Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro III/CAPO XXVII
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Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
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CAPO XXVII.
Che l’amor proprio grandissimamente ritarda
dal sommo bene.
1. Figliuolo, se tu vuoi aver tutto, ti bisogna dar tutto, e non essere tu medesimo cosa tua. Credi pure, che più danno ti fa l’amor di te stesso, che nessun’altra cosa del mondo. Quanto è l’amore e l’affetto, che tu ci hai, tanto più, o meno ciascuna cosa ti si appicca. Se il tuo amore fia semplice e puro, e ben ordinato, e tu non sarai schiavo di cosa che sia. Non istendere l’appetito a quello a che non puoi arrivare; nè quello voler ritenere, che ti può dare impaccio, e rubarti l’interior libertà. Ben è maraviglia, che tu con tutto l’affetto del cuore non ti commetti a me con tutte le cose che tu puoi desiderare, od avere.
2. Or che ti struggi tu di vana tristezza? perchè ti stanchi in cure soperchie? T’acqueta del mio beneplacito, e niente ti farà danno. Se questa, o quella cosa tu cerchi, e vuoi essere qua o là, per istare a tuo maggior agio, e far tuo piacere, non sarai queto mai, nè libero da sollecitudine; poichè in ogni cosa ti verrà trovato qualche difetto, e ci sarà in ogni luogo chi ti contrasti.
3. Questo dunque ti sarà utile; non l’aver tutte le cose esteriori acquistate, o raddoppiate; ma disprezzatele anzi, e fin dalle radici strappate del cuore. La qual cosa tu non dei voler intendere de’ danari, e delle ricchezze, ma e dell’ambir onori, e dell’agognar vana lode, le quali cose insieme col mondo tutte passano via. Picciola sicurezza dà il luogo, ove non sia lo spirito di fervore: nè lungamente durerà pace procacciata da fuori, se il vero fondamento le manchi della fermezza del cuore: cioè se tu non fermi te stesso in me. Tu potresti ben trasmutarti di luogo, ma non migliorarne. Imperciocchè datasi innanzi l’opportunità, e tu presala, t’abbatterai in ciò che hai fuggito, ed in peggio.
ORAZIONE
per la purgazione del cuore, e per la celeste sapienza.
4. Confermami, o Dio, per la grazia del Santo Spirito. Dammi virtù, ch’io sia corroborato dell’uomo interiore, e che d’ogni superflua sollecitudine e angustia sgombri il mio cuore: nè sia tirato da vari desideri di checchessia, o vile, o prezioso; ma tutte le cose guardi siccome fuggevoli e me altresì che passerò insieme con loro: poichè niente è durevole sotto del sole; dove tutto è vanità e afflizione di spirito. Oh quanto è saggio colui, che pensa così!
5. Dammi, o Signore, la celeste sapienza; acciocchè io impari te sopra tutte le cose cercare, e trovarti, e te sopra tutte le cose gustare ed amare; e così giudicare delle altre, secondo che sono, e dalla tua sapienza sono state ordinate. Dammi ch’io accortamente schivi chi m’accarezza, e pazientemente sopporti chi mi contrasta. Poichè quest’è grande saviezza, non lasciarsi muovere ad ogni fiato di parole, nè alla Sirena che mal ti lusinga, porgere orecchio. Conciossiachè in tal modo si segue avanti sicuramente l’impreso cammino.