1857

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5 Gennaio. — Essendo oramai un fatto troppo pubblico, di cui senza riserva si parla dai Palatini stessi, così credesi di darne cenno, senz’assumer responsabilità sulla fede che gli si debba prestare.

Si dice che negli scorsi giorni il Papa domandò al suo Segretario di Stato qualche schiarimento sullo spirito pubblico e sugli attuali prezzi dei cereali. Questi, per proteggere l’interesse di una troppo nota società di monopolisti, nascondendo il vero, riferì una storia bastantemente plausibile.

Il Papa, però, avendo ordinato una controlleria al cardinale Altieri, conobbe bentosto l’inganno e rivolse rimproveri al cardinale Segretario di Stato. Conosciutasi da questo la provenienza da cui il S. Padre aveva attinto gli schiarimenti che lo avevano tanto compromesso, al primo veder che fece il cardinale Altieri, nell’anticamera pontificia, incominciò a proferire contro il medesimo varie parole risentite, appellandolo, infine, mentitore. Vennero [p. 300 modifica]ricambiate dall’altro, se non con usura, almeno con parità, chiamandolo assassino.

La cosa poi si vuole che procedesse tant’oltre che il cardinale Altieri tirasse una seggiola addosso al Segretario di Stato, e che il Papa, inteso lo schiamazzo, uscisse dalle sue stanze-richiamando all’ordine i questionanti e dichiarandosi altamente scandalizzato.

Si aggiunge, in fine, che i suddetti si scontrarono, dopo poco, in casa del cardinale Macchi, e che colà si verificò scena più seria poichè il cardinale Altieri, provocato da pungenti sarcasmi, dimenticò sè stesso e lanciò contro l’avversario una solenne guanciata.


17. — L’avvocato Filippo Cecchini, uno dei processanti politici cui vennero affidati i processi mazziniani, e che con tanto zelo e probità corrispose ai delicati incombenti, nel giorno 14 corrente ricevette alcuni torti dal ministro dell’Interno, nella sistemazione dell’ufficio. Quindi è che, dichiarandosi offeso nella convenienza, disse a quel ministro Mertel, che le «sue deliberazioni erano prive di senso comune, e che assai meglio si vide trattato da Mazzini e consorti, che dal Governo pontificio, la cui forma non è altro che una sistematica abnegazione della Religione Cattolica. Conchiuse che voleva essere destituito dall’impiego».

A lode del vero, debbe aggiungersi che il Cecchini fu sempre incorruttibile, e la di lui fama su ciò è unica. È poi noto che al medesimo non mancarono offerte pecuniarie nei processi politici, mediante anche cambiali in bianco, e, che tra le altre [p. 301 modifica]vi ebbe quella dal gioielliere Castellani, il quale gli esibì 14.000 scudi perchè gli salvasse il figlio.


18 Aprile. — Ai 10 corrente, col solito Avviso di monsignor direttore generale di Polizia, si preveniva il pubblico che nella sera di Pasqua ci sarebbe stata la solita illuminazione della cupola ed ai 13 la Girandola. Agli 11 un dispaccio telegrafico avvisava che l’imperatrice delle Russie sarebbe arrivata in Roma ai 13. Altro dei 12 significava che, stante il tempo cattivo, non si era imbarcata.

In seguito a ciò, dalla Segreteria di Stato si stabilì di sospendere tanto l’illuminazione che la girandola. Però, non si pensò di darne avviso al pubblico. Quindi, nella sera, il solito concorso alla piazza di S. Pietro, e, stante tale delusione, lagnanze e declamazioni generali e questioni.

Intanto vi furono alcuni che riguardarono un tale avvenimento come anti-religioso ed anti-politico, sia per essersi trascurato un omaggio alla solennità Pasquale, cosa molto rimarcata dal basso popolo in particolare, sia per aver dato luogo a qualche osservazione dei diplomatici.


25. — Tornando nuovamente sull’oggetto del differimento della illuminazione della cupola nella vigilia di Pasqua, alcuni osservano che ciò possa essere stato per misura politica.

Dicesi che il generale francese avesse un dispaccio telegrafico, in quello stesso giorno, sulle cospirazioni settarie di Parigi, le quali potevano avere una collegazione con Roma, e che così si adottasse la sospensione [p. 302 modifica]della illuminazione. Si rimarcò, inoltre, che nel giorno di Pasqua il generale riunì sulla piazza di S. Pietro (contro anche il volere di monsignore Maggiordomo) tutte le sue batterie di ogni specie e il grosso dell’esercito, lo che, per il momento, $i riferì ad una delle solite sue stravaganze, senza scopo politico ed a mera pompa.

Nel giorno susseguente lo stesso generale passò in rivista le truppe pontificie ed avvisò che avrebbe eseguito una ispezione nei quartieri delle truppe stesse.

Intanto Pasquino, non occupandosi di politica, fece la seguente poesia sulla sospensione della illuminazione:


«Accende lumen sensibus,
» O Paracleto spirito
Da te, da te l’impetro
I lami necessari!
Al Successor di Pietro.
» Quei lumi almen concedigli
Ch'Egli negava a Cristo
Il dì che redimendoci
Risorgere fu visto.
» E che sì ingiustamente
Quei lumi riserbò
Ad onorar la vedova
Di Papa Nicolò».


5 Maggio. — Allorchè, nel giorno innanzi, parti da Roma il Papa1, Pasquino si rammaricò che il Pastore avesse abbandonato il gregge. Marforio [p. 303 modifica]rispose: Sta tranquillo che vi è rimasto il cane (Antonelli).

Ai 31 di aprile fu diramato, dai mazziniani, un foglio clandestino stampato in carta velina diretto «Ai popoli delle provincie».

In sostanza, si enumeravano, in ciascuna città, gli esigli e le morti sanzionate dal Sommo Pontefice, richiamandone l’attenzione onde allontanarli dalle dimostrazioni di ossequio nella circostanza del suo viaggio.


20 Giugno. — Nella sera dei 13 corrente, poco prima della mezzanotte, una turba di circa 40 individui, che aveva poc’anzi assistito ad una serenata, passò avanti al palazzo Bonaparte, in piazza di Venezia, e gridò varie volte «Viva la Costituzione!», quindi si disciolse.


27. — Si parla molto, in Roma, di petizioni indiscrete avanzate dai Bolognesi al Papa, specialmente di riforme.

Marforio, frattanto, era desideroso di sapere quando sarebbe ritornato il Papa.

Pasquino rispose che era partito nel 1857 per ritornare al 1848.





Note

  1. Come si sa, nell’anno 1857 Pio IX visitò i suoi Stati.