El libro dell'amore/Oratione V/Capitolo VI

Oratione V - Capitolo VI

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Quante parti si richieggono ad fare la cosa bella, e che la bellezza è dono spirituale.

Finalmente che cosa è la bellezza del corpo? Certamente è uno certo acto, vivacità e gratia risplendente nel corpo per lo influxo della sua idea. Questo splendore non discende nella materia, s’ella non è prima aptissimamente preparata. E la preparatione del corpo vivente in tre cose s’adempie: ordine, modo e spetie; l’ordine significa le distantie delle parti, el modo significa la quantità, la spetie significa lineamenti e colori. Perché imprima bisogna che ciascuni membri del corpo abbino el sito naturale, e questo è che gli orecchi, gli occhi e ’l naso e gli altri membri sieno nel luogo loro; e che gli occhi amenduni equalmente sieno propinqui al naso, e che gli orecchi amenduni equalmente sieno discosti dagli occhi. E questa parità di distantie che s’appartiene all’ordine ancora non basta se non vi si aggiugne el modo delle parti, el quale attribuisca a qualunque membro la grandezza debita, attendendo alla proportione di tutto el corpo. E questo è che tre nasi posti per lungo adempino la lunghezza d’uno volto, e ancora e due mezzi cerchi degli orecchi congiunti insieme faccino el cerchio della bocca aperta, e questo medesimo faccino le ciglia se insieme si congiungono. La lunghezza del naso ragguagli la lunghezza del labbro, e similmente dell’orecchio; e dua tondi degli occhi raguaglino l’apertura della bocca; otto capi faccino la lunghezza di tutto el corpo; e similmente le braccia distese per lato e le gambe distese faccino l’altezza del corpo.

Oltr’a questo stimiamo essere necessaria la spetie, acciò che gli artificiosi tracti delle linee, e le crespe, e lo splendore degli occhi adornino l’ordine e ’l modo delle parti. Queste tre cose, benché nella materia sieno, nientedimento parte alcuna del corpo essere non possono. L’ordine de’ membri non è membro alcuno, perché l’ordine è in tutti e membri, e nessuno membro in tutti e membri si ritruova. Aggiugnesi che l’ordine non è altro che conveniente distantia delle parti, e la distantia è o nulla, o vacuo, o uno tracto di linee. Ma chi dirà le linee essere corpo, con ciò sia cosa che manchino di latitudine e profondità, che sono necessarie al corpo? Oltre ad questo el modo non è quantità, ma è termino di quantità. E termini sono superficie, linee e punti; le qual cose, non avendo profondità, non si debbono corpi chiamare. Collochiamo ancora la spetie non nella materia, ma nella gioconda concordia di lumi, ombre e linee. Per questa ragione si mostra la bellezza essere dalla materia corporale tanto discosta, che non si comunica a essa materia se non è disposta con quelle tre preparationi incorporali, le quali narrate abbiamo. El fondamento di queste tre preparationi è la temperata complexione de’ quattro elementi, in modo ch’el corpo nostro sia molto simile al cielo, la substantia del quale è temperata, e non si ribelli dalla formatione dell’anima per la exorbitantia d’alcuno homore. Così el celeste splendore facilmente apparirà nel corpo simile al cielo. E quella perfecta forma dell’uomo, la quale possiede l’animo, nella materia pacifica e obbediente risulterà più propria. Quasi in simile modo si dispongono le voci a ricevere la bellezza loro. L’ordine loro è el salire dalla voce grave all’octava, e lo scendere dall’octava alla grave; el modo è el discorrere debitamente per le terze, quarte e quinte voci, e tuoni e semituoni; la spetie è la risonantia della chiara voce. Per queste tre cose, come per tre elementi, e corpi di molti membri composti, come sono alberi e animali, e ancora la congregatione di molte voci, ad ricevere la bellezza si dispongono; e’ corpi più semplici, come sono e quattro elementi, e pietre e metalli e le semplici voci, si preparano a essa bellezza sufficientemente per una certa temperantia, fecundità e chiarità di loro natura. Ma l’animo è di sua natura a essa accomodato, maximamente per questo, che egli è spirito, e quasi specchio a Dio proximo, nel quale, come di sopra dicemmo, luce la imagine del volto divino. Adunque come allo oro niente bisogna agiugnere ad fare che paia bello, ma basta separarne le parti della terra, se da esse è offuscato, così l’animo non ha bisogno che se gli aggiunga cosa alcuna ad fare che egli apparisca bello, ma bisogna por giù la cura e sollecitudine del corpo tanto anxia, e la perturbatione della cupidità e del timore: subito la naturale pulchritudine dell’animo si mosterrà. Ma acciò ch’el nostro sermone non trapassi molto el proposito suo, conchiudiamo brievemente per le sopra decte cose la bellezza essere una certa gratia vivac’e spiritale, la quale, per razzo divino, prima s’infonde negli angeli, poi negli animi degli huomini, dopo questi nelle figure e voci corporali; e questa gratia per mezzo della ragione e del vedere e dello udire muove e dilecta l’animo nostro, e nel dilectare rapisce, e nel rapire d’ardente amore infiamma.