Dieci lettere di Publio Virgilio Marone/Dieci lettere/Lettera decima

Lettera decima

../Lettera nona ../../Codice nuovo di leggi del Parnaso italiano IncludiIntestazione 20 maggio 2010 100% Da definire

Dieci lettere - Lettera nona Codice nuovo di leggi del Parnaso italiano
[p. 61 modifica]
350
350

L E T T E R A   D E C I M A

Ai Legislatori della nuova Arcadia P. Virgilio Marone; Salute.


FUrono affisse più copie della Riforma qua e là negli Elisj pe’ vari boschetti a’ Poeti Italiani assegnati. I più antichi e più illustri di loro soffrirono in pace il giudizio severo intorno a loro fatto da noi; ma gli altri ne furono molto scontenti. Color soprattutto, che se ne videro esclusi, e neppur vi trovarono il nome loro, gran lamenti ne fecero, ed avrebbon più tosto voluto sostenere le critiche, purché vi fossero nominati. Non è cosa più grave a un Poeta quanto il vedersi dimenticato. Vi furon tra gli altri i Settecentisti, che sel recarono a offesa. Ma noi li femmo avvertire, che il tempo esser deve il giudice primo dell’opere, e delle poetiche cose principalmente; esser eglino ancor troppo giovani; vivere i loro amici, i loro Concittadini, i Coaccademici loro, e quindi al secolo susseguente doversene riserbar il giudicio, perché potesse riuscire sincero, e libero veramente. Or vedendo la turbazione, che mostravano tutte quell’ombre del torto lor fatto, e parendo male ad alcuno, che tante rime, e fatiche dovessero andare in perdizione, il Fracastoro, che sà talora opportunamente scherzare, io, disse, siccome Medico, il carico prendo di non lasciar perire tanta ricchezza. I Medici e gli Speziali d’Italia si lagnano di veder l’arti lor decadute, ed han [p. 62 modifica]rossore d’essere ridotti a non usar altro oggimai, fuorché la China-China, le cavate di sangue benche senza numero fisso, e le Tisanne. Io trovo di potere soccorrere gli uni e gli altri ampiamente con la gran suppellettile di Poesie, che rimangono inutili, e condannate all’oblio dopo il bando lor dato dagli antichi. Uditemi, e decidete. Io dico per esempio.

Sonnifero efficacissimo. Recipe.

Una Scena o due prese a caso dalla Rosmonda, dalla Sofonisba, dal teatro del Gravina, e stemperate con mezza scena delle Comedie moderne.

Purgante prontissimo. Recip.

Alcune carte dell’Iliade tradotta dal Salvini mescolate con qualche Prefazione, o Prosa Fiorentina.

Strignente e indurante. Recip.

Tre o quattro versi lirici dell’Abate Conti, una strofe de’ Cori delle sue tragedie; si leghino con un terzetto Dantesco.

Vomitorio infallibile. Recip.

Venti versi, detti Alessandrini, con infusione d’ingiurie, e di pedanteria, come s’usa.

Emolliente. Recip.

Un Recitativo, e un’arietta di dramma involti in una carta di Musica, e così applicati alla parte.

Vescicanti. Recip.

Un capitolo dell’Aretino, impastato delle quistioni intorno alle Lammie, ai Teatri, all’Usura, alla Magia, al Probabile ec. ec. secondo il metodo de’ Novellisti letterarj. Fanne il Cerotto caustico, ma levalo dopo un’ora, e avrà operato.

E così dite del resto, che troppo lungo sarebbe dir tutto. Voi vedrete una Farmaceutica nuova, e forse più utile dell’antica. Così tanti versi potran servire ad [p. 63 modifica]un’arte necessaria al pari dell’altre. Già per la Poesia non erano certamente.

Dopo che gli uditori ebbero alquanto al pensiero sorriso, e fatto plauso del Fracastoro, soggiunsero infine doversi con certe leggi dar forza alla nuova promulgazione della Riforma, perche quella non gioverebbe, se rimanessero ancora gli abusi introdotti in ogni parte d’Italia.

A toglier questi pertanto stabilirono alcune regole per gli studj, e per la letteratura Italiana universale; e diedero a queste espresso consenso Dante, Petrarca, Ariosto, e gli altri primarj insieme co’ Greci, e Latini. Voi le troverete al fine di questa mia lettera.

Frattanto, Arcadi illustri, io vi prego e scongiuro, per la comune carità della Patria, e della Poetica, che vogliate con l’autorità del vostro gravissimo tribunale dar forza a queste leggi, e promovere fermamente la integrità, e la gloria dell’italica Poesia, che in voi tutta s’appoggia, e spera. Incitate e ravvivate tante anime copiatrici, e servili; imponete silenzio a tante altre gelate, insensibili, e morte ad ogni pittorica Scena, ad ogni immagine splendida, ad ogni nobile, e ardente affetto, ad ogni nuova felice ardita finzione; dannate infine, e flagellate tanti abusi funesti, che tutta guastano la bellezza della vostra lingua, e degl’ingegni nati tra voi a gran cose. Siete pur Voi Mallevadori ed Arbitri del Buongusto in Roma, Voi dittatori del Parnaso Italiano, Voi che per instituto provveder dovete, che la Repubblica delle lettere detrimento alcuno non prenda, e bandir, come veri Romani, ed arruolare, ed in campo mostrarvi, qual facevasi anticamente al sorgere guerra più minacciosa, che col nome chiamavasi di Gallico Tumulto. Voi dunque rendete utile il [p. 64 modifica]mio zelo, e quello de’ Padri vostri Greci, e Latini, e non soffrite, che tante ombre gravissime abbiano sentenziato, e che sin d’oltre Lete, ed Acheronte abbian mandato indarno soccorso alla vostra Poesia. State sani.