Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 45

Lettera 44 Lettera 46

[p. 27 modifica]A NICOLÒ DA VEZZANO CANONICO DI BOLOGNA (A).

LA QUAL LETTERA FU FATTA IN ASTRAZIONE.

I. Della perseveranza nella virtù, alla quale l’esorla, dimostrando questa acquistarsi coll’amore schietto verso di Dio, e con 1’ odio della propria sensualità.

II. Del lume della santa fede, che ci è necessario per acquistare quest’amore e quest’odio, spogli iti prima delPamor proprio, e conoscendo per mezzo d’esso l’amore di Gesù Cristo verso di noi, e degli effetti dell’amore verso Iddìo, talmente acquistato.

III.

Dell’odio di noi medesimi, che dobbiamo acq» stare in ogni tempo per mezzo del lume predetto. .

IV. Della costanza e carità verso il prossimo, ed altre virtù del1’ anima illuminata.

V. Lo stimola ad esser vigilante per l’acquisto delle predelle virtù e baguatsi nel sangue di Cristo.

Al nome di Jcsà Cristo crocifisso e di Maria dolce.

I. ^^arissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, serva e schiava de’servi „di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi costante e perseverante nella virtù, della quale Dio v’ha dato desiderio per la sua infinita misericordia, ma non so vedere che la persona venga [p. 28 modifica]28 a perfetta virtù con perseveranzia, se non con amore schietto e liberale, e senza mezzo di sè, cioè che non voglia servire Dio a suo modo, nè in parte, ina tutto e con tutto il cuore, e con tutta l’anima e con tutte le forze sue, e senza il mezzo della propria sensualità, In quale sensualità è,!» degna. d’odio e non d’amore, perché sempre ricalcitra e ribella al suo Creatore. Questa è quella parte che sempre dobbiamo odiare ili noi, e fare guerra con lei, e darle il contrario di quello che ella addimanda. Ma noi diremo, perchè modo posso venire a questo amore ed odio, poiché per altra via io non posso venire a virtù, nè perseverare nel bene cominciato? Rispondo, che col lume verremo ad amore ed odio, perocché la cosa che non si vede, non si-può conoscere, nè la malizia, nè la virtù sua, e non conoscendosi non s’odia e non s’ama; onde c’è bisogno il-lume dell’intelletto, cioè che lo intelletto sia alluminato del lume della santissima fede..

s H. L’occhio abbiamo nói, che è una delle potenziò dell’anima e della fede, riceviamo la impronta nel santo battesimo; ma se questo lume venuto al tempo della discrezione, non. è esercitato con la virtù, ma

offuscato con l’amore proprio e piacere del mondo, non potremo vedere; ma tolta questa nuvila, rocchio vede; e se la libera voluntà vuole aprire questo occhio, e ponersi per obietto Cristo crocifìsso, ed il puro, e schietto, e dolce amore che elli ci ha, che ci ama non per sua utilità, perocché sutilità non li poliamo fare, che non abbisogna del nostro bene; ma solo per fare utilità a noi, acciocché siamo santificati in lui.


Dico, che vedendolo tanto schietto, così schiettamente il riceve dentro nell’alfetto e volunlk sua: cdi quello amore che elli ha tratto del dolce ed amoroso Verbo, di quello amore ama il prossimo suo, amandolo puramente e fedelmente, cercando la sua salute, sovvenendolo giusta al suo potere, di quello che Dio gli ha dato a ministrare, e con quella perfezione l’ama e servo che elli ha trailo dal couoscitncnlo della divina [p. 29 modifica]2 9 carità; perocché la carità del prossimo declina da quella di Dio (5); onde perchè elli ama Dio,, ama il prossimo suo, ed ingegnasi di servirlo; perchè conobbe la verità di Dio, vedendo l’amore ineffabile che elli ha marni festa to col mezzo del sangue del suo Figliuolo; e perchè vede che Dio non cessa mai la sua bontà, cioè d’operare in lui e nell’ altre creature la grandezza e bontà sua, facendoli molti beneficj però non pare possa, nè può cessare d’ amare il suo Creatore, mentre che sta in questo conoscimento;„ perocché condizione è dell’amore damare sempre, quando si vede amare, e l’amore non sta mai ozioso; ma sempre adopera grandi cose, onde l’anima viene a fortezza ed a perfetta perseveranzia; e per lo grande conoscimento che truova della bontà di D’O, conosce molto più perfettamente la miseria sua: perocché ogni cosa si conosce meglio per lo suo contrario, vedendo col lume della santissima fede sè non essere, ma l’essere suo avere da Dio, ed ogni grazia che è posta sopra Y essere; (perocché senza l’essere, niuna grazia saremmo atti a ricevere), e veaesi ricreato a grazia nel sangue dell’unigenito suo Figliuolo, e con tutto questo sempre si vede essere ribello a Dio.

