Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 63

Al Medesimo (Frate Francesco Tebaldi) - Lettera 63
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[p. 136 modifica]AL MEDESIMO ESSENDO NELL’lSOLA DI GORGONA.

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I. Del conoscimento d. sé medesimo, e del lume necessario per acquistarlo, Rimostrando come per mezio di questo lume s’ uccide la propria sensualità, e gli altri nostri nemici con l’odio della propria volontà, e coll’amore delle virtù.

II. Come uccisa la propria sensualità si venga alla cognizione ed all’ amore della divina bontà.

III. Che r ’anima arrivatala quest’amore, non può essere offesa da suoi nemici, ma solo molestata, permettendolo Iddio per nostro bene, e che in tali molestie l’anima si fa forte coll’umile.orazione, appoggiala alla carità ed all* umiltà.

IV. Delle lagrime che nascono da tale orazione.

V. Di tre uorti d’ orazione, e come I’ anima nostra liberata nel modo sopraddetto dalla propria sensualità, si deve adornare delle virtù, esortando con ciò il monaco all’amor puro di Dio, alla vera obbedienza, alla pazienza, alla memoria del sangue di Gesù Cristo, con tutto ciò che appartiene alla perfeKion religiosa.

Al nome di Jean. Cristo crocifisso e di Maria dolco.

I. Ilarissimo

dolcissimo figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, schiava de’servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi abitare nella casa del cognoscimento di voi, nel quale* cognoscimento acquislarete ogni virtù; c senza

[p. 137 modifica]13questo vivereste in ogni male e senza veruna ragione.

Ma potreste dire a me: in che modo ci posso intrare?e come mi ci posso conservare dentro? ftispondovi; voi sapete che senza il lume in neuno luogo potremo andare, se non in tenebre, dalla qual tenebre saremo offes», ed in questa tenebre non potreste cognoscere la vostra necessità di quello che vi bisogna ira via!

Noi siamo tutti viandanti e peregrini, posti nella strada della dottrina di Cristo crocifisso: chi va con conimandamenti nella carità comune, e chi va per li consigli per la carità perfetta, non scordandosi però dei commandamenti: per questa via neuno può andare senza il lume (y/); perocché non avendo lume, non potrebbe vedere il luogo dove gli conviene riposare, nel quale luogo può discernere chi l’offende, e chi il sovviene. Questo luogo è la casa del cognoscimento santo di sè, la quale casa l’anima vede col lume della santissima fede, che sta nella strada della dottrina di Cristo crocifisso, cioè che colui che vuole seguitare, subito entra in sè medesimo. In questa casa truova il principale nemico suo che’l vuole offendere, cioè la propria sensualità, ricoperto col manto dell’amore proprio, il quale nemico ha due principali compagni con molti altri vassalli d intorno; l’uno è il mondo con le vanità e delizie sue, il quale s’è fatto amico dell’appetito sensitivo, che disordinatamente desidera; 1 altro è il dimonio co’ suoi inganni e con false e diverse cogitazioni e molestie, alle quali la volontà sensitiva è inchinevole, che volontariamente si diletta ili esse cogitazioni per qualunque modo il dimonio gli le ponesse innanzi. Questi principali nemici hanno molti servitori, che tutti stanno per offendere 1 anima, se per lo lume non è discreta a ponerci rimedio; e perù la ragione trae fuora il lume della santissima fede, ed intra in casa, e signoreggia la propria sensualità, perchè ha veduto che ella non cerca, nè vuole altro che la morte sua; e però s è accompagnata co* falsi suoi nemici: questo ha cognosciulo col lume, e peiò [p. 138 modifica]

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con impelo si leva, e tra

fu ara il coltello dell’odio d’essa sensualità, e dell’amore.delle vere e reali virtù, e con esso 1 uccide. ,.


