El libro dell'amore/Oratione VI/Capitolo XI

Oratione VI - Capitolo XI

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Quale sia l’utilità d’amore per la sua diffinitione.

Da poi che Diotima narrò quello che è l’origine dell’amore e la sua qualità, già dichiara qual sia el fine e l’utilità dell’amore in questo modo. Tutti desideriamo avere beni, e non solamente avere, ma avergli sempre; ciascuni beni de’ mortali si mutano e mancano, e tosto tutti si perderebbono, se in luogo di quegli che se ne vanno continuamente non rinascessino nuovi beni. Adunque acciò che e beni ci durino noi desideriamo rifare e beni periti, e’ beni periti non si rifanno se non per la generatione, di qui è nato lo stimolo di generare in ciascuno. La generatione, perché fa le cose mortali nel continuare simili alle divine, certamente è dono divino; alle cose divine perché sono belle le cose brutte sono contrarie, e le cose belle sono simili e amiche, e però la generatione, che è opera divina, perfectamente e facilmente s’adempie nel subiecto bello, e per lo contrario nel subiecto contrario. Per la qual cosa quello stimolo del generare cerca le cose belle e fugge le brutte; dimandate voi che cosa sia l’amore degli huomini e ad che giovi? Egli è appetito di generare nel subiecto bello per conservare la vita nelle mortali cose perpetua: questo è l’amore degl’uomini viventi in terra, questo è il fine di nostro amore. Certamente in quel tempo che ciascuno de’ mortali si dice vivere, e essere quel medesimo come è dalla pueritia alla vecchiaia, benché sia chiamato quel medesimo, nondimeno non riserba in sé mai le cose medesime, ma sempre di nuovo si riveste, come dice Platone, e spogliasi delle cose vecchie, secondo peli, carne, ossa, sangue e tutto el corpo; e non solo adviene questo nel corpo, ma etiandio nell’anima continuamente si mutano costumi, consuetudini, openioni, appetiti, piaceri, dolori, timori e nessuno di questi persevera el medesimo e simile: le cose di prima se ne vanno, succedono cose nuove. E quello che è più maraviglioso è questo: che le scientie patiscono la medesima conditione, e non solamente l’una scientia se ne va, l’altra ne viene, e non siamo sempre secondo le scientie quegli medesimi, ma etiandio ciascuna scientia quasi patisce questo, perché la meditatione e la ricordanza è quasi uno ripigliare la scientia che periva; perché la dimenticanza è una dipartenza della scientia, ma la meditatione restituisce nella memoria nuova dispositione del sapere in luogo di quella che si partiva, in modo che pare la scientia medesima. In questo modo quelle cose che nell’animo e nel corpo sono mutabili, si conservano non perché elle sieno sempre appunto quelle medesime, perché questa dota è propria delle cose divine, ma perché quello che si parte lascia uno nuovo successore a sé simile. Con questo rimedio le cose mortali alle immortali simili si rendono. È adunque nell’una e nell’altra parte dell’anima, sì in quella che ha a conoscere sì in quella che ha a reggere el corpo, ingenerato l’amore di generare per conservare vita perpetua. L’amore che è nella parte che regge el corpo subito da principio ci constrigne ad cercare el mangiare e ’l bere, acciò che per questi nutrimenti si generino gli omori de’ quali si ristori quello che di noi continuo si perde: per questa generatione si nutrica el corpo e cresce. Cresciuto el corpo, quello amore sospigne el seme e provocalo alla libidine di procreare figliuoli, acciò che quello che in sé medesimo non può sempre stare, riservandosi nel figliuolo simile ad sé, così si mantenga in sempiterno. Ancora l’amore del generare che è in quella parte dell’anima che conosce, fa che l’anima cerca la verità come proprio nutrimento, pel quale nel modo suo si nutrichi e cresca. E se alcuna cosa pel dimenticare è cascata dell’animo o dorme di dentro per negligentia, con la diligentia del meditare quasi rigenera, rivocando nella mente quello che per dimenticanza era perito, o vero sopito per negligentia. E poi che l’animo è cresciuto, questo amore lo stimola d’ardentissimo desiderio d’insegnare e scrivere, acciò che restando la scientia generata nelle scripture o negli animi de’ discepoli, la intelligentia dello auctore intra gli huomini rimanga eterna. E così per beneficio dell’amore el corpo e l’anima dell’uomo pare che restino ancora qui tra gli huomini in sempiterno. L’uno e l’altro amore ricerca cose belle: certamente quello che regge el corpo desidera nutrire el proprio corpo di nutrimenti dilicatissimi, suavissimi e spetiosissimi, e desidera generare belli figliuoli di bella femina; e l’amore che s’appartiene all’animo s’affatica di riempier l’animo di ornatissime e gratissime discipline, e scrivendo con ornato e bello stilo publicare scientia alla sua simile, e insegnando generare la medesima scientia, per similitudine, in qualche animo bello. Bello dico quello animo che è acuto e optimo. Noi non veggiamo esso animo e però non veggiamo sua bellezza, ma veggiamo el corpo che è imagine e ombra dello animo, sì che per questa imagine coniecturando stimiamo che in uno formoso corpo uno animo spetioso sia; e di qui adviene che noi più volentieri insegnamo a’ belli.