III. Onde ha materia di concipere uno santissimo odio, ed odiare in sè la perversa legge che impugna contro lo spirito. E pensate, che non si debba odiare solo in uno tempo, cioè quando alcuna voltasi vede assediato dalle impugne e molestie della carne e della negligeuzia e sonnolenza sua, ma d’ogni tempo debba odiare; ogni tempo gli debba esser tempo d’odio.

Poniamo che debba crescere più a uu ora che un’ altra (C), secondo le molestie e le disposizion* che elli sente in sè. - .

IV. E perchè elli senta abbassare il fuoco, e cominci a mortificare, non debbe però levare l’odio; ma nel tempo della pace s’abbi ben cura, perocché elli non se ne può fidare, ma riescali addosso con una vera e profonda umiltà; sì con l’odio e con la umiltà si levi [p. 30 modifica]3o più tosto elli contra alla sensualità, che la sensualità contra di lui, perocché se non facesse così, si deslarebbe la propria passione, la quale pareva che dormisse, e quasi parendo morta è peggio che mai, perchè mentre che noi viviamo, ella non muore, ma bene s’ addormenta, chi più sodo, e chi più leggiero, e questo è secondo l’odio e l’amore delle virtù, il quale odio la castiga, e l’amore l’addormenta: chi n’è cagione?

il lume, perocché se non avesse veduta e conosciuta la sua fragilità, non 1’ avrebbe spregiata con odio; ma perchè conobbe come ella è virile, l’odia e ricalcitra sempre contra di lei continuamente; onde vedendo che ella non cessa d’impugnare, non vuole elli, nè debba volere cessare la guerra, nè volere fare pace con lei. Or questo è quello principio e reale fondamento, per lo quale l’uomo viene ad ogni virtù, ed ogni sua operazione fa perfetta, di qualunque operazione si vuole essere, o spirituale o temporale, perocché tanto è temporale, quanto l’affetto la fa temporale e più non. Elli è’costante e perseverante, e non si volle per ogni vento, sodo, sodo; e tanto gli pesa la mano manca, quanto la dritta, cioè tanto la tribolazione, quanto la consolazione. Se elli è secolare, elli è buoiio nello stato suo: se elli è prelato, elli è buono e vero pastore; e se elli è chierico, elli è fiore odorifero nella santa Chiesa, e gitta odore di virtù, e dà l’onore e la gloria a Dio, e la fatica al prossimo, dandoli de*frutti dell’ umile e continua orazione, dispensando largamente di quelle grazie che Dio gli ha date a dispensare; eia sustanzia temporale, la quale riceve» dal sangue di Cristo crocifisso,-elli la spende, noir scelleratamente, nè con vanità, nè con parenti suoi/ se non in quanto ellino avessero bisogno per neecs-’ sità, siccome a* povarelli, ma per altro modo non è!

con vera coscienzia rende il debito ai poveri ed al ben della Chiesa j e per la sua propria ncccssilà; e se facesse altrimenti, vedrebbesi stare in gravissima colpa..

Elli non si scandelizza, nè fa mai gucira col prossimo1 [p. 31 modifica]3i, suo, col peccato sì, ma non con la propria persona del prossimo, anzi l’ama come sò medesimo, cercando teneramente la salute sua; e perchè elli lia fatto guerra con sè medesimo e con la propria sensualità, però non la può fare, nè fa con Dio, nè col prossimo suo, perocché ogni oflesa che si la a Dio o al prossimo, si fa, perchè elli non s’odia, ma amasi di proprio amore sensitivo, per la quale cosa non persevera mai in alcuno bene che cominciasse, perocché la perse vera nzia viene dallodio e dall’amore, come detto è, e 1 amore s’ acquista per lo lume della santissima fede; la quale e la pupilla dell’ occhio deh intelletto esercitato con libera volontà, che in verità voglia conoscere sè e la bontà di Dio in sè. e riconoscere op;ni grazia dal suo Creatore, ed il difetto

le colpe sue dalla propria, sensualità. Altra via non ci ha; c però vi dissi, che io desideravo di vedervi costante e perseverante nella virtù, considerando me che ella non si può avere, se non per lo modo che detto abbiamo.


V; Onde io vi prego per l’amore di Cristo crocifisso, che ora, mentre abbiamo il tempo, il quale è tempo di vigilia e di conoscimento, che poliamo conoscere con frutto e con merito, e passato il tempo, sapete che non è così, voi non stiate a dormire, ma vegliate continuamente, e non solo della vigilia corporale, ma della vigilia intellettuale, alla quale vigilia seguita la continua orazione, cioè 1’affocato desiderio ed amore dell’anime verso il suo Creatore; perocché sempre ora in onore di Dio ed in salute dell anime; Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, e muoja ogni piacere e parere umano: sicché morta ogni voluntà propria, corriate per la via della verità. Altro non vi dico.

Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Jesù dolce, Jesù amore. 1: [p. 32 modifica]Annotazioni ni Ut Lettera 45.

