Della ragione di stato (Settala)/Libro I/Cap. V.
Questo testo è completo. |
◄ | Libro I - Cap. IV. | Libro I - Cap. VI. | ► |
Capitolo V
Opinione d’altri, che cosa sia ragion di stato.
Altri uomini dottissimi, piú al minuto considerate le azioni, che si dicono per ragion di stato fatte, dopo aver con longhi discorsi cercato in che cosa per concetto commune ella consista, e conchiuso che appartenga alla prudenza politica non disgiunta dalla virtú morale; e di piú avendo considerato in genere la prudenza, e specialmente quella che politica da Aristotele vien detta, e le sue parti consultativa, legumlatrice e giudiciale, e deliberato doversi riporre sotto la consultativa; e inoltre mostrato, che proporzione abbi con la legislatrice, e con le leggi scritte, e con le altri parti della prudenza politica; e di piú avendo detto non contenersi sotto le leggi scritte, ma ben nella viva legge che risiede nella mente del prencipe, quasi che esso prencipe altro non sia che una ragion di stato animata: conchiudono la ragion di stato esser una buona consultazione intorno a’ maggiori beni del governo politico, non obligata ad altra ragione. Spiegano poi le parti di detta diffinizione, dicendo esser posta questa particella, «buona consultazione», come genere prossimo e immediato; e che per buona consultazione dobbiamo intender la prudenza consultativa, in quanto contiene il giudizio e il decreto: e quest’ultimo in particolare, come principal operazione fra quelle della prudenza politica, a cui è la ragion di stato indirizzata per natura sua, essendo la viva legge, che risiede nella mente del prencipe, e riguardando la consultativa e l’elezione dei mezzi, — essa ragion di stato sará parimente indirizzata a questo medesimo oggetto. Avvertono inoltre, che per questa consultativa, che hanno posto per genere, non si debba intendere la sola cognizione; ma trapassare si deve all’azione come ad ultima e principalissima sua operazione. Dice di piú che le due particelle poste nella diffinizione, cioè «intorno a’ maggiori beni del governo politico», e «non obligata ad altra ragione», sono ivi poste per la formail differenza della ragion di stato, dalla quale dipende la sua essenza. Conciosiacosa che queste due condizioni, cioè l’affaticarsi lei intorno a’ maggiori beni della republica, cioè alle cose piú grandi e importanti, e queste o tali in atto, o se ben picciole in apparenza, tali però da cagionare grandi avvenimenti; ed il non essere obligato ad altra ragione, cioè o alle leggi scritte o alle consuetudini e costumi della republica, la formano e costituiscono ragion di stato, facendola differente dall’altre parti della prudenza politica. E si è detto «intorno a’ maggiori beni del governo politico», intendendosi, non che la ragion di stato segnatamente si affatichi intorno a tutte le cose grandi della republica: perciocché in tal guisa ella non sarebbe altro che la legislatrice, o la consultativa in generale, alle quali appartiene spesse volte di determinare cose grandissime, nelle quali nondimeno non averá luogo la ragion di stato; ma che, fra le grandi, riguardi le piú importanti, e in somma quelle, nella risoluzione delle quali consiste la conservazione e salute della republica, onde meritamente fra le cose grandi e importanti si dimandano maggiori. Aver finalmente aggiunto, dice, «non obligata ad altra ragione», intendendosi, che non sia obligata se non alla sua propria e a se medesima, e ad essa buona consultazione, la quale non è altro che ragione e retta e vera ragione. Conciosia che il consultare sia discorrere, e poi eleggere quello che meglio appaia.