Epistole (Caterina da Siena)/Lettera 116
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i43 A FRATE BARTOLOMEO DELL* ORDJNE DE PREDICATORI IN FIORENZA.
I. L’esorta a spogliarsi dell’amor propro ed infiammar.*! di vero amore, mostrando qua! sia la fortezza con coi l’anima che ama Dio vince ogni avversità e tentazione, qnale amore s acquista nel le?no della santissima croce.
II. Li mostra il zelo, che ella aveva della di Ini salnte.
III. Li raccomanda alcuni altri affari spettanti all’onor di Dio, come anche se medesima coll’altre sue sorelle.
Sottesi* 116, Al nome di Jesù Cristo crocifisso e,di Maria dolce.
i. voi dilettissimo e carissimo fratello, e figliuolo in Cristo Jesù, io Catarina, serva e schiava de’ servi di Dio, scrivo e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo, con desiderio di vedervi annegato ed affocato nel fuoco dell’ardentissima carità di Dio, spogliato del vostro perverso vestimento e vestito e ricoperto del fuoco dello spirito Santo, il quale vestimento è di tantd fortezza e di tanta durezza, che non ammolla mai il cuore che n’è vestito, e non diventa mai femminile; anco è atto e forte a ricevere i grandissimi colpi delle molte persecuzioni del mondo e del dimonio, e del corpo proprio, e non gli passano dentro, perocché il vestimento della carità fa resislenzia, perocché l’amore ogni cosa porta, cioè esso Spirilo Santo. Egli è 144 quello lume, che caccia ogni tenebre: egli è quella mano, che sostiene tutto il mondo: cosi mi ricordo che poco è egli diceva; Io son colui che sostengo e mantengo tutto il mondo. Io so* quello mezzo che unì la natura divina con la natura umana: Io so’ quella mano forte, che tengo il gonfalone della croce, e di questo ho fatto letto, tenuto, confitto e chiavellato Dio ed uomo. Elli è di tanta fortezza, che se il vincolo della carità fuoco di Spirito Santo, non l’avesse tenuto, li chiodi non erano suìlìcienli a tenerlo. O amore dolce ed inestimabile carità, tu se* ministratore servitore delle vilissime creature; quale cuore adunque si difenderà, che non si spogli del vestimento dell’ uomo vecchio dell’amore proprio di sè medesimo, e non corra a tanto calore a vestirsi dell’uomo nuòvo? Certo i cuori tiepidi e freddi e negligenti se ne difendono, e tutto questo nasce dalla perversa radice dell’amore proprio, e però vi dissi, che io desideravo che voi fuste annegato e vestito di quella fortezza e plenitudine dello Spirito Santo, perocché l’anima, che ha levato l’affetto suo sopra di sè, e percossolo nel consumalo desiderio di Dio, non cade in questo difetto, ma ene privata.
II. Adunque io vi prego figliuolo in Cristo Jesù, che, poiché elli dice, ch’è il vestimento forte, che riceve ogni colpo, che noi portiamo virilmente. 0 amore!
il verbo si ha dato in cibo, il padre è letto, dove l’anima riposa per amore: dunque non ci manca cavclle.
Il vestimento è di fuoco contra il freddo, cibo contra ’ al morire di fame, e letto contra alla^stanchczza. Siale; Siate innamorato di Dio, dilettando 1 anima e la coscienzia vostra in lui, e non vogliale pigliare la estremità, perocché noi vediamo tanta larghezza, che essendo noi peregrini, questa parola incarnala ci ha accompagnali nella peregrinazione, e datocisi in cibo per farci correre virilmente, e di sì dolce compagno all’anima, che ’l seguita, che elli è colui che giognendo al termine della morte ci riposa nel letto, mare pacifico della divina Essenzia, dove noi riceviamo l’eterna visione di Dio. 143 Questo parbe, che volesse dire la dolce bocca della Verità insù legnò della santissima croce, quando disse!
fu tnanus tuas Domine commendo spiritimi meum. O Jesù dolce tu se’ nel Padre, ma non noi, perocché come membri putridi per Io peccato eravamo privati della grazia, sicché fu detta per noi, perocché la stretta compagnia che fece coll’uomo, che divenuta una cosa con lui, reputava suo quello che era nostro. 0 fuoco d’amore, io non voglio dire più, perocché non nn ristarei infino alla morte, se non che io vi vegga segato per mezzo. Ricevetti la vostra lettera ed intesi ciò, che diceva del dubbio che avete, ratto per la grazia di Dio ci dichiararemo insieme. Son certa, che la divina providenzia non vi farà stare senza frutto, non tallendolo con la vostra coscienzia, ma largo ed in perfetta umilità: così voglio e prego teneramente come figliuolo che facciate, ed io come misera, miserabile madre v* offerirò e terrò dinanzi al Padre Eterno Dio, e se mai fui affamata dell’anima vostra, singularmente sono il dì d’oggi: in questa pasqua ve ne sete potuto avvedere, ed ogni dì è questa pasqua, unde non potete stare senza me, che continuamente per santo desiderio non sia dinanzi da voi.
