Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 57
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1Q1 A D. PIETRO DA MILANO DELL’ORDINE DELLA CERTOSA.
I. L’ esorta a benedire, a lodare Dio in ogni tempo, dimostrando come a far ciò perfettamente è necessario il lume d’uoa L’iona fede cbe duciolga ogni amor proprio che sia in noi.
II. Delle Iribulazioni; ed utile delle medesime, e dimoslra corno anco ?i sono dei servi di Dio, cbe si privano di qnest’otìle per F amor proprio che hanno mascherato col manto della tirili.
III. Di Ire astuzie che usa il demonio co’ serti di Dio per ricoprirgli l’amor proprio col colore della virtù, cioè circa alle consolazioni spirituali, circa alla carità del prossimo, e circa 1’ubbedienza; e del modo di vincere queste Ire astuzie.
o7.
Al ìionie di Jesù. Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. ^Sarissimo figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi di Jesii Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di veder vi laudare e benedicere Dio in ogni tempo, Ma non so vedere che questa laude, la quale siamo tenuti di fare a Dio per debito, si possa mai fare senza il lume, il quale lume ha a discernere, qual, è quella cosa che sia degna di laude e quale.di biasimo; senza il lume sarebbe l’uomo ingannato dalle tenebre, il bianco li parrebbe nero, il nero bianco. Adunque molto ci è necessario il lume; è da levarsi con ragione sopra la 102 sedia della coscienzia nostra, e col lume tenersi ragione e dissolvere la nuvila deiraraore proprio di noi medesimi, cioè dell’amore sensitivo che l’uomo ha a sè medesimo, il quale amore è uno veleno che attossica l’anima, guastali il gusto del santo desiderio; sicché le cose amare gli parono dolci e le dolci amare; accieca l’anima che non li lascia cognoscere, nè discernerè la verità, non cognoscendola non 1’ ama; e però questi cotali non rendono’gloria a Dio, nè benedicono il nome suo; anco vanno con tedio dispiacimento e giudicio verso di*Dio e verso.il prossimo loro, giudicano secondo il loro basso ed infermo * parere ’ e vedere, e non secondo verità; onde il servo del mondo giudica gli stati é delizie sue essere grande dignità, ed elle sono il contrario, che per l’amore disordinato che l’uomo ci pone sono strumento di farlo venire a grande indegnità’, privandolo di Dio per grazia..
Il Le tribulazioni e persecuzioni del mondo paiono | ’f» 4* I ’, I,,. . 1 J ^ amare, ed elle sono di grandissima dolcezza, perchè in esse, se vuole, può scontare e meritare, fannolo riducere a Dio, fannoli cognoscere sè e la poca fermezza e stabilità d»d mondo, ma tanto sono acciecati questi colali che fuggono la virtù per fuggire fatiga, e per trovare diletto se ne privano e caggiono in molte pene, sono incomportabili a loro medesimi, fatti si sono martiri del dimonio; e così in ogni cosa vanno al contrario, così i servi di Dio, i quali anco sono nella tenerezza éd amore proprio di loro medesimi, il quale e una nùvila che* in tutto non tolle il lume, ma rimanali alcuno chiarore, ma la ruota, del sole non vede; e però a costoro è faticoso il tollero da sè gli appetiti sensuali spiritualmente e temporalmente; cioè quando alcuna volta la sensualità s’ ammantella col manto dello spirito.T i i III. Massimamente tra *1’altre cose tre ne gli pone innanzi, cioè in tre I cose: 1’una è nel tempo delle tentazioni e privazione delle consolazioni della melile; allora li si pone questo mantello del dimonio per la
io3 tenerezza di sè; pongli innanzi uno timore, parendoli nel tempo delle tentazioni offendere per lo timore che ha di non offendere; e questo fa per farli venire a tedio la via dello spirito, dicendo: questo non sentivi tu, innanzi che tu fussi in questo stato: hai mutato stato per essere migliore, e tu se’ peggiore, dicendo!
