Dovunque il vago piè talor mi mena
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XX
AL SIG. RAFAELLO GUALTEROTTI
Doversi lodare le Provincie per la Virtù
degli Abitatori.
Dovunque il vago piè talor mi mena
Sotto straniero cielo a viver lieto,
O dove mormorando il bel Sebeto
Sembra di lacrimar l’alma sirena;
5O dove i sette colli, alto stupore,
Fermano ogni ora al peregrino i passi,
E creder fan co’ dissipati sassi
Le meraviglie dell’antico onore;
O dove tra le quete onde marine
10La sposa di Nettun regna sicura;
O dove l’Arno tra superbe mura
Va d’ogni gloria coronato il crine.
Al fin dovunque, o Gualterotti, io giro
Per gli Italici regni il guardo intento,
15Opre, che immenso consumaro argento,
Ed alta industria di Maestri io miro.
Qui saldo ponte a soggiogar de’ fiumi
L’impeto ondoso stabili archi stende;
Là sacro Tempio oltra le nubi ascende,
20E fa vergogna al Sol con aurei lumi.
Superbi tetti a ricrear l’affanno,
Ove stansi ad ogni ora i re sommersi;
Orti, al cui segno i celebrati in versi,
E favolosi Esperidi non vanno.
25Per poco indarno omai verno, ed estate
Alternamente le stagion comparte,
Tanto nel cielo obbedïenti all’arte
Corrono l’aure fervide, e gelate.
Altera Italia di grand’ori e d’ostri,
30E d’alti alberghi ha tutti sparsi i lidi;
Ma gli antichi Tesei, gli antichi Alcidi
Non ha l’altera Italia a’ giorni nostri.
Se il fier Procuste, o s’apparisse il forte
Per tante vite Gerïone in guerra;
35Se il figlio infaticabil della Terra,
Qual sorgerebbe destra alla lor morte?