Discorsi (Guicciardini)/VI. Del governo di Firenze dopo la restaurazione de' Medici nel 1512

VI. Del governo di Firenze dopo la restaurazione de' Medici nel 1512

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VI. Del governo di Firenze dopo la restaurazione de' Medici nel 1512
V. Del modo di ordinare il governo popolare VII. Del modo di assicurare lo stato alla casa de' Medici

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VI

[Del governo di Firenze dopo la restaurazione de’ Medici nel 1512.]

In tutte le cure ed amministrazioni che hanno li uomini, nessuna cosa si apartiene piú a uno uomo savio e circunspetto, che, esaminata diligentemente la qualitá del peso che hanno in mano, capitolarla una volta e fermare el punto, e resolversi con che modo e con che traino vi si abbi a maneggiare drento e condurre la sua nave al porto. Veggiamo e’ prudenti ed esperti medici in nessuna cosa usare piú esatta diligenzia che in conoscere quale sia la natura del male, e capituiare un tratto le qualitá e tutti li accidenti sua per resolversi poi con questo fondamento quale abbi a essere el reggimento dello infermo, di che sorte ed in che tempo si abbino a dare le medicine; perché non fermando bene questo punto, ordinerebbono spesse volte una dieta, darebbono medicine non proporzionate alla malattia, contrarie alla complessione ed essere dello infermo; donde ne seguirebbe la totale ruina e morte del loro ammalato.

Questa resoluzione se in cosa alcuna è laudabile e necessaria, bisogna sopra tutto in chi è principe e capo di governi di stati; perché essendo una cittá uno capo composto di infiniti uomini diversi di condizione, di appetiti e di ingegno, sono infiniti li accidenti, li umori, infinite le difficultá nel maneggiarli; e però è necessario in conoscerli e capitularli e [p. 261 modifica] pigliare lo ordine con che si abbino a governare, tanto piú cura e prudenzia quanto la materia è in sé piú difficile e quanto sono piú importanti li effetti che ne seguitano. Perché del buono governo ne seguita la salute e conservazione di infiniti uomini, e del contrario ne resulta la ruina ed esterminio delle cittá, di che nella vita delli uomini nessuna cosa è piú preziosa e singulare che questa congregazione e consorzio civile. E come dallo essere uno infermo bene curato da’ medici o no, si può pigliare potente argumento della salute o morte sua, cosí interviene nel governo di uno stato, perché essendo retto prudentemente e proporzionatamente, si può crederne e sperarne buoni effetti; essendo retto altrimenti e governato male, che si può crederne altro che la ruina e destruzione sua? Questo adunque importa el tutto, e però non è superfluo né inutile pensarvi e vegghiarvi molto bene drento, e però io ne discorrerò quel che al presente me ne occorre.

E per parlare piú distintamente, si ha a presupporre che el modo del governare debbe essere diverso secondo la diversitá de’ governi e de’ luoghi che sono governati: altrimenti e con altri respetti governa uno re o signore naturale; altrimenti, uno che tiene uno stato con violenzia ed usurpazione; altrimenti si ha a governare una cittá che sempremai ha servito a qualcuno; altrimenti una cittá che è consueta a governarsi liberamente e popularmente ed a comandare a altri; donde ne seguita che el parlare generalmente e con una medesima regola non basta, ma bisogna o parlare generalmente con tali distinzione che servino a tutti e’ casi, il che sarebbe di troppa lunghezza, overo rislrignersi a uno particulare solo come farò io, che solo insisterò in queste cose che io giudicherei doversi fare per questi Medici, volendo tenere lo stato e governo della cittá di Firenze; il che acciò che si intenda meglio, discorrerò piú da alto le qualitá e lo essere nostro.

La cittá di Firenze da lunghissimi tempi in qua è stata in libertá; èssi governata popularmente ed ha avuto imperio e signoria in molti luoghi di Toscana; ha avuto ne’ maneggi di Italia per el passato sempre piú reputazione e piú luogo [p. 262 modifica] tra li altri potentati, che non pareva convenirsi al dominio che ha; di che si può dare causa al sito dove la è posta, alla natura delli uomini che per essere inquieti hanno voluto travagliare, per essere industriosi lo hanno saputo fare, per essere suti danarosi lo hanno potuto fare. Queste condizioni hanno fatto che in Firenze e’ cittadini communemente appetiscono el vivere libero e populare, non vorrebbono ricognoscere da alcuno particulare el grado loro ed hanno esosa ogni grandezza o potenzia eccessiva di alcuno cittadino, ed è la inclinazione loro attendere e pensare alle cose delli stati e governi. E questo interviene piú oggi che mai, per essersi e’ cittadini nutriti ed avezzi dal 1494 sino al 1512 a uno modo di governo popularissimo e liberissimo e nel quale parendo loro essere tutti equali, con piú difficultá si assettano a ricognoscere alcuno superiore, e massime vedendo uno solo tanto interamente assoluto arbitro e signore di ogni cosa. Perché se bene per el passato la casa de’ Medici è stata grande e massime Lorenzo, nondimeno la grandezza dell’uno tempo aH’allro non è comparabile, perché ora si comanda ogni cosa grande e minima alla scoperta, allora si conducevano per vie indirette e con modi piú civili, né si usava la autoritá in ogni cosa, ed in quelle che la si usava si mescolava la industria nello eseguirle.

