Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 161
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A MADONNA NERA (A) *.. -. ’. i * * 1 PRIORA DELLE MANTELLATE DI SANTO DOMENICO, QUANDO ESSA CATARINA ERA AÌLA ROCCA DAGNOLINO (B).
I. La prega ad attendere all’onor di Dio, ed alla salute delle sne pecorelle, correggendo i loro difetti nel modo che si richiede, e sprezzando ogni mormorazione, o inganno del demonio che in ciò n* incontrasse.
Al nome di Jesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.
I. solarissima madre in Cristo dolce Jesù. Io Catarina, servaschiava de’ servi di Jesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi fare come fa il buono pastore, il quale pone la vita per le pecorelle sue; così dovete fare voi, carissima madre, cioè, attendare all’onore di Dio ed alla salute delle pecorelle che egli v’ha messe nelle mani e non con negligenzia, perocché ne sareste ripresa da Dio, ma con buona sollicitudine, perdendo ogni amore proprio e parere delle creature. Sapete, carissima madre, che colui che ama sè sensualmente, se egli è prelato, mai non corregge, perocché sempre teme; e se egli corregge, corregge secondo il parere delle creature, e spesse volle 11011 secondo verità, o tale volta secondo il suo parere proprio, perchè non ti piace-
ranno molte volte i costumi loro; non si diè fare così, perocché molte sono le vie, i modi che Dio tiene coi servi suoi: basta a noi, che noi gli vediamo che vogliono seguitare Cristo crocifisso; unde sarebbe più tosto ingiustizia che giustizia, perocché non si debbono correggere secondo i nostri pareri, ma secondo i difetti che noi troviamo, e dolcemente levare l’affetto nostro all’onore di Dio, ed aprire l’occhio dello intelletto sopra i sudditi, ed a ogni uno dare secondo che ha bisogno; unde altro modo si diè tenere con le meno perfette, ed altro con le più perfette, e sapere conscendare ai bisogni loro, sempre tenendo fermo il correggere i difetti, quando voi gli vedete; e non lassate per veruna cosa che sia che non si correggano.
Spero nella infinita e inestimabite carità di Dio, che voi il farete. Aprite l’occhio dello intelletto, e ragguardate 1’ affetto dell’Àgnello immaculato, confitto e chiavellato in croce, e trovarete che questo vero maestro ha posto la vita per le pecorelle Mie; e con quanto amore e dilezione ha conversato, portando e sopportando noi miserabili, sempre attendendo all’onore del Padre ed alla salute nostra; e noi ritrasse d’adoperare la nostra salute, nè ingratitudine nostra, nè le mormorazioni degli uomini, nè la malizia delle dimonia.
Questo innamorato Agnello non lassa però, anco compie l’onore del Padree la salute nostra perfettamente!
così spero per la sua bontà, che farete voi, dolcissima madre, e non lassarele perla ingratitudine di noi miserabili figliuole e di tutto il nostro collegio (C), nè per mormorazioni, o detto nelle creature, nè per la malizia del dimonio che si pone in su le lingue loro a dire quello che non debbono, per impedire l’onore di Dio e la salute dell’ anime. Adoperate dunque ciò eh e si può, e trapassate tutte queste cose senza veruno timore: lo intelletto e 1’ affetto vostro non si parta mai dalla verità, perocché altro non desiderate di volere, se non che Dio sia onorato, e le figliuole vostre siano specchio di virtù. Allora Dio adempirà il 9°. ; desiderio vostro, e sarete consolata di loro e di voi medesima, perocché quando altri adopera una virtù, sempre v ha gaudio e consolazione. Or così tate dunque per r amore di Jesù Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.
Jesù dolce, Jesù amore. Annotazioni alla Lettera 161.
(A) Questa Madonna era priora delle more della penitenza dell’Ordiue di ». Domenico, che in S’ena diceansi rannidiate, dal portare che faceano nero e lungo mantello; e di queste snore era In nostra serafica vergine. Della istituzione d’ esse per disteso si favella dal beato Raimondo nella leggenda della santa. Fioriva óltre modo in Siena a quell’ età istituto sì pio, trovandosi che r «inno i35a nn cento d’ esse si legarono con giuramento di non deporre quell’abito religioso, che colla vita, ^el i38o eranvene oltre a cinqnanta, calate forse di numero per essere la città calata di molto a cagione della pestilenta del 1^74, come apparisce da un breve del pontefice Urbano V’f, in cui concede loro indulgenza io punto di morie, avuto probabilmente per opra della santa; e tra esse trovansene non poche delle famiglie più illustri che avesse a que’ tempi la città.
(B) Alla rocca d’Agnolino. La rocca d’AgnoIino era un castelletto detto la rocca presso il fiume Orcia, divcovto da Siena circa 20 miglia, detto anche la rocca di Tentennino, di cni ad altro luogo si favella. Dicesi qni d’Agaolino per essere dominio d an cavaliere sanese della famiglia non tneoo illustre che potente a quella eli de’Salimbeni; il cui nome era Anqelo, o come Usano i Toscani Agnolo, ma detto col diminutivo Agoolino.
(C) E di tutto il nostro collegio. Soleva la santa ne* suoi viagg* avere la compagnia non pure d’alcune mantellate, ma si ancora di varj religiosi e d alcuni de’ suoi di voti discepoli; i quali vengono per essa intesi col nome del nostro collegio, non altro significando trii voce cbe una adunanza. Mentre stava la santa in questo luogo, apprese prodigiosamente a scrivere, come già fu osservato.