El libro dell'amore/Oratione VII/Capitolo XVI
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Voi mi domandate a che sia utile l’amore socratico, io rispondo che è prima utile a sé medesimo assai a ricomperare quelle alie con le quali alla patria sua rivoli; oltr’ad questo è utile alla patria sua sommamente ad conseguitare la honesta e felice vita. La ciptà non è facta di pietre ma d’uomini, gli huomini si debbono cultivare come gl’ alberi quando sono teneri e dirizzare ad producere fructi. La cura de’ fanciullecti consiste in quegli di casa sua, e da poi che sono cresciuti trapassano le leggi ricevute in casa per la iniqua usanza del volgo, spetialmente per l’usanza di quegli che ridono loro in viso. Hor ditemi, che farà qui el nostro Socrate? Permetterà egli che per la usanza degli uomini lascivi sia quella gioventù corrocta, la quale è il seme della republica che di nuovo tutto el dì rigermina? Ma se egli permette questo dove resterà la carità della patria? Socrate adunque soccorrerà alla patria, e e figliuoli di lei che sono frategli ad lui liberrà da pestilentia. In che modo farà egli questo? Forse che egli scriverà nuove leggi per le quali separerà gli huomini lascivi dal conversare co’ giovani? Deh, tutti non possiamo essere Ligurghi o Soloni, a pochi si dà l’auctorità di fare le leggi, pochissimi alle leggi date ubbidiscono, adunque che farà questo Socrate? Crediamo noi che egli faccia per la via della forza, e con mano scacci e dishonesti vecchi da’ più giovani? Ma solo Hercole si dice aver potuto combattere con le monstruose fiere: questa violentia agli altri è molto pericolosa. Sarebbeci forse un altro modo, e questo è che Socrate gli huomini scelerati admonisca, riprenda e morda. Ma l’animo perturbato dispregia le parole di quello che lo admonisce, e ècci peggio, che e’ manomette l’admonitore, e per questo Socrate provando uno tempo questo modo da uno con le pugna, da un altro co’ calci fu percosso. Una via sola resta alla gioventù di sua salute, e questa è che Socrate con ella conversi; per la qual cosa questo philosopho, dallo oracolo d’Appolline giudicato sapientissimo sopra tutti e Greci, commosso da carità inverso la patria, si mescola per tutta la ciptà tra’ giovani. Così el vero amatore difende e giovani da’ falsi amanti, non altrimenti che el diligente pastore difenda la gregge degli agnelli dalla pestilentiale voracità de’ lupi. E perché e pari co’ loro pari facilmente conversano, Socrate si fa pari a’ più giovani con certi motti piacevoli, con semplicità di parole, con purità di vita, e fa sé medesimo di vecchio fanciullo, acciò che per la domestica e gioconda familiarità possa qualche volta di fanciulli fare vecchi. La giovanezza essendo alla voluptà inclinata, non si piglia se non con l’esca del piacere perché fugge e rigidi maestri.
Per questo el nostro tutore della adolescentia, per salute della patria sua sprezzando ogni sua propria faccenda, piglia sopra sé in tutto la cura de’ giovani; e prima gli inesca con una certa suavità di gioconda usanza, da poi che gli ha in tal modo adescati un poco più gravemente gli admonisce, ultimamente con più severi modi gli riprende. Sì che in questo modo Phedone giovanetto, posto nel dishonesto luogo publico in Atene, ricomperò da tale calamità, e fecelo degno philosopho; Platone nostro, el quale in poetiche favole era perduto, constrinse gictare e versi nel fuoco e seguire studii più pretiosi, e fructi de’ quali tutto ’l giorno gustiamo; Zenophonte, da una volgare soprabondanza ridusse alla sobrietà de’ sapienti; Eschine e Aristippo di poveri fece ricchi; Phedro di oratore rendé philosopho; Alcibiade d’ignorante doctissimo; Carmide grave e vergognoso; Teage giusto e forte tutore della patria; Eutidemo e Mennone da’ falsi argumentuzzi de’ sofisti tradusse ad vera sapientia. Onde nacque che l’usanza di Socrate, benché gioconda fusse sopra l’altre, nondimeno molto più utile era che gioconda, e secondo che testimoniava Alcibiade Socrate fu da’ giovani assai più amato che amassi.