II. Morto questo tutti gli altri rimangono sconfìtti, die neuno il può offendere, se egli non vuole. Con questo lume vede chi è quello che 1’ ha sovvenuto e« campato dalla morte, è ridottolo a vita: vede che è d fuoco della divina carità;. perocché Dio per amore die’la’virtù e potenzia all’anima, che con la forza della ragione salisse in su la sedia della coscienzia, e con la sapienza del \ erbo che egli le fece participare, desse la sentenzia che la sensualità fosse morta; la volontà che participa la clemenzia dello Spirito Santo, e la dolce volontà di Dio col coltello sopraddetto, e con la mano del libero arbitrio l’uccida, vedendo che Dio è il suo remedio, sovvenitore ed aitatore, cresce l’anima in questa casa del cognoscimento di sè in uno lume della verità,* ed in uno fuoco inestimabile, ineffabile ed incomprensibile, che arde e consuma ciò che fusse nella casa contra la ragione, consumando nella fornace della carità di Dio e del prossimo l’acqua dell’amorè proprio spirituale e temporale, intanto che veruna cosa cerca l’affelto dell’anime, se non Cristo crocifìsso, volendolo seguitare perla via delle pene a modo di Dio e non a modo suo; libero, libero si lassa guidare alla dolce volontà di Dio.

III. Allorari nemici noi possono offendere; elli bene data licenzia dal giusto Signore che percolano alla porla, e questo permeile egli, perchè più sia sollicila la guardia a non dormire nel letto della negligenzia; ma prudentemente vegghi: ed anco per provare se questa casa

forte o no, acciocché 11011 trovandosi forte, abbi materia di fortificarsi, e col lume vedere chi la-fa forte e perseverante; e poiché l’Iia veduto, con granile suUioilmline da stringa a sé. Quale è quella cosa clic cL fa forti e ’perseveranti? È l’orazione umile e continua folla nella casa del cognoscimento di sè e della bontà di Dio in sè, facendola f’uure di questa casa,

[p. 139 modifica]i3( l’anima n’ averebbe poco frutto. Questa orazione ha per suo fomlamento Pu-militè, ìa quale umilila s’acquista iti questa casa sopraddetta, ed è vestita del fuoco della’* divina carila, la quale si trova nei cognoscimento che aviamo di Dio, quando col lume l’anima raguarda sè essere amata inestimabilmente da lui, il quale amore prova ed ènne certificata nella propria creazione, vedendosi creata per amore alla imagine e similitudine di Dio, e nella seconda si vede ricreato a grazia nel sangue dello immaculato Agnello.

IV. Queste sono due principali grazie che rinchiudino in sè ogni altra grazia spirituale o temporale, particolare o generale, e così con questo lume si veste di fuoco, a mano a mano seguita la lagrima, perchè l’occhio, quando sente il dolore del cuore, gli vuolo satisfare e geme, siccome il legno verde quando ò messo nel fuoco, che per lo grande calore gitta l’acqua; cosi 1 nnima che sente il fuoco della divina carità, il desiderio e 1’ affetto suo stanno nel fuoco, e 1’ occhio piange, mostrando di fuore quella particella che gli ò possibile di quello che è dentro; questa procede da diversi sentimenti dentro, secondo che 1’è porto dalia ìPetto dell’anima, siccome voi sapete che si contieno nel trattato delle lagrime (/?), e però in questo non mi stendo più.

V. Ritorno breve, breve all’orazione; breve ve no dico, perchè distesamente l’avete. In tre modi potiamo intendere orare: l’uno è orazione continua, alla quale ogni creatura che ha in sè ragione è obligata. Queslo è il fuoco e vero desiderio fondato nella carità di Dio e del prossimo, facendo per onore di Dio tutte le suo operazioni in sè e nel prossimo suo: questo desiderio sempre óra, cioè óra 1’ affetto della carità dinanzi al suo Creatore continuamente in ogni luogo ed in ogni tempo che l’uomo è; in ciò che egli fa. Che frutto riceve di questo? riceve una tranquillità serena dentro neH’an.ma d’ima volontà accordata e sottoposta alla ragione, che in ncuua cosa si scandclizza: non gli è [p. 140 modifica]i4j duro n poiLare il giogo delfcti vera obbedienzia, quando gli sono posti i pesi e gli esercìzj manuali, o a servire il fratello’suo, secondo i casi e’ tempi cbe occorrono, per questo già non viene a tedio, nè in afflizione di niente, e non si lassa ingannare al desiderio deb anima cbe appetisce la cella: la consolazione, e pace sua, nè quando egli vuole orare attualmente, ed egli gli conviene far altro; dico che non si lassa ingannare a questo desiderio, pigliandone pena tediosa ed affliggiti^, ma trae fuore l’odore con vera umiltà, ed il, fuoco della carità del prossimo suo. A questa orazione c’invila il glorioso apostolo (C) Paulo, quando dice cli

