Dell’anime delle spere e de’ demoni.
Ma voglio conosciate in che modo e demoni habitino la regione in mezzo tra ’l cielo e la terra, per le parole di Diotima in questo Convivio, e per quelle di Socrate nel Philebo e Phedro, e per quelle dello Atheniense peregrino nelle Leggi ed Epinomide. Stima Platone tutta la machina di questo mondo da una anima essere recta e mossa, perché el corpo del mondo è composto di tutti e quattro gli elementi, e le particelle del mondo sono e corpi di tutti gli animali, e ’l corpicino di qualunque animale è particella del corpo del mondo. E non è decto corpicino composto dello intero elemento del fuoco, aria, acqua, terra, ma di certe parti di questi elementi. Adunque quanto el tutto è più perfecto che la parte, tanto è più perfecto el corpo del mondo che il corpo di qualunque animale. Certo absurda cosa sarebbe che il corpo imperfecto avessi l’anima e il perfecto sanza anima fussi. Chi è sì semplice che dica la parte vivere e el tutto non vivere? Vive adunque tutto el corpo del mondo, considerato ch’e corpi degli animali vivono, che sono parti d’esso tutto. Una bisogna che sia l’anima dello universo, sì come una è la materia e uno è lo edificio. Con ciò sia adunque che (come piace a Platone), dodici sieno le spere del mondo, otto cieli e quattro elementi, e che queste dodici spere sieno tra loro separate, e diverse di spetie, moti e proprietà, necessario è che l’abbino dodici anime diverse di virtù e spetie. Una sarà adunque l’anima dell’una prima materia, e dodici saranno l’anime de’ dodici cerchi. Chi negherà vivere la terra e l’acqua, le quali danno vita agli animali generati da·lloro? E se queste fecce del mondo vivono, e sono piene di viventi, per che cagione l’aria e ’l fuoco, essendo più excellenti, non debbono vivere, e similmente avere e loro animali? E così e cieli in simile modo. Certo gli animali del cielo, che sono le stelle, e gli animali della terra e dell’acqua veggiamo, ma quegli del fuoco e dell’aria non si veggono, perché el puro elemento del fuoco e dell’aria non si vede. Ma ècci questa differentia, che in terra sono due generationi d’animali, rationali e brutali, e similmente è nell’acqua: considerato che l’acqua sia corpo più degno che la terra, non debbe essere meno abbondante d’animali rationali che la terra. Ma e dieci cerchi di sopra, per la loro excellentia solamente sono ornati d’animali rationali. L’anima del mondo, cioè della prima materia, e l’anime delle dodici spere e delle stelle, perché sommamente seguitano Iddio e’ divini angeli, sono chiamati iddii mondani da’ platonici; e quegli animali che sotto la luna habitano la regione del fuoco etereo si chiamano demonii, e similmente quegli dell’aria pura, e così quegli dell’aria nebulosa che è presso all’acqua; e quegli rationali che habitano la terra huomini sono chiamati. Gli iddii sono immortali e impatibili, gli huomini sono patibili e mortali; e demoni certamente sono immortali, ma sono patibili. Non attribuiscono però a’ demoni naturalmente le passioni corporali, ma sì certi affecti d’animo pe’ quali amano gli huomini buoni e hanno e cattivi alquanto in odio; e amicabilmente e ardentemente si mescolano nel governare le cose inferiori, maxime le humane. Tutti questi in quanto a questo uficio paiono buoni; e ancora parte de’ platonici, insieme co’ theolagi cristiani, vogliono essere alquanti mali demoni; ma qui de’ mali al presente non si disputa. E quegli buoni, che di noi hanno custodia, sono per proprio nome chiamati da Dionisio Eriopagita angeli governatori del mondo inferiore, la qual cosa non disente dalla mente di Platone. Ancora secondo l’uso di Dionisio, possiamo chiamare angeli ministri di Dio quegli spiriti che Platone chiama iddii e animi delle spere e stelle. Il che non è discordante da Platone, perché è manifesto nel suo decimo libro delle Leggi che non rinchiude quegli animi ne’ corpi delle spere, sì come ne’ loro corpi l’anime degli animali terreni, ma afferma loro essere di tanta virtù dal sommo Iddio dotati, che insieme possino e fruire Iddio, e sanza alcuna fatica o molestia, secondo la volontà del Padre loro, reggere e muovere e cerchi del mondo, e movendo questi, facilmente le cose inferiori governare. Sì che tra Platone e Dionisio è differenza di parole, più tosto che di sententia.