(A) La famìglia da Vezzano o come poi si disse Vizzani, era nobile di Bologna, ed od» delle cinquanta senatorie, dette per ogni nno de’ quaranta, perchè già erano in questo numero, accresciuto di altre dieci dal pontefice Sisto V, e mancò nel «secolo che fu innanzi a questo. Ma non credesi che questo Nicolò fosse di lai prosapia, non avendovi a Bologna canonico veruno di un tal nome e cognome agli anni di santa Caterina, onde mi do a credere essere scorso errore in quel titolo, e che debba leggersi Nicolò da Orzano, in luògo di vizzano avendosi dalle memorie di quella città che un lai Nicolò-di Lupo da Ozzano fosse a quella età vicario generale del vescovo di Bologna ( fu questa Chiesa onorata del titolo di arcivescovato l’anno 1583 dal pontefice Gregorio XIII) e canonico di s. Pietro, e di t. Antonio di Snvena, e che fu poi arciprete di s. Giovanni in-Perticelo. Era questa famiglia originaria di Firenze, ed una branca di quella de’Pasquali, donde passata a Bologna si disse da Ozzano, castello antico del Bolognese inverso Romagna, o perchè in esso posasse alcun tempo, o perchè di esso tenesse dominio. Era la famiglia in Bologna infino dall’anno 1289, ed-aveasi tra le nobili di quella città. Questa lettera è di quelle eh’ ella dettò mentre stavasi rapita in Dio.

(B) La carità dei prossimo declina da quella dì Dio. La carità ordinata inverso del pros«*mo deriva da quella che abbiamo inverso Dio, e la santa nsa la voce declina, che significa calare a basso, giacché di fatto l’amore che si ha al sommo bene scende alla creatura, quando questa si ami pel Creatore. (C) Poniamo che debba crescer pni a uri* ora che un altra.

Non avendosi qnesla lettera del manoscritto di san Domenico, si è procurato di accordare;questo passo all’esemplare del Bnoncnnti che è il più fedele de* testi stampati, e da Aldo e dal Farri:Egli reca non ’picciola meraviglia il leggere quest’Epìstole dell’iuipivssione di quest’ultimo, se pongansi al confronto, o col testo d’Aldo, o con quelli a penna, che hannosi in Siena, sì. esse sono alterate nella maniera del favellare, e storpiate, talora anche ne’sensi, sendoti molte cose aggiunte a capriccio, e mancandoti non di rado, non pur delle parole, ma sì degli interi periodi. Sarebbe cosa luti* ghisnma e di sommo tedio il tener conto di tutte le strane mutazioni di quell’edizione: basti di presente recare questo passo (che in quella pure di Aldo non è ben chiaro) onde altri potrà arguire qual fede essa si meriti. Sì dunque favella la santa per bocca di questo interprete: « Ma poniamo che tal odio or crescbi, or scemi più ad un’ ora che ad un’ altra, secondo le molestie e le disposizioni occorrenti in questo caso, benché I’ uomo si senti per certo «piizio di tempo come sciolto dalla tentazione, e paja in lui essere [p. 33 modifica]33 verbi grazia, estinto il fuoco della libidine, non però egli ha da levare da sè I’ odio prefato, anzi nella maggior bonaccia, e nel tempo più tranquillo e pacifico è tenuto star sull’avviso, e porsi intorno una grandissima guardia, affine ebe nuovamente ed all improvviso non sia còlto dalli nemici. E la guardia sua sicurissima sarà, portando del continuo con esso seco il detto odio di sè medesimo; accompagnato da mia vera e profonda umiltà per abbassare I’ orgoglio della sensualità: perciocché se egli non facesse così, s desterebbe io lui la propria passiooe, la quale diaiui parea che dormisse e fosse come morta, per meglio e più sicuramente in un tratto assaltare e ferire; conciossiachè, mentre che noi Uniamo, ella non muore, ma ben/dorme, e più e meno secoodo l’odio, lamore delle virtù nostre. L’ odio adunque v. quello che castiga la sensualità e F amore la fa dormire. Ma chi n’è cagione? il lume, percncchè se l’uomo non avesse veduto e conosciuta la sua fragilità, non l’avrebbe spregiata con odio; ma pnrchè la conobbe, l’odia e ricalcitra contro di lei cou»:uuamente. Onde vedendo ch’ella non cessa d’impugnare, non vuole, nè deve anch’egli volere cessare dalla guerra, nè far pace con lei Il che quanto si scosti dal farellare, e dallo intendimento della santa sei vede ognuno. Or volendo pur cercare onde il Farri traesse sì perversa edizione ci vengono sott’ occhio due tesii a prmna di esse lettere conservati nella Certosa di Pavia, della raccolta, siccome al titolo che Innno in fronte, di quello Stefano Maconi che ivi fu priore e fedelissimo discepolo della santa: 1’ uno in cantiere aulico e si minnto che a stento vi si può leggere alcun periodo; l’altro più chiaro ma guasto sì fattamente che non tiene (piasi più nolla del favellare dell’ autrice.

Or questo dovette egli aversi pigliato ad esemplare, come può vedere chiunque ne faccia il confronto.

5. Caterina da Siena Opere T. IV.

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