Aggiugnevasi quello che importa assai, che la casa de’ Medici non successe a uno governo meramente populare, ma essendo la cittá divisa ed in mano di piú capi di fazione e fluttuata in simili modi lungo tempo, e di poi essendo rimasta una fazione superiore e grandi e’ capi di quella, non parse che lo stato si togliessi allo universale, ma a’ capi di una altra parte; il che non dispiaceva alli uomini mediocri e populari, che con queste mutazioni non pareva diminuissino el grado loro ma piú tosto, per essere battuti e’ maggiori, miglioravano condizione. E cosí lo stato che nel 1434 venne in mano de’ Medici non parse tolto al populo, ma a uno messer Rinaldo degli Albizzi, a uno messer Palla Strozzi ed a altri simili particulari; ed anche e’Medici non rimasono assolutamente padroni [p. 263 modifica] di ogni cosa ma con qualche compagno, li quali benché lussino inferiori a loro pure avevano qualche participazione; donde la grandezza che venne in Lorenzo non fu a un tratto in casa sua, ma venne a poco a poco col corso di molti anni.

Oggi ogni cosa è diversa: a uno stato afatto populare e larghissimo è succeduta in uno momento la potenzia de’ Medici, e ridotta assolutamente tutta la autoritá e grandezza a uno; donde è nato che e lo stato si è tolto al populo ed a uno universale di una cittá, e questa mutazione si è fatta in una ora, e sanza intervallo di tempo si è venuto da quel che era grato a’ piú, a quello che e’ piú avevono esoso. E però questa materia riesce per ogni conto piú difficile avendo per inimici uno numero grande di cittadini, e’ quali oggi si può dire non abbino nulla ed in quello stato avevono qualche participazione; né solo sono inimici loro e’ cittadini di questa sorte, ma ancora sono molti altri a chi dispiace questo governo, e’ quali per conoscere meglio la natura di questo male e la complessione di questo corpo, è da distinguerli in piú spezie.

Sonci molti e’ quali nel 94 e di poi, o loro o’ padri loro, si scopersono inimici de’ Medici e da quello tempo sino al 12 continuorono sempre in quello traino e modo di vivere sanza reconciliarsi mai loro per alcuno tempo: questi sono implacabili, ed è da credere che in ogni occasione farebbono sempre ostinatamente tutto quello potessino contro a questo stato ed a briglia sciolta. Sonci alcuni o amici loro naturali o diventati per accidente, a’ quali dispiace che costoro si abbino tirato adosso tanto lo stato e la grandezza; non pare loro che li onori ed utilitá della cittá si distribuischino convenientemente; dolgonsi che si deliberi e comandi el tutto cosí assolutamente e sanza consulta o participazione alcuna di quegli che in uno stato simile arebbono a intervenire; ed hanno per male che in tutti e’ magistrati ogni cosa o minima o grande, o publica o privata abbi a nascere e sanza alcuno respetto da loro. Costoro sono di dua sorte: una parte è che, se non sono interamente pazzi, nel caso loro sono forzati a giucare ogni cosa co’ Medici, [p. 264 modifica] perché mancando loro, sarebbono esosi in ogni stato che venissi, non arebbono parte alcuna né di utile né di onore e durerebbono fatica a vivere, e tanto piú che la maggiore parte di questi non stanno contenti a loro proprio, ma vogliono vivere di estraordinario e di ratto; l’altra è di uomini adoperati da loro, e nondimeno che o per essere nobili e di parentado, o per essere tenuti buoni, o per avere fama di prudenti ebbono condizione nello stato populare, e darebbe loro forse el cuore trovare luogo in ogni modo di vivere. Di costoro, perché hanno secondo li altri condizione ragionevole con questo stato, non è da temere che si mettessino a pericolo per travagliare lo stato, ma è bene da dubitare che venendo uno tratto bello non lo usassino o almeno non lo Iasciassino correre. Nondimeno se gli hanno prudenzia o bontá doverrebbono desiderare che questo governo durassi, perché discorrendo bene le qualitá della cittá, la mala contentezza de* cittadini, le barbe che hanno messo costoro nel contado e qui, possono essere certi che le cose non si possono alterare sanza grandissimo danno e pericolo della cittá; e quando questo non fussi, che loro correrebbono pericolo estremo perché si procederebbe con furore e con rabbia contro a tutti quelli che fussino stati tenuti amici dello stato. In modo che se questi tali la discorressino bene, sarebbono non solo per non contrafare ma per aiutare con tutte le forze la conservazione di costoro; e cosí penso faccino quelli di loro che hanno prudenzia. Ma perché li uomini non sono tutti savi ed e’ piú si ingannano ne’ casi loro particulari, io non darei iudicio fermo dello animo di una grande parte di costoro.

