El libro dell'amore/Oratione VII/Capitolo XIV
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Per la qual cosa come per quattro gradi discende così è necessario che per quattro salga. El furore divino è quello che alle cose superiori ci innalza, come nella diffinitione sua fu manifesto. Quattro adunque sono le spetie del divino furore, el primo è el furore poetico, el secondo misteriale, cioè sacerdotale, el terzo la divinatione, el quarto è l’affecto dell’amore. La poesia dalle Muse, el misterio da Bacco, la divinatione da Apolline, l’amore da Venere dipende. Certamente l’animo non può ad essa unità tornare se egli non diventa uno, e pure egli è facto multiplice perché egli è caduto nel corpo, in operationi varie distracto e inclinato all’infinite moltitudini delle cose corporee, il perché le sue parti superiori quasi dormono, l’inferiori soprastanno all’altre. Le prime di sonno, le seconde di perturbationi sono piene, e insomma tutto l’animo di discordia e dissonantia è pregno.
Adunque principalmente ci bisogna el poetico furore, el quale per tuoni musicali desti le parti che dormono, per la suavità armonica addolcisca quelle che sono turbate, e finalmente per la consonantia di diverse cose scacci la dissonante discordia e le varie parti dell’anima temperi. Non è però ancora abastanza questo, perché nell’animo resta ancora moltitudine e diversità di cose: aggiugnesi adunque el mysterio, appartenente a Bacco, el quale per sacrifici e purificationi e ogni culto divino dirizza la intentione di tutte le parti alla mente, colla quale Iddio s’adora. Onde essendo ciascune parti dell’animo a una mente ridocte, già si può dire l’animo uno certo tutto di più essere facto. Bisogna oltr’ad questo el terzo furore, el quale riduca la mente a quella unità la quale è capo dell’anima: questo Appollo per la divinatione adempie, imperò che quando l’anima sopra la mente alla unità della mente surge, le future cose prevede. Finalmente, poi che l’anima è facta uno, dico quello uno el quale è in essa natura e essentia dell’anima, resta che di subito ad quell’uno che sopra l’essentia habita, cioè a·Ddio, si riduca. Questo gran dono ci dà quella celeste Venere mediante l’amore, cioè mediante el desiderio della bellezza divina e mediante l’ardore del bene. El primo furore adunque tempera le cose disadacte e dissonanti, el secondo fa che le cose temperate di più parti uno tutto diventano, el terzo fa uno tutto sopra le parti, el quarto riduce a quell’uno el quale è sopra l’essentia e sopr’al tutto. Platone nel Phedro la mente data alle cose divine chiama nell’anima auriga, che vuol dire guidatore del carro dell’anima, l’unità dell’anima chiama capo della auriga, la ragione e oppenione per le cose naturali discorrente chiama el buon cavallo, la fantasia confusa e l’appetito de’ sensi chiama cattivo cavallo, e la natura di tutta l’anima chiama carro, perché el movimento dell’anima quasi come circulare da sé cominciando in sé ritorna, ove la consideratione sua venendo dall’anima nell’anima si riflecte. Attribuisce due alie all’anima colle quali alle sublime cose voli, delle quali alie stimiamo essere, l’una, quella investigatione con la quale la mente continuo alla verità si sforza, l’altra alia, el desiderio del bene pe ’l quale la nostra volontà sempre arde. Queste parti dell’anima perdono l’ordine loro quando per la perturbatione del corpo si confondono. El primo furore distingue el buono cavallo, cioè la ragione e l’oppenione, dal cavallo cattivo, cioè dalla fantasia confusa e dallo appetito de’ sensi, el secondo sottomette el cattivo cavallo al buono e el buono sottomette all’auriga, cioè alla mente, el terzo dirizza lo auriga al capo suo, cioè alla unità la quale è la cima della mente, l’ultimo e ’l quarto volge el capo dello auriga inverso el capo dello universo, ove l’auriga è beato, e quivi alla mangiatoia, cioè alla divina bellezza, ferma e cavalli, cioè accomoda tutte le parti dell’anima ad sé subiecte, e pone loro innanzi ambrosia da mangiare e da bere el nectare, cioè porge loro la visione della bellezza divina e mediante la visione el gauldio. Queste sono l’opere de’ quattro furori de’ quali generalmente Platone nel Phedro disputa, e propriamente del poetico furore nel dialogo chiamato Ione e del furore amatorio nel Convivio. Orfeo da tutti questi furori fu occupato, di che e sua libri testimonianza fanno; ma dal furore amatorio spetialmente sopra gli altri furono rapiti Sapho, Anacreonte e Socrate.