Dieci lettere di Publio Virgilio Marone/Codice nuovo di leggi del Parnaso italiano

Codice nuovo di leggi del Parnaso italiano

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Dieci lettere - Lettera decima Dieci lettere di Publio Virgilio Marone
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C O D I C E   N U O V O

D I   L E G G I   D E L   P A R N A S O   I T A L I A N O

Promulgate e sottoscritte da Omero, Pindaro,
Anacreonte, Virgilio, Orazio, Properzio, Dante,
Petrarca, Ariosto, ne’ Comizj Poetici
tenuti in Elisio.


I.

NOn si mettano i giovani allo studio di Poesia come le gregge. Un di cento coltivisi, alcuni pochi se ne informino leggermente, il resto non si strazi con molt’ore d’eculeo, e di tortura ogni giorno, e col tormento inventato da Mezenzio.

II.

Diasi loro piccol compendio di pochi precetti, e subito i buoni esemplari da leggere. Cento versi di buon Poeta insegnano più che tutti i tomi de’ Precettori. Questi si diano a coloro che son fatti per ruminare, siccome i bovi, per non sapere che farsi.

III.

Non usurpino più le scuole i talenti dal Ciel destinati alla Milizia, all’Aritmetica, ed all’Aratro.

IV.
La Poesia latina si legga, ed intenda affin di perfezionare l’italiana. Chi pretende di riuscire [p. 66 modifica]
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eccellente poeta latino, essendo nato italiano, condannisi a comporre dentro d’un mausoleo, poiché scrive a i morti.

V.

Non si leggano Galli, o Britanni Poeti se non se all’età di 40. anni, quando non è più tempo di poetare.

VI.

Non si permettano poesie amorose fuor che a vecchi poeti di 60. anni perché si riscaldino; ai giovani nò, perché non raffreddino se e gli altri. Ciò per un secolo, finché si purghi de’ ridicoli amori il Parnaso Italiano.

VII.

L’Arcadia stia chiusa ad ogn’uno per cinquant’anni, e non mandi Colonie, o diplomi per altri cinquanta. Colleghisi intanto colla Crusca in un riposo ad ambedue necessario per ripigliar fama, e vigore. Potranno chiudersi per altri cinquant’anni dopo i primi, secondo il bisogno.

VIII.

Le Accademie più non ammettano fuor che coloro, che giurino legalmente di voler esser mediocri tutta la vita. Color che avessero mire più alte ne siano esclusi.

IX.

Pongasi Dazio su le Raccolte per Nozze per Lauree, ec. Un tanto paghi lo Stampatore, un tanto [p. 67 modifica]il Raccoglitore, un tanto il Poeta pro rata, e il doppio di tutti il Mecenate. Paghino pure i Giornalisti, Eruditi, ec., che ardiscono sentenziare, e parlare di Poesia.

X.

Scrivasi su la porta di tutte le pubbliche Librerie a grandi caratteri: «Ignorerai quasi tutto, che qui si contiene, o viverai tre secoli per leggerne la metà».

XI.

Facciasi una nuova Città, le cui strade e piazze e case sol contengano libri. Chi vuol studiare vada a vivere in quella per quanto tempo ha bisogno, altrimenti le Stampe non lasceran presto alcun luogo alle merci, ai viveri, agli abitanti nelle Città.

XII.

Uno Spedale vastissimo sia eretto, la cui metà sia destinata per gl’Italiani Poeti non dalla natura, ma dalla pazzia condotti a far versi: l’altra a chiunque pretenda di guarirli, e di far risorgere il Buon gusto, e di toglier gli abusi della Italica Poesia con sole parole, ed esortazioni.