il tuo esercizio, il quale tu debbi fare con pace e quiete, col cuore libero e non legato da tante diverse cogitazioni, tu il fai in grandissima guerra; meglio U sarebbe a lassarlo stare. Questo fa per privarlo dell’esercizio dell’orazione, la quale è la madre delle virtù, all’anima illuminata (e questo manto molto prezioso è) non allenta però la gloria di Dio, ma molto più virilmente esercita la vita sua, reputandosi indegno della pace, quiete e consolazione della mente, come gli altri servi di Dio, e degno della pena, e però si gloria nelle pene. Questo è colui che benedice Dio in ogni tempo: ma all’amatore di sh, questo mantello che in sè è buono, per lo poco lume e gusto mal disposto gli è pericoloso, perchè v’intepidisce dentro; e privato del diletto, il quale egli appetisce, gli pare esser pri7 vato di Dio, e con la tepidezza e col legame della negligenzia lega i piedi dell’affetto, e le mani dell’orazione allenta e posa giù; unde, quando i nemici veggono il braccio dell’orazione posto a terra, e non in ili to a cercare con umiltà, ed a dimandare 1 adiutorio divino, il quale non è dinegato a chiunque il dimanda, e ad investigare 1’ eterna volontà sua, che oeni cosa ci dà e permette per nostra santificazione, entrano allora dentro, ed abitano per li borghi della città dell’anima, e* talora pigliano tutta la ciltà con la rocca della volontà sua. A lei diviene,, come al popolo di Dio, il quale vinceva mentre che Moisè orava, e quando le mani di Moisè si posavano giù, d popolo perdeva. Quale è il popolo di Dio che sta nella città dell’ anima nostra ? sono le vere e reali virtù: queste virtù vincono i vizj, mentre che la ragione., la quale è il nostro Moisè sta nel molile dell’inestimabile io4 carità di Dio, e col cognoscimento di se, leva in alto le braccia dell’orazione. Che converrebbe fare al tiepido amatore di sè per poner rimedio alla sua stanchezza?
come Moisè, appoggiare le braccia (A\ acciocché elle non tornino in giù con due forcelle, una d’odio di sè, col timore santo di Dio dal lato, e l’altra d’amore, con la nutrice della vera umiltà, e riposarsi sopra queste due forcelle, tenendo levata la faccia del1’anima col lume della santissima fede; allora il popolo di Dio, cioè l’affetto delle virtù sconfiggerà il principale nemico del proprio amore, e tutti gli altri che dopo lui seguitano; ogni imperfezione sarà dibarbicata dall’anima; il dimonio non potrà avere la intenzione con la quale gitlò il mantello colorato di molti colori.
Un altro ne pone sopra la carità del prossimo, che per privarlo della dilezione della carità, il fa levare dal debito di servire e sovvenire al prossimo suo, il quale debito ogni creatura ragionevole è tenuta di rendere, e per farli concipere dispiacere e pena colà dove egli debbe trovar diletto, gli pone il mantello della dolcezza, ponendo dinanzi all’ affetto dell’ anima, la consolazione e quiete della mente sua, ed il debito dell’orazione che debbe rendere a loro. Dipositate ed ordinate il diletto che ne sente l’anima e’1 corpo. Questo mantello ha sì bello colore ed è tanto dilettevole, che gl’ignoranti con poco lume, in lutto ci si rompono il capo dentro, e peggio lo fa ancora, che non cognoscendolo per loro medesimi, non vogliono crederlo a chi il cognosce, nè cercano che lo’sia mostrato; e se pure l’è mostrato che’l non possino dinegare, non si studiano di tenere li debiti modi per levarsenè, ma come acciecati dal proprio diletto s’ avviluppano nella tepidezza loro quasi parendoli impossibile di giognervimai.
