Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro III/CAPO XLV

XLV. Che non si dee credere a tutti: e del trascorrere facilmente nelle parole.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
XLV. Che non si dee credere a tutti: e del trascorrere facilmente nelle parole.
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CAPO XLV.


Che non si dee credere a tutti: e del trascorrere

facilmente nelle parole.


1. Ajutami, o Signore, dalla tribolazione; poichè dall’uomo non vien la salute. Quanto spesso quivi non trovai fede, dove la mi credetti [p. 222 modifica]trovare! e quante volte dove men l’aspettava, ivi l’ho io ritrovata! Vano è dunque lo sperare negli uomini; ma la salute de’ giusti in te sta riposta, o Signore. Or sii tu benedetto, Signore Iddio mio, in tutte le cose, che c’intervengono. Noi siamo infermi ed instabili, leggermente cadiamo in errore, e siamo mutati

2. E chi è colui, che con tanta cautela, ed avvedimento sappia custodir se medesimo, che o l’una volta, o l’altra non cada in qualche inganno, o dubbiezza? ma quegli, che in te, Signore, si fida, e con semplicità di cuore ti cerca, non cade sì di leggeri. E quando pure egli incorra in qualche tribolazione, comunque ci sia dentro impacciato, egli ne sarà prestamente campato, o consolato da te: essendo che tu non abbandoni chi tiene in te la speranza fino alla fine. Raro è che si trovi amico così fedele, che in tutte le avversità tenga fede all’amico. tu solo, o Signore, tu solo se’ il fedelissimo infra tutti, e fuori di te non c’è altri cotale.

3. Oh come ne seppe bene quella sant’anima,1 la quale disse: La [p. 223 modifica]mia mente è assicurata, e in Cristo fondata. il medesimo fosse di me, nessuno umano timore m’angustierebbe sì facilmente, nè per saettar di parole io non sarei mosso. Ma e chi può antivedere tutte le cose? e chi a tempo prendersi guardia da’ mali avvenire? se quelli che son preveduti, pure ci pungono; or che faranno poi gl’improvvisi, se non gravemente ferirci? Ma perchè non ho io infelice provveduto a me stesso? perchè ho io sì leggermente altrui dato fede? Ma noi siamo pur uomini, nè altro siamo, che uomini fragili; comechè da parecchi noi siamo angeli nominati, e creduti. Or a cui, Signore, crederò io? a cui, se non solo a te? Tu sei verità che non fai, nè puoi ricevere inganno: e per lo rovescio, Ogni uomo è bugiardo, infermo, instabile, e cadevole, massimamente nelle parole; sicchè appena è da creder di subito quello, che ha tutta sembianza di verità.

4.Oh! quanto providamente n’hai tu fatti accorti, che ci dovessimo guardare dagli uomini; e che nemici dell’uomo sono i suoi famigliari; e che non è da credere se altri dica; [p. 224 modifica]Ecco qui, ovvero; Ecco là. Io ho imparato a mio costo; e volesse pur Dio, che ciò fosse per me a maggiore cautela, e non ad aggravare la mia stoltezza. Sii cauto (mi dice cotale) vedi bene, tieni in te quello ch’io ti metto nel cuore. E mentre io taccio, e credo la cosa segreta, nè esso pur sa tacere ciò di che egli mi chiese credenza; anzi di presente e me scopre, e se stesso, e va via. Da siffatte frodi, e da tali uomini imprudenti mi difendi, o Signore, che io non venga alle lor mani, nè mai di tali cose commetta. dammi ch’io parli con verità, e con lealtà, e le lingue scaltrite tiemmi lontane. Da quello ch’io non voglio patire io, debbo pure ad ogni modo guardarmi.


5. Oh! quanto è buona cosa, e pacifica il tacereFonte/commento: 1815b de’ fatti altrui, nè tutte indiscretamente creder le cose, nè di leggieri moltiplicare in parole; a pochi aprire il suo cuore, e il tuo giudizio dimandar sempre, o riguardatore del cuore; nè da ogni soffiar di parole lasciarsi aggirare; anzi voler che tutte le cose, e di dentro, e di fuori si facciano secondo il beneplacito della tua volontà. Oh! [p. 225 modifica]quanto è sicuro per conservar la grazia celeste, schifare l’umana appariscenza, nè quelle cose appetire, che in vista portano ammirazione; ma in quelle a tutto uomo studiarsi, che inducono a emendazione di vita, e a fervore. Deh, a quanti nocque l’essere di virtù nominati, e lodatine troppo presto! ed oh, quanto giovò la grazia guardata in silenzio in questa fragile vita, la quale tutta è nominata tentazione e battaglia!


Note

  1. Nella vita di S. Agata.