Della moneta (1788)/Capitolo III

Capitolo III - Valore numerario della moneta

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Capitolo III - Valore numerario della moneta
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CAP. III.

Valore numerario della Moneta.


T
Utti sanno come sono state attribuite alle monete le denominazioni di lire soldi e denari. S’esprimevano con tali denominazioni i giusti rapporti delle specie inferiori colle superiori delle monete, e corrispondevano così bene le denominazioni ai valori veri, come corrispondono adesso i nomi di braccio palmo pollice linea ec. ai rapporti reali fra le quantità denominate da tali misure. Ma essendosi per varie cagioni variati i rapporti fra il valore d’una specie di moneta, ed il valore d’un’altra specie, e principalmente fra le monete di rame e quelle d’argento, fra queste e e quelle d’oro, ne avvenne che un soldo d’argento non equivaleva più a dodici denari di rame, ma a quindici. Non si è tralasciato perciò di calcolare dodici denari per ciascun soldo, ma la moneta che prima valeva un soldo, di poi si è valutata un soldo ed un quarto. E così delle lire, dei fiorini ec. Quindi in breve tempo non si trovarono più quasi monete effettive, che corrispondessero ai nomi di denaro soldo o lira, ma tali nomi si conservarono per l’uso del calcolo. Si sono per [p. 15 modifica]tal cagione distinti nella moneta due valori, uno chiamato intrinseco, consistente nei veri rapporti di quella moneta con le altre e coi generi, l’altro chiamato numerario, cioè di lire soldi e danari1. Lo stesso avvenne coi generi, de’ quali si poteva dire indifferentemente, che vagliono, per esempio, un fiorino effettivo, che vuol dire un dato peso d’oro monetato, e quattro, sei, otto ec. lire di numerario. Il grand’uso dei valori numerarj nelle operazioni del calcolo ha fatto, che nell’interno commercio e nei contratti si è preferito di valutar i generi pel numerario, all’uso di valutarli per le specie effettive di monete. Così i nomi di lire soldi e danari divennero la comune misura con cui si determinarono i valori relativi di tutte le monete, e di tutt’i generi. I Principi, che soli coniavano moneta, perchè il solo pubblico impronto poteva garantirne il peso ed il titolo, non fecero altro in principio, che mettere l’impronto di soldo ad una moneta, il cui valor vero fosse [p. 16 modifica]duodecuplo del valor vero di quella moneta, che si chiamava denaro, e così delle altre. Adattandosi poscia al comune uso di ragguagliare le monete ai nomi divenuti già ideali di lire soldi e danari, determinarono nelle loro tariffe i valori relativi di tutte le monete, dicendo, per esempio, lo Zecchino vaglia tante lire, lo scudo tante lire e tanti soldi ec. Quindi sedotti a poco a poco parte dai pubblici bisogni, parte dall’erronee persuasioni de’ Giureconsulti, che soli avevano il maneggio dei pubblici affari, credettero cosa affatto dipendente dal loro arbitrio l’assegnare un maggiore o minore valor numerario a ciascuna moneta. Non è ancor qui il luogo di mostrar gl’inconvenienti, che nacquero dalle capricciose e sproporzionate fissazioni de’ valori numerarj, fatte alle monete dalle legali tariffe. Ma siccome per un gravissimo sbaglio, che ha occupato la mente dei politici e del popolo, si sono spesse volte confusi i valori numerarj delle monete coi reali, e si è creduto ch’una moneta, cui fosse accresciuto dal Principe in una nuova tariffa il valor numerario, valesse veramente più che non valeva prima, così mi ristringerò in questo capo a svellere questo fatalissimo pregiudizio dalla mente di chiunque ne fosse ancora imbevuto.

