Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro III/CAPO VIII

VIII. Della bassa estimazion di se stesso negli occhi di Dio.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
VIII. Della bassa estimazion di se stesso negli occhi di Dio.
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CAPO VIII.


Della bassa estimazion di se stesso

negli occhi di Dio.


1. Parlerò io dunque al mio Signore, che sono polvere e cenere? Se io mi tengo da più, ed ecco che tu mi stai contro: e veridico testimonio mi rendono le mie iniquità, nè io posso già contraddire. Che se io invilisca me stesso, e mi riduca al mio nulla, e d’ogni propria stima mi [p. 136 modifica]spogli, e così com’io sono, mi faccia polvere; e tu mi sarai della tua grazia cortese, e vicino al mio cuore risplenderà la tua luce: ed ogni per quantunque menoma estimazione rimarrà affogata nell’abisso dalla mia nullità, e fia distrutta per sempre. Quivi mi fai tu conoscere quello ch’io sono, che fui, e a che son divenuto; perciocchè io sono pur niente, e nol seppi. Se io sono abbandonato a me stesso,Fonte/commento: 1815b eccomi niente, e tutto infermità: se poi subitamente tu mi riguardi, di presente son fatto gagliardo, e m’empio di novella allegrezza. Ed è gran maraviglia, ch’io sia subitamente da te rilevato, e con tal benignità carezzato, io che per proprio peso sono tratto al profondo.

2. Ciò fa l’amor tuo, prevenendomi graziosamente, correndo al mio ajuto in tante necessità, e guardandomi da gravi pericoli, e (a dir vero) scampandomi da innumerevoli mali. Essendo che male amandomi, io perdetti me stesso: e te solamente cercando, e amandoti puramente, ad un’ora e me e te ritrovai, e più per l’amore nel mio niente sonomi innabissato. Poichè tu, o benignissimo, [p. 137 modifica]adoperi meco sopra ogni merito, e sopra di quello che io ardisca sperare, nè dimandare.

3. Sii tu benedetto, o mio Dio, il quale, quantunque io sia immeritevole d’ogni bene, per la tua magnificenza e infinita bontà non resti mai di far bene pure agli ingrati, e a coloro che lungi sonosi dipartiti da te. Deh! tu rivolgine a te, e fa che siamo grati, umili, e divoti: poichè tu sei la nostra salute, tu la nostra virtù, e la nostra fortezza.