Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 64

Lettera 63 Lettera 65
[p. 145 modifica]AD UN MONACO DELLA CERTOSA
ESSENDO IN CARCERE.

I. Avendo inteso le molte tribolazioni in cui trovavasi, l' esorta a sopportarle pazientemente, e consolarsi colla memoria dell’amore e de’ patimenti di Gesù Cristo, ed in oltre col riflettere ai proprj peccati. II. Che non dobbiamo abbandonarci nelle tentazioni, ma ricorrere a Dio e confidare nella di lui misericordia, dalla quale ci vengono solo per nostro bene.

$lztUxu 84* Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

voi, dilettissimo e carissimo fratello in Cristo Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’ servi di Dio, scrivo e contortovi nel prezioso sangue del figliuolo suo, con desiderio di vedere il cuore e l’anima vostra unito e trasformalo nel consumato amore del Figliuolo di Dio; perocché senza questo vero amore non possiamo avere la vita della grazia; nè portare 1 pesi con buona e perfetta pazienzia; e questa vera carità non veggo, carissimo fratello, che possiamo avere, se l’anima non raguarda lo inestimabile amore che Dio ha avuto a lui, e singularmente vederlo svenato in sul legno della santissima croce, dove solo l’amore 1 ha tenuto confitto e chiavellalo Dicovi, carissimo fratello, S. Celerina. Opere, T IV . io [p. 146 modifica]146 che non sarà veruna amaritudine che non diventi dolce, nè sì gran peso che non diventi leggiero. Ho inteso la molta fatica e tribulazioni, le quali voi avete, cioè reputiamo noi che siano tabulazioni; ina se noi apriremo l’occhio del cognoscimento di noi medesimi e della bontà di Dio, ci parranno grandi ^consolazioni: del cognoscimento di noi dico, cioè che noi vediamo noi non essere, e come siamo sempre stati operatori d’ogni peccato ed iniquità. Perocché quando l’anima raguarda sè avere offeso il suo Creatore, sommo ed eterno bene, cresce in uno odio di sè medesima, intantochè ne vuole fare vendetta e giustizia, ed è contenta %di sostenere ogni pena e fatica per satisfare all’offesa che ha fatta al suo Creatore; onde grandissima grazia reputa che Dio gli abbia fatta, che egli il punisca in questa vita, e non abbi riservato a punire nell’altra, dove sono pene infinite. 0 carissimo fratello in Cristo Jesù, se noi considerassimo la grande utilità a sostenere pene in questa vita, mentre che siamo peregrini, che sempre corriamo verso il termine della morte, non le fuggiremo.

Egli ora ne segue molti beni dallo stare tribulato; 1’ uno si è che si conforma con Cristo crocifisso nelle pene ed obbrobrj suoi. Orchè può avere maggiore tesoro 1* anima che essere vestita degli obbrobrj e pene sue? L’altro si è, che egli punisce l’anima sua, scontando i peccati e i difetti suoi; fa crescere la grazia, e porta il tesoro nella vita durabile per le sue fatiche che Dio li dà, volendola remunerare delle pene e fatiche sue.

II. Non temete, carissimo fratello mio, perchè vedeste o vediate, che il dimonio per impedire la pace

la pazienzia del cuore, e dell’anima vostra, mandi ted

[p. 147 modifica]’4 7 rocche già sa che elli ha deliberato d’eleggere la morie innanzi, che offendere Dio mortalmente con la volontà sua; ma fallo per farlo venire a tanta trislizia, parendoli offend ere colà dove non offende, che lassarà ogni esercizio; ma non voglio che facciate così, perocché non debba 1’ anima mai venire a tristizia per neuna battaglia che abbia, nò lassare mai veruno esercizio, o officio, o altra cosa, e se non dovesse fare altro, almeno stare dinanzi alla croce, e dire Jesù, Jesù, io mi confido in Domino nostro Jesù Christo. Sapete bene perchè vengano le cogitazioni, e la volontà non consente, anco vorrebbe innanzi morire, non è peccato, ma solo la volontà è quella cosa che offende. Adunque vi confortate nella santa e buona volontà, e non curate le cogitazioni, e pensate che la bontà di Dio permette alle dimonia che molestino l’anima vostra per farci umiliare, e ricognoscere la sua bontà, e rico tri re dentro a lui nelle dolcissime piaghe sue, come il fanciullo ricorre alla madre: perocché noi benignamente saremo ricevuti dalla dolce madre della carità. Pensate che elli non vuole la morte del peccatore; ma vuole che si converta e viva, e tanto smisurato amore, che il muove a dare le Iribolazioni, e permettere le tentazioni, quanto le consolazioni; perocché la sua volonlà non vuole altro che la nostra santificazione, e per darci la nostra santificazione, die’ se medesimo a tanta pena, ed ad’obbrobriosa morte della santissima croce. Permanete dunque nelle piaghe dolci di Jesù Cristo e nella santa dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.