Questi non benedicono Dio con perfezione, ma imperfettamente; ’poco danno e poco ricevono. Questo perchè l’addiviene? perchè il gusto dell’anima anco non è bene vóto di sè,’ e perchè dinanzi all’occhio loro hanno posto solo i razzi delle consolazioni, e non io5 la rota del sole, cioè 1 eterna volontà di Dio, l’eterna verità sua, 1’ eterno verbo e 1* eterna dottrina sua, il quale è sole di giustizia che illumina ogni anima, che da lui vuole essere illuminata; unde nel lume suo vediamo lume, col caldo suo si consuma ogni freddezza e tepidezza del cuore, pure che col libero arbitrio apra la finestra della volontà sua, acciocché il sole possa intrare nella casa dell’anima, con una giustizia che giustamente renda onore a Dio e gloria e loda alla parola del Padre eterno, cioè al Verbo. Allora gli rende gloria quando seguita la dottrina sua; a sè dia odio e rimproverio, svergognando la propria passione sensitiva, o spirituale, o temporale, in qualunque modo ella ricalcitrasse di non rendere il debito al prossimo suo, al quale debba rendere dilezione e benivolenzia, mostrandolo nel tempo della sua necessità in sovvenirlo caritativamente, portando e sopportando i difetti suoi non solamente con la parola, ma con l’operazione; abbandonando a sè medesimo, non che egli abbandoni sè per colpa, ma per diletto, abbracciando la pena per onore di Dio in salute del prossimo suo. Questo fa colui che ha posto 1’ occhio dell’ intelletto in questo dolce e glorioso sole, perchè col lume ha veduto, che per altra via non potiamo mostrare l’affetto che doviamo avere a Dio, ed anco cognosce, che essendo privato della dilezione del prossimo, sarebbe privato di Dio, ma l’amatore di su ammantellato col detto manto risponde: Io non ne voglio esser privato, nè me ne voglio privare: innanzi vorrei morire io, ma non me ne trovo bene. Sento me nella mente svagolata, e non me ne sento altro che tenebre, scandalo e confusione di mente; e colà dove io il debbo amare, egli mi viene a tedio e dispiacere, e non pare che io possa sostenere, nè me, nè lui, ■unde meglio mi è, più mel sentirò amare a starmi nella pace mia. Questo in verità dimostra che egli è cieco, e non vede altro ’ che alba: e come potrò io dire, che io ami il prossimo, se quando io vederò la io6 necessitalo mi dilongo da lui? e per la propria consolai zione farò vista di non vederlo? veramente in costui non ò verità. E come dirò io, che io non dica menzogna, che’l sovvenire al prossimo in qualunque modo, in qualunque stato o luogo si sia, m’abbi a dare amaritudine e conturbare la mente mia; ed egli non èia verità, che nò creatura, nè dimonio, nè esercizio, nò privazione di consolazioni per qualunque modo si sia, o per sovvenire al prossimo, o perchè Dio la ritragga a sè per farla umiliare, non la possono contristare nè darli amaritudine di colpa; ed ella non si debbe contristare, se non della colpa, e se ella offende, non è difetto altrui, ina è suo. Il suo difetto è la propria volontà che offende, sempre porla l’uomo seco, se per fuggire luoghi o creature nel tempo, che hanno bisogno, lassasse la propria volontà, dolce cosa, ed utile sarebbe il fuggire; ma egli la fugge e porta insieme con seco, e così mantella ta trova sempre vivi i sentimenti suoi, e quando gli viene il tempo del bisogno, cioè quando è ribellata alla volontà sua, ella sente il morso per sì fatto modo, che non può tenere il veleno della impazienzia, che non si senta. Adunque è da fuggire il proprio sentimento e la propria perversa volontà. Che debbo fare e farà, se vorrà vedere lume£ Salga sopra la sedia della coscienzia sua, e tengasi ragione; non lassi passare i movimenti che non sieno corretti; dare la sentenzia contro sè medesima. E che sentenzia debbe dare? non di moneta, ma di morte, e con la morta volontà gitti il falso mantello sotto i,piedi dell’affetto,rivestisi di pene, d’obbrobrj c villanie, e della dolce etèrna volontà di Dio: facendo questo gli renderà onore, v. benedicerà il nome. suo. La terza ed ultima è sopra 1’ obbedienzia, ponendogli la passione sua, ed il dimonio uno mantello di molti colori, ma singulurmcnte d* uno giiulioio falso, facendo sè discreto, ed il prelato indiscreto, che se egli non si giudicasse discreto, non giudicarebbe il prelato indiscreto; mule l’amatore di sè vorrà giudicare la intenzione del prelato suo fu ora C
fusse la sua salute; ma la propria tenerezza non gli lassa vedere, perchè l’occhio suo non s’è spccolato neH’obbedienzia del Verbo, il quale fu obbediente infino all’obbrobriosa morte della croce. Oh disobbediente giudicatore tiepido ed amatore di te, e che non ti poni dinanzi il sangue sparto con tanto fuoco d’ amore per 1’ obbedienzia che pose il Padre eterno all’unigenito suo figliuolo ? Questo dolce Jesìi non si pose ad investigare la volontà del Padre, nè chi l’ha seguitato, cioè che per tenerezza di sè non rifiutò labore, nè^disse: Pa?
