El libro dell'amore/Oratione V/Capitolo V
Questo testo è completo. |
◄ | Oratione V - Capitolo IV | Oratione V - Capitolo VI | ► |
Di tutte queste cose seguita che ogni gratia del volto divino, che si chiama l’universale pulchritudine, non solamente nell’angelo e nell’animo sia incorporale, ma etiandio nello aspecto degli occhi. Non solamente questa faccia tutta insieme, ma etiandio le parti sue d’ammiratione commossi amiamo; dove nasce particulare amore a particulare bellezza. Così poniamo affectione a qualche huomo, come membro dell’ordine mondano, maxime quando in quello la scintilla dell’ornamento divino manifestamente risplende. Questa affectione da due cagioni depende, sì perché la imagine del paterno volto ci piace, sì etiandio perché la spetie e figura dell’uomo aptamente composta, aptissimamente si confà con quel sigillo o vero ragione della generatione humana, la quale l’anima nostra prese dall’Auctore del tutto e in sé ritiene. Onde la imagine dell’uomo exteriore presa pe’ sensi, passando nell’animo, s’ella si discorda dalla figura dell’uomo la quale l’animo dalla sua origine possiede, subito dispiace, e come brutta odio genera; s’ella si concorda, di fatto piace, e come bella s’ama. Per la qual cosa accade che alcuni, scontrandosi in noi, subito ci piacciono o vero dispiacciono, benché noi non sappiamo la cagione di tale effecto. Perché l’animo, impedito nel ministerio del corpo, non risguarda le forme che sono per natura dentro a·llui; ma per la naturale e occulta disconvenientia o convenientia, seguita che la forma della cosa exteriore, con la imagine sua pulsando la forma della cosa medesima che è dipinta nell’animo, dissuona o vero consuona, e da questa occulta offensione, o vero allectamento, l’animo commosso la decta cosa odia o ama. Quel razzo divino di che sopra parlammo, infuse nell’angelo e nell’animo la vera figura dello huomo che si debba generare intera; ma la compositione dello huomo nella materia del mondo, la quale è dal divino Artefice remotissima, degenera da quella intera sua figura: nella materia meglio disposta resulta più simile, nell’altra meno.
Quella che resulta più simile, com’ella si confà con la forza di Dio, e con l’idea dell’angelo, così si confà ancora alla ragione e sigillo che è nell’animo. L’animo appruova questa convenientia del confarsi, e in questa convenientia consiste la bellezza, e nella approvatione consiste l’affecto d’amore. E perché l’idea e la ragione, o vero sigillo, sono alieni dalla materia del corpo, però la compositione dello huomo si giudica simile a quegli non per la materia o per la quantità, ma per qualche altra parte incorporale. E secondo che è simile si conviene con quegli, e secondo che si conviene è bella. E però el corpo e la bellezza sono diversi. Se alcuno dimanda in che modo la forma del corpo possa essere simile alla forma e ragione dell’anima e dell’angelo, priego quel tale che consideri lo edificio dello architectore. Da principio l’architectore la ragione e quasi idea dello edificio nello animo suo concepe, dipoi fabrica la casa, secondo ch’e’ può, tale quale nel pensiero dispose. Chi negherà la casa essere corpo, e questa essere molto simile alla incorporale idea dello artefice, alla cui similitudine fu facta? Certamente per uno certo ordine incorporale, più tosto che per la materia, simile si debba giudicare. Sforzati un poco a trarne la materia, se tu puoi: tu la puoi trarre col pensiero. Orsù, trahi allo edificio la materia, e lascia sospeso l’ordine: non ti resterà di corpo materiale cosa alcuna; anzi, tutto uno sarà l’ordine che venne dallo artefice, e l’ordine che nell’artefice rimase. Deh, fa’ questo medesimo nel corpo di qualunque huomo, e così troverai la forma di quello che si confà col suggello dell’animo essere semplice e sanza materia.