noi doviamo orare senza intermissione, e chi non ha questa, neuna ne può avere che gli dia vila. E chi volesse lassare questo per avere la pace sua, perde la pace; ed un’ altra orazione, cioè orazione vocale, quando vocalmente 1 uomo dice il divino officio, o altre orazioni che voglia dire: questa è ordinata per giongere alla mentale; e questo è il frutto che ne riceve, se ella è fondata in su la prima, e con esercizio vi perseveri, sforzando sempre la mente sua a pensare, porgere e ricevere in sè più Taffetto della carità di Dio che il suono delle parole, e con prudenzia vada, che quando si sente essere visitato nella mente sua, ponga N termine alle parole, eccello 1’officio divino, il quale egli fusse obbligalo di dire, e così giongo alla terza, cioè alla mentale, levando la niente ed il desiderio suo sopra di sè a una considerazione deH’.ifietlo della carità di Dio e di sè medesimo, dove cognosce la dottrina della verità, gustando il latte della divina dolcezza, il quale latte escie delle mammelle della carità per lo mezzo di Cristo cruciato e passionato, cioè che non si diletta di stare altrove, cbe in croce con lui.


Da queslo giunge e riceve il frutto dell’ unitivo stato, dove l’anima viene a tanta unione, che ella non vede più sè per sè, ma sè per Dio, il prossimo per Dio, e -Dio per la sua infinita bontà; il quale vede che è degno i d’essere amato e servito da noi, e però l’ama [p. 141 modifica]t .fi senza modo, ma come spasimala corre moria ad ogni volontà perversa; dilettasi di slare nel talamo-e cubicolo dello sposo suo, dove I)io manifesta se medesimo ii lei, e dose vede le diverse mansioni cbe sono nella casa del Re eterno; e però gode ed ha in reverenzia ogni modo differente che vedesse nelle sue creature, giudicando in ogni cosa la volontà di Dio e non la volontà degli uomini, così è liberala da falso giudicio, che non giudica, nè si scaudelizza nell’operazioni di Dio, nè in quelie del prossimo suo; il diletto e vita eterna che gusta questa anima, Dio vel facci provare per sua infìntiti misericordia, perocché con lingua, nè con inchiostro non il voglio, nè posso narrare; sicché avete che ci fa perseverar fermi nella casa del cognoscimento ili noi; e chi vi ci conduce e dove lo troviamo, detto è, che il lume ci guida, trovianla nella dottrina di Cristo crocifìsso, come detto è, e l’orazione vi ci serra e conserva dentro, e così è la verità. Adunque voglio, carissimo e dolcissimo figliuolo, che acciocché potiate compire il volo della canta obedienzia, alla quale novellamente sete intralo, sempre stiate nella casa del cognoscimento di voi, perchè in altro modo non potreste osservare; e però dissi, ch’io desideravo di vedervi in questa casa, del cognoscimento. Questa casa, poiché i nemici ne sono cacciali e morto il principale nemico della volontà sensitiva, ella si riempie e s’ adorna dell adornamento delle virtù. A questo voglio che sludiate, perocché non basterebbe se la casa fusse vota, e non si riempisse: io voglio che sempre stiate in questo cognoscimento di voi, ed in voi cognoscere il fuoco e la bontà della carità di Dio. Questa è quella cella, la quale io voglio, che per l’isola ed in ogni luogo la portiate con voi in ciò che avete a ‘/are,

non l’abbandoniate mai nel coro, nel refettorio, nella congregazione, nelli esercizj, ed in ciò ebe avete a fare vi frignate in essa; c \oglio, che nell’orazione attuale sempre si drizzi 1’ intelletto vostro alla considerazione dell’ affetto della carità di ‘Dio più che nel

