Di una monetina inedita della zecca di Messerano
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Frugando l’anno passato in Gaglianico entro un gruppo di vecchie monete fuori corso, già stavo per pentirmi dell’inutile fatica, quando mi cadde sott’occhio una monetina che, non ostante la cattiva conservazione e la piccolezza del modulo, destò la mia attenzione. Infatti non tardai ad accorgermi che essa apparteneva alla zecca di Messerano. Per ciò solo essa era d’un certo pregio; questo poi diveniva maggiore dopochè, avendola inutilmente cercata nel Promis e nel Morel-Fatio, constatai ch’era tutt’ora inedita. — La monetazione dei Fieschi e Ferrero-Fieschi si trova descritta ed illustrata con somma erudizione ed inarrivabile chiarezza nella classica opera di Domenico Promis sulle Monete delle zecche di Messerano e Crevacuore dei Fieschi e Ferrero2; anzi per quanto riguarda le coniazioni d’oro e d’argento, il lavoro del Promis può ritenersi pressochè completo, tanto che in 16 anni dalla pubblicazione di esso non vi si poterono fare che scarsissime aggiunte. La descrizione invece delle coniazioni di biglione e di rami minuto è lontana dall’esservi altrettanto completa, sia che quando l’illustre numismatico torinese pubblicava il suo insigne lavoro non ne fosse ancora nota che una piccola parte, sia che nella innumerevole varietà dei tipi il Promis s’attenesse deliberatamente al sistema di non pubblicare che i principali.
A questa deficienza riparò in parte il Morel-Fatio, il quale nell’illustrare le zecche dei Cantoni Svizzeri, pubblicò pure molte contraffazioni e imitazioni di monete svizzere dovute alle piccole zecche feudali del Piemonte, tra lo quali anche alcune di rame e di biglione delle zecche di Messerano e Crevacuore. È noto come durante i secoli XVI e XVII i Fieschi ed i Ferrero in questi due loro feudi, i Tizzoni a Desana, i Doria, i Malaspina, gli Spinola ne’ feudi imperiali del Genovesato e di Lunigiana e altri nobili signori esercitassero l’arte del falso monetario, usando contrattare le monete migliori e più in corso ne’ maggiori Stati d’Italia e d’Oltre monti, e farne grossissime emissioni a titolo più basso, a lega più scadente e a peso inferiore, con la quale operazione, che oggidì tradurrebbe davanti le Corti d’Assise chi vi si applicasse, realizzavano ingenti guadagni.
Ma anche dopo il Morel-Fatio rimangono inedite molte varietà di tipi editi e parecchi tipi nuovi di monete di rame messeranesi: ed io stesso ne posseggo un certo numero. La monetina, di cui m’accingo alla pubblicazione, non è di quelle che o per la nobiltà del metallo o per la bellezza del conio o per la rarità o per la bontà della conservazione fanno la gioia dei numismatici e degli amatori: si sa che al giorno d’oggi la fortuna di trovare alcuna di tali monete che sia tutt’ora inedita va facendosi sempre più rara; ma non è perciò da disprezzarsi il meau fretin perchè contribuisce ugualmente alla conoscenza della numismatica e della storia e perchè senza di esso riuscirebbe sempre incompleta la descrizione di qualsiasi zecca.
Avverto che il tipo della monetina che passo a descrivere è affatto nuovo nella serie delle monete di rame di Messerano.
“Monetina di rame, portante sul lato diritto il busto del principe volto a destra ed in giro (FRA)NCISCV(S); e nel rovescio una croce con l’estremità di cadaun braccio fogliata e bipartita e sormontata da un punto, ed in giro la leggenda NON • NO • DO... Pesa grammi 0,46.”
L’appartenenza di questa monetasi deduce dalla leggenda del rovescio, che deve completarsi: non nobis, Domine, sed nomini tuo da gloriam, ed era il motto di Ferrero Fieschi3. Il nome che si legge sul diritto, ce la fa assegnare con tutta sicurezza a Francesco Ferrero-Fieschi che fu principe di Messerano e marchese di Crevacuore dal 1584 al 1629. Il principe essendo nato nel 1576 e la sua effigie su questa moneta indicando età già matura, dobbiamo ritenerla coniata non prima probabilmente del 1610.
Questa breve notizia fa parte d’un più lungo articolo su Alcune varietà inedite di monete appartenenti a zecche signorili o feudali del Piemonte destinato per una Rivista numismatica: ma ritenni non inopportuno di pubblicare su un giornale biellese la monetina di Francesco Filiberto, per due motivi; primo, perchè fu battuta nella zecca d’un paese che ora fa parte del circondario di Biella4; secondo, perchò fu rinvenuta nel Biellese; e come corollario di questi due, per un terzo motivo, per risvegliare l’attenzione dei raccoglitori e degli amatori, non essendo impossibile che dove si rinvenne una moneta di Messerano, se ne rinvengano altre. Se le specie d’oro e d’argento erano destinate all’esportazione, quelle di rame correvano nello Stato dei Ferrero e nelle terre finitime soggette a Casa Savoia. Il nostro circondario, che comprende le terre che già furono dei Ferrero, può quindi aver conservato qualche residuo delle copiose emissioni degli antichi signori di Messerano e Crevacuore.
Cesare Poma.
Note
- ↑ Questo articoletto è tolto dal giornale di Biella: L’Eco dell’Industria, Anno XXII, N. 92 e, pubblicandolo, ne rendiamo le dovute grazie all’autore il Prof. Cesare Poma, il quale gentilmente ci accordava di riprodurlo nella nostra Rivista. (N. della R.)
- ↑ Torino, 1869, e Mem. della R. Accademia delle Scienze, serie II, tomo XXIV.
- ↑ Questo motto era comune anche ad un’altra famiglia patrizia biellese: i Fantoni. Nel piccolo Museo di antichi monumenti biellesi, che il compianto Quintino Sella aveva iniziato sotto uno dei porticati della Scuola Professionale, è una lapide sepolcrale di forma quadrata la quale porta scritto sull’orlo in basso: avgv . fantonvs . sua . et . post . e sugli altri tre lati la leggenda non nobis domine | sed nomini tuo | da gloriam. In mezzo evvi lo stemma della famiglia Fantoni, ma di esso non si distingue più che lo scudo accartocciato e sormontato da cimiero nel quale lo stemma propriamente detto era racchiuso. Si rileva però dal Consegnamento del 1614 (Arch. camerale di Torino) che i Fantoni portavano “d’azzurro con un leone d’oro, qual tiene con le zampe una lancia con banderuola d’argento. Cimiero, un leone nascente tenente una lancia simile. Col motto sopra: Non nobis Domine, sed nomini tuo da gloriam.”
- ↑ Durante la signoria di Francesco Filiberto lavorò anche la zecca di Crevacuore. Non rimanendo alcun dato per distinguere se la descritta monetina sia stata coniata piuttosto in una che in altra delle due zecche, l’attribuii a Messerano, essendosi sempre in questa lavorato senza l’intermittenza della zecca di Crevacuore.