Restaci lo universale della cittá, el quale per molti respetti non è contento di questo governo. Pareva loro a tempo del populo avere parte nello stato: riconoscono male volentieri lo essere loro da uno o pochi particulari; dispiace non essere liberi in fare e’ parentadi a modo loro; temono, massime e’ danarosi e mercatanti, non essere battuti colle gravezze e maneggiati nel danaio; in modo che tutte queste cose recono per sdegno e per paura mala contentezza nello universale, e ne [p. 265 modifica] seguita che, faccendo bene el conto, costoro ci hanno pochi amici e si possono fidare di pochi, che sono in fatto quelli che sono beneficati da loro, e quelli massime che dubiterebbono in una altra mutazione non avere parte. E però avendo a reggere e governare in una cittá piena di uomini sospetti ed inimici, bisogna tanto piú maturitá e prudenzia, ed esaminare e fermare bene con che modo si abbi a guidare questa barca. Ed a me pare che la principale e piú importante resoluzione che si abbi a fare, sia se è a proposito carezzare e trattenere lo universale della cittá, distribuire li onori e li utili con quella equalitá e convenienzia, non dico che si fa in uno vivere libero e populare, ma che sopporta uno stato simile, e volere sí viva giustamente e del suo sanza lasciare fare torto a persona e permettere che e’ piccoli sieno oppressi da’grandi; overo se è meglio, ristrignendosi a uno numero certo e determinato di partigiani, girare in loro tutti li onori ed utili, lasciarli valere estraordinariamente e di quello del compagno, ed in effetto, trattenuti e carezzati questi tali, volere che tutti li altri sieno quelli che sopportino poudus dici et estus.

Questa è la piú importante resoluzione che caggia in questa materia, ed ha trovate opinioni diverse, perché molti, o perché la ragione insegni loro cosí o perché la voglia e lo appetito del valersi gli muova, giudicherebbono che fussi non per elezione ma per necessitá, da tenere la via seconda. Alléganne che el primo intento di chi regge e governa ha a essere di conservare sé e lo stato suo, ed avendo questo intento li bisogna tenere bassi e battuti quegli che li sono inimici e non si possono guadagnare per amici, e di questa sorte dicono essere non solo quelli che si sono scoperti particularmente inimici de’ Medici, ma in genere tutto lo universale della cittá; el quale non ha odio con loro per ingiurie e paure private, né perché governino ingiustamente, ma solo perché avendo gustata diciotto anni la dolcezza di quello vivere populare, vorrebbono ritornarvi ed ogni altra cosa dispiace loro. E però né co’ portamenti buoni, né col favorire la iustizia, né col distribuire largamente li onori e li utili si satisfaranno; anzi [p. 266 modifica] sempre desidereranno mutazione per ritornare a quello consiglio grande e travagliarsi nel governo ed amministrazione publica.

Se adunque e’ Medici hanno tanti inimici che sono implacabili e che sempre a ogni occasione si solleveranno, sono forzati a fare dua cose: la una, batterli e dimagrarli acciò che li possino offendere meno,’la altra, opporre loro uno numero forte di amici e’ quali bisogna farsi partigiani e farli gagliardi e potenti collo ingrassarli ed arricchirli. 11 che non si può fare altrimenti che col volgere a questi li onori ed utili, col lasciarli crescere e valersi, perché da questo seguirá che vedendosi volgere tanto buono essere, ameranno svisceratamente la grandezza loro e per conservarla si metteranno a ogni pericolo, conoscendo che con quello de’ Medici si giucherebbe lo stato loro, ed essendo arricchiti saranno di piú forze e di ’ piú autoritá a mantenerli. Nessuna amicizia oggidí si misura se non quanto è accompagnata dalla utilitá, e dove non è questa non si può avere nessuna fede. Però bisogna quelli che lo stato elegge e disegna avere per amici, incorporarsegli in modo che vi vegghino drento tanto guadagno, ed e converso tanta perdita mutandosi lo stato, che li sforzi a conservarlo non-solo l’amore ma piú tosto la utilitá, anzi necessitá. La quale seguiterebbe gagliarda con questi modi; e massime che offendendo altri, ed a petizione dello stato e per le cupiditá loro private, temerebbono nelle mutazione non solo del perdere li onori ma le facuitá e la vita, e però sarebbe forza che non avessino rispetto a nulla per mantenerli. Ogni altro modo che si pigli è vano, perché li inimici rimangono assai e potenti, li amici pochi, freddi e non gagliardi. Queste e simili sono le ragione di quelli che persuadono questa parte; le quali benché paino colorate, io nondimeno ne sono in diversa opinione.


Note