Della ragione di stato (Settala)/Libro I/Cap. IV.
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Capitolo IV
Si propone ed esamina un’altra opinione, che cosa sia ragion di stato.
Altri sono stati che, parendogli che le diffinizioni giá proposte fossero tutte manchevoli, meglio la ragion di stato pensarono cosí potersi diffinire: esser una contravenzione di ragion ordinaria, per rispetto di publico e maggior bene; e posto esservi ragion di natura, civile, di guerra, e delle genti, dicono non potersi dire farsi alcuna cosa per ragion di stato, se si può mostrare farsi per ragion di ordinaria giustizia: sí come all’incontro una cosa si dirá esser fatta per ragion di stato, quando non se ne può assegnare altra ragion della giá detta; di maniera, che ella è contravenzione di ragion ordinaria per rispetto di maggiore e piú universal ragione: e siccome il privilegio corregge la legge ordinaria in beneficio di alcuno, cosí questa in beneficio di molti. E perché ragion di stato significa ragion di dominio, dicono questo significare certe profonde, intime e secrete leggi, o privilegi fatti a contemplazione della sicurezza di quella signoria, la quale da Tacito forsi fu detta arcana imperii. Soggiongono poi, per maggior compimento di questa ragion di stato, che, siccome questa corregge alcuna delle quattro sopranominate ragioni, cosí da altra e di gran lunga piú eminente ragione possa, anzi debba esser corretta, che è la ragion divina, o religione: di maniera che a paragone di lei venga ogni sua forza e autoritá abbattuta; dovendosi, non altrimenti che siccome in concorso di ben particolare e universale è preposta la ragion dello stato alla civile, cosí in concorso di religione e d’imperio senza alcun dubbio si deve preporre alla ragion di stato il rispetto della religione. Ma non si accorgono costoro in diverso modo pigliarsi il nome di ragione, nelle quattro specie annoverate, da quello della ragion di stato: perché in quelle significa quello, che da’ latini si chiama jus, o legge; ma in questo a ciò non si stringe, tanto piú presso coloro, che la ragion di stato non legano a legge, né al giusto, volendo che piú presto sia limitazione o derogazione di legge: le quali ragioni ancora hanno materia limitata e determinata, cosa che non si trova nella ragion di stato. Di piú potrebbe facilmente accadere alcuna cosa non compresa nelle leggi, intorno alla quale operando il prencipe per ragion di stato, non apporterá per tale sua operazione al giusto civile alcun ristringimento. L’esempio di ciò si può apportare dall’asilo da Romolo introdotto per ragion di stato, per ingrandire la sua cittá di Roma, apportato pure da loro, come atto che contraviene alla legge civile: perché non so vedere a qual legge si contrafaccia con questa azione, se però non si volesse ancora concedere che un prencipe, assicurando nel suo stato un bandito di un altro prencipe, con cui non ha obligo d’inferioritá, contravenga alla ragion ordinaria e alle leggi civili: il che è falso, come è chiaro a ciascuno. Oltre che quella diffinizione non è convertibile con il diffinito; che però nella buona definizione si ricerca. Perché può un privato (nel quale però non può cadere la ragion di stato) commettere adulterio con la moglie del tiranno per aver commoditá d’ucciderlo e liberar la patria. Contraviene costui alla legge e ragion ordinaria, e lo fa per rispetto del publico bene; non opera però per ragion di stato, non essendo prencipe o signor di stato, né facendolo per commessione del prencipe. Di piú nelle buone republiche la ragion di stato non è trapassamento, trasgressione, o distruzione della legge: ma bene interpretazione, o limitazione; se bene nelle ree bene spesso, operando per ragion di stato, si trasgredisce, anzi si facci contro la legge: basta almeno, che il genere tolto in quella definizione non conviene a tutte le spezie contenute sotto quel genere, che fa difettosa la definizione, come ci insegnò Aristotele nel sesto della Topica. Anzi dell’istesso luogo parimente si può cavare quella definizione non solo per causa del genere esser difettosa, ma ancora per la differenza che limita il genere, che è trasgressione di legge, cioè per rispetto di publico bene, essendo che la prudenza civile e sue parti limitano la legge, e alcuna volta la trasgrediscono per il beneficio publico; né sempre, operando cosí, operano per ragion di stato.