Della moneta (1788)/Capitolo IX
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Giambattista Vasco - Della moneta (1788)
Capitolo IX - Non v’è alcun vantaggio politico a proibire le monete calanti
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CAP. IX.
Non v’è alcun vantaggio politico a proibire le Monete calanti.
L
’Impronto del Principe è il garante del titolo e del peso delle monete: ma siccome i monetarj falsi alterano alcune volte il titolo, così il maneggio e la frode degli uomini diminuisce la quantità di metallo ond’era composta la moneta quando sortì dalla Zecca. Queste monete calanti non potranno più rappresentare la medesima quantità di merci, che rappresentavano intiere, e sarà una perdita per lo Stato, se avrà monete calanti in vece di monete giuste. Per evitare questa perdita sogliono i Principi proibire ch’abbian corso in commercio le monete nobili scemate del loro giusto peso, oltre ad una picciola quantità espressa dalla legge. Quanto alle monete erose il calo non suol esser grande, perchè la frode degli uomini non vi trova un lucro, che compensi la fatica ed il pericolo, e il danno della giornaliera consumazione si trascura, perchè troppo picciolo. Osservo però, che se il Principe non accetterà monete calanti pei tributi, non avrà giammai alcun danno l’Erario dalla circolazione di tali monete. Se non sarà costretto alcuno ad accettarle in pagamento de’ suoi crediti, non vi sarà nemmeno alcun danno pe’ sudditi: mentre sussistendo tuttavia la libera circolazione delle monete calanti, la Nazione non avrà, secondo me, minor quantità di metallo monetato, che se le monete calanti fossero proibite. In fatti o calano le monete pella corrosione che hanno sofferto circolando per lo Stato, o entrano nello Stato già diminuite di peso. Nel primo caso non v’è alcuna legge, che possa impedire la perdita che risulta dalla somma di queste picciole consumazioni; perchè l’attività delle leggi politiche non arriva mai a vincere la necessità fisica. Nel secondo caso supposta libera la circolazione, certa cosa è, che niuno accetterà le monete calanti al medesimo prezzo delle giuste, ma vorrà essere bonificato, per esempio, di tanti soldi per ogni grano d’oro1 ovvero accetterà uno Zecchino calante al corso dello Zecchino giusto, quel mercante, ch’avrà già contrattata la sua merce a un prezzo più alto del giusto, il che ritorna al medesimo. Riguardo alle monete d’argento, quando il calo sia considerabile si vedrà ben presto scemato il loro valere numerario nel corso comune del commercio, come ne fa fede la universale sperienza. Se le monete calanti non saranno proibite presso le Nazioni straniere, ne sarà tanto maggiore l’introito e l’uscita, e questa circolazione sarà particolarmente vantaggiosa nel caso, che non è infrequente, di trovarsi quasi tutte calanti le monete che più abbondano in commercio, come sono i Gigliati. Quando poi fossero presso le Nazioni confinanti vietate le monete calanti, non potendo servire esse allora per pagare i tributi al Principe nè i debiti del commercio esterno, nè essendo obbligato alcun privato ad accettarle in soddisfazione del suo credito, è necessaria conseguenza, che nel corso comune della Piazza si scemi considerabilmente il valore delle medesime, finchè non siano apprezzate, che al valor del metallo o poco più, e potrebbero allora cavarne profitto le Zecche e gli artefici, prevalendosi per la fusione di queste monete a preferenza delle giuste, che spesse volte sono forzati a rifondere.
Note
- ↑ Il tacito consenso dei negozianti è sempre stato quello, che ha dato qualche rimedio ai cattivi sistemi di monetazione. Si è dato il caso, che fossero proibite le monete calanti, e che non se ne trovassero di giusto peso: Cos’han fatto i negozianti? hanno introdotto l’uso di pagar oro in carta, che vuol dire, fare un rottolo di monete d’oro, e pesarlo tutto insieme, bonificando a tanti soldi per uno i grani che mancavano all’intiera somma. Ho visto in una piazza di commercio spendersi col bonificamento del calo ogni moneta per quanto mancasse dal giusto peso. Uso eccellente.