[p. 142 modifica]1 43 dono che vi paresse ricevere da lui, acciocché l’amore sia puro e non inercennajo; e voglio che la cella attuale sia visitata da voi quanto vi permette robe.lienzia, e più tosto vi dilettiate di stare in cella con guerra, che fuora di cella in pace; perocchè’l dimonio usa questa arte co’ solitarj per farli venire a tedio la cella, eli darli più tenebre, battaglie e molestie dentro che di fuore, acciocché ella lo* venga in terrore, quasi come la cella fusse cagione delle loro cogitazioni; sicché per questo non voglio che voltiate il capo a dietro, ma siale costante e perseverante, non stando mai ozioso, ma esercitando il tempo coll’orazione, con la lezione santa, ó con esercizio manuale, stando sempre con la memoria piena di Dio, acciocché l’anima non sia presa dall’ozio; e voglio che in ogni cora giudicate la volontà di Dio, come di sopra è detto, acciocché dispiacimento, nò mormorazione non cadesse in voi verso i vostri fratelli. Anco voglio f che l’obedienzia pronta tutta riluca in voi, non in parte, nè a mezza, ma compitamente, che in neuna cosa ricalcitriate alla volontà dell’Ordine, nè del prelato vostro; facendovi specchio dell’ osservanzia e de‘ costumi dcll’Ordine, studiandovi d osservarli infino alla morte, dispregiando e tenendo a vile voi medesimo, uccidendo la propria volontà, e mortificando il corpo. con quella mortificazione che ha posto l’Ordine: anco voglio, che caritativamente vi sforziate di portare i costumi e le pa* iole, le quali alcuna volta, o per illusione di dimonio, o per la propria fragilità, o che siano pur così, pajono incomportabili; in tutto si vuole resistere in questo ed in ogni altra cosa, e così osservare la parola di Cristo, che dice, che’l reame del cielo è di coloro che fanno forza a loro medesimi con violenzia: la memoria voglio che s’ empia e stia piena del sangue di Cristo.crocifisso, de’beneficj di Dio e del ricordamento’ della morte, acciocché cresciate in amore, in timore santo, cd in fame del tempo, raguardandoli con l’ocehio dell intelletto/ col lume della santissima fede, ac\ [p. 143 modifica]i43 ciocché la volontà corra prontamente senza veruno legame di disordinato amore che aveste a veruna cosa fuore di Dio. Anco voglio, che quando il dimonio invisibile o visibile, o la fragile carne dessero battaglie o ribellione allo spirito di qualunque cosa si sia o fusse, voi il manifestiate, aprendo il cuore vostro al priore, se egli v’è, e se non v* è, a un altro, al quale vene sentiate più dispost» la mente di manifestarlo, e che vediate che sia più atto a darvi remedio. Anco voglio che guardiate, che’l movimento dell’ira non si porga alla lingua gitlando parole 1 improccevoli che abbiano a dare scandalo o tuibazione, ma la reprensione e 1’ odio si rivoltino verso voi medesimo. Queste sono quelle cose, le quali Dio e la penezione che avete eletta, vi richieggono; ed io, indegna e miserabile vostra madre cagione di male, e non cagione di veruno bene, desidero di vederle nell’anima vostra. Pregovi dunque, e stringo per parte di Cristo crocifisso dolce e buono Jesù, che vi studiate d’osservaile infino alla morte, acciocché siale la gloria mia, e voi riceviate la corona della beatitudine per la longa perseveranzia, la quale è sola quella che è coronata. Altro non vi dico, fate sì che io non abbia a piangere, e che io non mi richiami di voi a Dio. Permanete nella sanla e dolce dilezione di Dio. Jesìi dolce, Jesù amore. [p. 144 modifica]i44 Annotazioni alla Lettera 63.

  • 1 * * 1 (//) Per questa via neuno può andare senza il lume. Queslo ImriV onde sjiesso favella la santa, e di che alluminata vorrehbe la mente di coloro a* quali scrive, attribuendogli singolarissimi pregi nel calumino della virtù, non è certo (ideilo della fede teologica, del quale Don è privo alcun fedele, sì una chiara in* telligenza de’misteri, e di ciò cbe spetta alla salute dell’anima, la quale, comechè sia più presto dono celeste, che frutto d’umana industria, pure d’ ordinario non s1 ottiene che per opera di fervida e costante preghiera. l)i questo lume assai ragiona Ja santa, siccome nelle lettere, anche nel dialogo.

(lì) Che si contiene nel trattato delle lagrime. Accenna probabilmente il suo libro del Dialogo, in cui a lungo favella la santa’ delle lagrime, cioè dal capitolo 88 iufino al capitolo 98..

(C) A questa orazione ci invila il glorioso apostolo. In molle delle sue Epistole favella la santa della orazione e delle sue maniere d’usarla.

Queste diconsi per essa attuale, che consiste in un continualo desiderio di servire a Dio ed al prossimo per Iddio; e perciò dicesi ancora orazione continua,, vocale e mentale, da cui è poi l’anima sollevata allo stato unitivo, come ella stessa gran maestra di ciò dice in più luoghi. Veggansi le lettere 63, if»9 e 35^, nelle quali a lungo traila questa materia da quella grau maestra di spi* rito che ella era.

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