dre, trova un altro modo che io non sostenga pena, e compirò l’obbedienzia tua, noi disse punto; ma come èbrio d’amore, dell’onore del Padre eterno e salute nostra, prese il giogo deli obbedienzia, e per compirla bene si satolla d’obbrobrj, scherni e rimproveri; colui che sazia ogni anima, sostiene sete, per vestir noi della vita della grazia, si spoglia della* vita del corpo io8 suo, fassi trarre a segno in sul legno della santissima croce. Tutto scuopre il corpo suo, che drittamente pare uno agnello svena to / che da ogni parte versa sangue. Il sangue manifesta questa pronta obbedienzia;’ il sangue manifesta quella’ verità antica nuovamente mostrata a noi. Antica è in quanto ab eterno fummo nella santa mente di Dio, é nuova ci fu quando ci creò alla immagine e similitudine sua, dandoci l’essere, perche godessimo il suo sommo eterno bene, il quale egli ha in sè medesimo; ma noi non la intendemmo bene’questa nuova verità, cioè che in verità credessimo che egli ci avea creati per darci vita eterna; volendo Dio compire questa verità nell’ uomo, e farla intendere, mandò a noi questo dolce ed amoroso Verbo vestito della nostra umanità, fabbricando le iniquità nostre sopra la incudine del corpo suo, e’ricreocci a grazia nel sangue, sicché il sangue nuovamente ci ha manifestato questa verità; nel sangue troviamo la fonte della misericordia; nei sangue la* clemenzia; nel san* gue il fuoco; nel sangue la pietà; nel sangue è fatta la giustizia delle colpe nostre; nel sangue saziata la misericordia; nel sangue si dissolve la durizia nostra; nel sangue le cose amare diventano dolci e li grandi pesi leggieri. E però quelli, che col lume della fede raguarda questo sàngue, porta il grave peso dell* obbedienzia con dolcezza e suavità; e perchè nel sangue sono maturate le virtù, però l’anima che s’inebria ed annega nel sangue, si veste delle vere e reali virtù, per onore di Dio e per compire in sè la verità nuovamente mostrata col mezzo del sangue. Questo non considera il disobbediente giudicatore della volont-’i del suo maggiore, che se egli- il considerasse, annegarebbe in tutto e per tutto la sua volontà, ed ogni proprio volere e sapere pórrebbe nella volontà di Dio e del suo prelato; ma perchè egli non il fa, sta in continua pena, e sempre permane nella tiepidezza ed imperfezione sua. Kimangli il mantello del proprio amore, perchè 11011 1^ha consuma 1,0 nel sangue, nel fuoco e io9 neH’obbedienzia del Verbo; e però non benedice Dio nell’obbedienzia, la quale Dio richiede a’secolari, ai religiosi, a’prelati cd a’sudditi vecchi e giovani, in ogni slato, ni ogni tempo e luogo, in consolazione e tribulazione, in pace di mente, ed in molestie, guerre, in. ogni modo vuole e doviamo benedicere Dio con affetto di virtù, e con la parola quando bisogna. O carissimo figliuolo, a questo v’invitp, perocché questa è la via, il modo da renderli gloria e benedicerlo ogni tempo, non solo con parola, ma con l’opera, come detto è; la qual cosa lo dissi, ch’io desideravo di vedere in voi, e così voglio che sempre permanga nel cuore, nella mente e nell’ anima vostra. Figliuolo, il tempo c’ invita a non aspettare tempo a perdere noi medesimi; e però vi prego, che ’l desiderio che Dio v’ ha dato del santo passaggio per ponere la vita per lui, mai*non allenti nell’anima vostra; ma voglio che continuamente cresca, cominciando ora tra’ cristiani a sostenere per la verità di santa Chiesa e di papa Urbano VI, il quale è vero sommo pontefice; per questa verità ci conviene apparecchiare a sostenere, e nel sostenere benediceremo Dio nella santa Chiesa, e Dio per la sua misericordia dopo questa tenebre ci darà luce, e con la luce si compirà la volontà di Dio e li desiderj nostri. Sicché confortatevi e siate virile cavaliere.
dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore.
Annotazione alici Lettera 57, t * ( « t’ *.
(A) Come Mo’uè appoggiare le braccia. Fognando gli Ebrei contra gli Amaleciti sollo la condotta di Giosuè, statasi Moisè sopra vicina collina colle braccia stese ed alzate, sostenendole Aron ed Ur, acciocché non cadessero; giacché stando qnestsollevate, erano gli Ebrei vittoriosi, ed abbassandosi, rimaneano essi perdenti. Il fatto narrasi al capitolo 17 dell’Esodo.