede si specula nella Verità: cognoscendo in essa Verità se è ìa bontà di Dio in sè, nella quale bontà truova 1 eccellenzia di questa dolce e reale virtù.

V. Chi è colui che non la vede? chi non ha il lume, e però non la cognosce; non cognoscendola non l’ama; e non amandola non è vestito ma è spogliato dell’obedienzia e vestito della disobedienzia, la quale disobedienzia, dà frutto di morte, ed è uno vento traverso che fende la navicella,percotendola nelli scogli detti; unde l’anima affoga nel mare con molta amaritudine per la privazione della grazia, trovandosi nella colpa del peccato mortale!

elli è tatto incomportabile a sè medesimo privato della carità fraterna: elli trapassa il voto promesso e non l’osserva; non osserva l’obedienz.a e non osserva la contiuenzia, perocché impossibile gli sarebbe al disobedienle essere continente, e se fusse attualmente, non [p. 218 modifica]2 I 8 .

sarebbe mentalmente; e non osserva il voto della povertà volontaria, perche quelli che è nel proprio amore, appetisce i diletti del mondo, e viengli a tedio l’orazione e la cella, dilettandosi della conversazione. O quanta miseria n’esce; elli è fatto perditore del tempo!

elli volle il capo indietro a mirare l’aratro e non persevera; elli è fatto debile, perocché ogni piccola cosa il dà a terra: elli si priva d’ogni virtù, e sempre come superbo vuole investigare la volontà d’altrui, e massimamente quella del suo prelato. La lingua, figliuoli carissimi, non sarebbe sufficiente a narrare il male che esce della disobedienzia: elli é impaziente, che non può sostenere una parola; ed è attorniato da molti lacciuoli, e neuno ne passa, ma gusta in questa vita l’arra dell’inferno. Che dunque diremo? diremo che ogni male esce dalla disobedienzia, perocché è privata della carità e della virtù dell3 umiltà, le quali sono due ale che ci fanno volare a vita eterna; ed è privato della pazienzia, che è il mirollo della carità, per la quale carità l’anima viene ad obedienzia. Unde considerando me, che per altra via non potiamo fuggire tanti mali, e venire a tanto bene, e quanto ci dà la. virtù del1’obedienzia!

dissi, eh* io desideravo di vedervi fontlati in vera e santa pazienzia, perocché obedienzia non si può avere senza pazienzia, e la pazienzia procede dalla carità: perocché per amore è fatto paziente cd obediente, unto di vera e perfetta umiltà.

Orsù, figliuoli miei, poiché sete in tra ti nella navicella della santa religione, corrile col vento prospero della vera obedienzia infino alla morte, acciocché senza pericolo giungete al termine vostro di vita eterna. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso. Altro non vi dico. Permanete nella santa

dolce dilezione di Dio.


Jesù dolce, Jesù amore. Raccomandateci strettamente al priore ed a tutti cotesli figliuoli,

voi siate spec* clno dell’obedienzia. Jesù’dolce, Jesù amore.

[p. 219 modifica]Annotazioni alla Lettera 77.

(A) Siccome il prelato gli promise. Allorché l'abbate ha ricevuta la professione d’alcun monaco, e che questi ha terminata la formula, per cui obligasi alla vita religiosa in quello istituto, gli promette a nome di Dio la vita eterna, dicendogli queste parole: Ego promitto tibi vitam aeternam. La presente lettera fu opera della santa in tempo che stavasene rapita io Dio collo spirito, dettandola in tale stato a’ suoi segretarj. (B) Di neuna cosa ristolli mai. La voce ristolli non trovasi essere stata in uso appo alcun autore, nè dalla santa si adopera in verun'altra occasione. Forse è questo un abbaglio degli antichi copisti, che hanno letto ristolli invece di ti stolli, o stogli, come direbbesi nella comune ortografia. Siccome qui nol troviamo così, nè altrimenti corretto da Aldo o dal Farri, noi pure stimiamo di doverla lasciar come sta.