In una Nazione, ch’abbia i valori numerarj [p. 17 modifica]corrispondenti esattamente ai veri valori reciproci delle monete, fingiamo che il Principe con nuova tariffa muti i valori numerarj delle medesime. O saranno cambiati i numerarj di tutte le monete in giusta proporzione, o nò. Se saranno cambiati i numerarj proporzionalmente, talchè così stia il nuovo numerario, per esempio, dello scudo, al numerario antico, come il numerario nuovo del Luigi, dello Zecchino, e di tutte le altre monete, al numerario antico, allora le monete non avranno sofferta variazione alcuna ne’ loro valori reciproci, tanto fra di loro, quanto relativamente ai generi. Si cambierà colle medesime specie d’argento la medesima moneta d’oro. Si comprerà egualmente come prima un cappello con uno Zecchino, due pani colla stessa effettiva moneta di rame ec. solo saranno cambiati i valori numerarj di tutti i generi, e chi aveva mille lire di rendita non ne avrà, per esempio, che 950 ovvero 1050, e ciò che valeva prima una lira, ora si valuterà ventuno o diciannove soldi ec. L’influenza maggiore di un tal cambiamento sarà nei tributi che si danno al Principe, e negli stipendj ch’egli dispensa ai Sudditi, ogni qualvolta siano i medesimi fissati a ragion di valore numerario, e non in monete effettive. Perchè crescendo il numerario delle monete si [p. 18 modifica]pagheranno i tributi e gli stipendj con un minor numero di monete effettive, e così al rovescio. Ma se il Principe assegnerà un nuovo numerario alle monete che non sia proporzionale all’antico, cosicchè essendo prima valutato, per esempio, il luigi 24. lire, ed ogni scudo d’argento lire sei, si dia agli scudi il valore di lire sei e mezza, lasciando ai luigi il valore di lire 24., allora i negozianti non vorranno certamente dare un luigi e due lire in cambio di quattro scudi, e per quel genere, ch’era prima valutato sei lire e mezza, non vorranno contentarsi d’uno scudo. Pertanto accresceranno il numerario per tutti i generi dell’8 e per cento, e valuteranno pure il luigi a 26. lire, e non a 24. com’era prima. Avrà dunque il luigi due valori numerarj, uno di tariffa di lir. 24., e un altro, che dicesi abusivo, di lir. 26. e sarà ristituita la proporzione fralle monete nell’uso del commercio; e riguardo ai tributi del Principe, essi si pagheranno sempre con quelle monete che avranno in tariffa maggior valore numerario, onde la nuova tariffa non avrà alcun altro effetto2, che di avere [p. 19 modifica]introdotto un nuovo valore abusivo d’alcune monete, senza giammai alterarne i valori reali. Che se con leggi o pene severe si volesse impedire l’introduzione del numerario abusivo, allora escirebbero in breve dallo Stato tutte quelle monete, che avessero dalla nuova tariffa un numerario minore di quello che secondo le giuste proporzioni ad esse conviene. Vedesi chiaramente da quanto si è detto, che i veri valori delle monete niente dipendono dalle denominazioni che ne formano i valori numerarj. Ma l’uso di queste denominazioni, e i loro cambiamenti, e le leggi tutte relative ai valori numerarj delle monete, sebbene non possano giammai alterare i valori veri delle medesime, non sono però indifferenti allo Stato, cui arrecano gravissimi danni senza produrre alcun vantaggio nè alla Nazione, nè all’Erario, come vedrassi ne’ capi seguenti.

  1. È antica la distinzione de’ valori intrinseci ed estrinseci, ma non sempre a queste voci corrisposero le medesime idee. Per tal cagione il valore risultante dai rapporti delle monete con altre specie di monete o colle merci, io lo chiamerò sempre valor vero, o valore reale, e quello che si enunzia coi nomi di lire soldi e danari, o di simili monete ideali, lo chiamerò sempre valore numerario.
  2. Ciò si deve intendere riguardo alla valutazione delle monete, perchè gli effetti politici delle tariffe legali sono assai considerabili, e se ne parlerà a suo luogo.