III. Dell’andare a Roma, credo che Dio per sua grazia vi ci mandarà, perocché veggo la volontà di frate Tomaso inchinata a ciò. Il nostro Cristo in terra ne viene tosto (A), secondo che io intendo, per la quale cosa io vi prego e costringo che ne veniate il più tosto che potete; mandastemi a dire, che era morto misser Nicolajo (B) e monna Lippa; honne avuta grande letizia pensando che ogni cosa è fatta con providenzia di Dio.
Sappiate se monna Lippa, avesse lassato per testamento cavelle, e se ne poteste avere cavelle per santa Agnesa, ingegnatevene, perocché hanno grande bisogno. Hoscritlo a Monabilia ed a Maddalena (C), il vescovo non mi risponde mai (D); e però vi prego, che v’andiate e costringiate di fare quello che io gli scrissi, e dia a voi quella quantità che può, sforzando il potere, pei46 rocchè è di grandissima necessità, e così dite a Niccolò Soderini (E), il più tosto che potete, recate ciò che vi danno. Dite ad Elisabetta ed a Cristofana, e a tutte l’altre che si confortino in Cristo Jesù cento migliaja di volte, e che corrano virilmente dietro allo sposo dolce Cristo Jesù: pregatela, che mi perdoni, che io dimenticai la manna che io le promisi (F). Dite a Nicolino delli Strozzi (G), che cresca di virtù in virtù, perocché chi non cresce torna a dietro; confortatelo molto molto, da mia parte. Sappiate, che’l dì che Dio sposò l’umana generazione con la carne sua fummo di nuovo lavati nel sangue e sposati con la carne. Annegatevi ed affogatevi nel fuoco del santo desiderio. Permanete nella santa dilezione di Dio. Alessia e Catarina, ed io, Cecca pazza (//), vi ci mandiamo molto raccomandando.
Jesù, Jesù. Catarina serva de’ servi di Dio inutile. Vi si raccomanda frate Raimondo e frate Tomaso.
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Annotazioni alla Lettera 116.
(A) II nostro Cristo in terra ne viene tosto. Correa voce costante iufin dall’anno i3^4, che il pontefice Gregoi^o XI tosto fosse per venire in Italia; essendone egli stesso m parola con molti principi, come s’ osservò nell’annotaziooi alla lettera terza, onde o di quell’anno o de’ primi mesi del seguente sarà qnesta lettera.
(B) Misser Nicolajo. Forse Miccolò Bnonconti padre de’ qaattro fratelli Bnonconti nobili pisani e discepoli della santa, e che dicesi Nicolajo, come porta l’uso di Pisa.
(C) Ho scritto a Monabilta ed a Maddalena. Queste lettere sonosi.
smarrite, come lo stesso infortunio hanno corso altre ncn poche.
11 nome di Monabilia è forse con posto di monna e Bilia, onde è come se dicesse madonna Bilia. Il nome di Bilia forse è accorcialo da quello di Sobilia osato già in Siena, e santificato dalla beata Sobilia Palmieri nobile sanese e seguace del sacro institato de’servi di Maria.
(D) Il vescovo non mi risponde mai. Angelo da Ric*soIi vescovo di 1 irenze, da cui la santa ricercò alcun sussidio pel monastero della bp*ta Appesa di Montepulciano nella lettera trentatrè.
(E) Niccolò Soderìni. Mobile fiorentino, di cu’ si favellò di iopra, e piu si favellerà nell’annotazioni alla lettera 216.
(F) Io dimenticai la manna che io la promisi. Onesta è un liquore che stilla d dcum alberi e congelasi al rigore del freddo.
In molta copia se ne rico«Iie nello Stato sanese, avendos- l’ottima da* luoghi di Scansano e Mandano; la mediocre in bontà dalla rocca Àlbegna; e la inferiore trovasi a Campagnatico, ed altri luoghi defla maremma di Siena. L" albero che la produce si è l’Orniello!
nè altra opera vi si puone dal tagliare in poi dolcemente da e*so la corteccia, stillandone dall’apertura questo liquore, che nella medicina ha molto uso.
. ^ n ^,cc°imo detti Strozzi. Fiorentino e di famiglia chiarissima in quella città.
(II) Ed 10 ( ecca pazza Questa dovette scrivere la presente leitera aggiugnendosi il titolo di Pazia cioè stolta per umiltà.