Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro III/CAPO LV

LV. Della corruzione della natura, e della efficacia della Grazia divina.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
LV. Della corruzione della natura, e della efficacia della Grazia divina.
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CAPO LV.


Della corruzione della natura, e della efficacia

della Grazia divina.


1. Signore Iddio mio, che a tua immagine e similitudine mi creasti, concedimi questa grazia, la quale tu mi hai mostrato sì grande, e necessaria a salute; ch’io possa vincere la pessima mia natura, che a peccare [p. 259 modifica]strascinami e a perdizione. Imperciocchè io mi sento dentro della mia carne una legge di peccato, che alla legge contraddice della mia mente, e schiavo mi trae a servire in molte cose alla mia sensualità; nè io posso rintuzzare i suoi movimenti, se non mi stia allato la tua santissima grazia, infusami efficacemente nel cuore.

2. Fa pur bisogno della tua grazia, (e di grazia grande) a poter vincere la natura, che fin dalla giovinezza è correvole al male. Imperocchè com’ella fu nel primo uomo Adamo disordinata e viziata per lo peccato; così in tutti discese la pena di tal reato: in guisa che la natura medesima, che buona e retta da te fu creata, si prende in iscambio della viziosità ed infezione della guasta natura; però che la sua inclinazione lasciata a se stessa, tira al male, e al profondo. Conciossiachè quella poca virtù che pur ci è rimasa, è come una scintilla sepolta sotto la cenere: questa è la stessa ragion naturale, tutt’intorno ingombrata di molta caligine, che nondimeno ritiene ancora il giudizio del bene e del male, e tra il vero, [p. 260 modifica]e ’l falso discerne; comech’ella non abbia forza d’adempiere tutto quello che approva, nè possegga il pieno lume del vero, nè la sanità intera delle sue affezioni.

3. Di qui è, o mio Dio, che secondo l’uomo interiore, dilettomi nella tua legge, sapendo bene che il tuo ordinamento è buono, giusto e santo, condennator d’ogni male, che è da schifare la colpa: ma nella carne io servo alla legge del peccato, mentre più dalla sensualità mi lascio vincere che dalla ragione: e di ciò nasce, ch’io son presto di volere il bene, ma come io mel faccia perfettamente non veggo. Quinci spesse volte io fo di molti buoni proponimenti; ma però che la grazia mi manca, che alla mia debolezza dia mano, per un leggiero contrasto dò addietro, e sì m’abbandono. Donde seguita, che io so la via della perfezione, e come io debba operar veggo chiaro abbastanza: ma gravato dal peso della natural mia corruzione, non so levarmi ad azioni perfette.

4. Oh come sommamente mi è necessaria la tua grazia, o Signore, a cominciare, condurre innanzi, e [p. 261 modifica]compiere il bene! Imperocchè senza essa io non posso far nulla; ma in te posso ogni cosa, per lo conforto della tua grazia. Oh grazia veramente celeste, senza di cui niente sono i meriti propri, nè dono alcun di natura è da pregiare. Niente davanti a te, o Signore, l’arti, niente vagliono le ricchezze, niente la bellezza o la forza, niente l’ingegno, o l’eloquenza senza la grazia. conciossiachè i beni naturali a’ buoni sono comuni ed a’ rei: là dove dono singolar degli eletti è la grazia, o sia la carità; della quale coloro che sono arricchiti, avranno merito d’eterna vita. Ora è questa grazia di tanta eccellenza, che nè il dono della profezia, nè l’operazion de’ miracoli, nè alcun’altra quanto si voglia nobile cognizione, nessuno pregio hanno senza di lei. ma nè la fede, nè la speranza, nè le altre virtù, senza la grazia e la carità, ti son grate.

5. O beatissima grazia, che il povero di spirito fai ricco delle virtù, e l’umil di cuore fornisci di molti beni; deh! vieni, discendi a me, e mi riempi per tempo della tua consolazione, acciocchè per fievolezza, [p. 262 modifica]e aridità di mente non venga meno l’anima mia. Io ten’ priego, o Signore; trovi io grazia nel tuo cospetto: imperocchè la tua grazia a me basta, quando pur niente avessi di quelle cose che la natura appetisce. Se io sia tentato, o travagliato per molte tribolazioni, io non temerò nessun male, mentrechè meco stia la tua grazia. essa è mia fortezza; essa di consiglio mi provede, e d’ajuto. ella di tutti i nemici è più poderosa, e di tutti quanti i sapienti più saggia.

6. Essa maestra di verità, norma di disciplina, luce del cuore, conforto ne’ travagli, dissipatrice della tristezza, allontanatrice del timore, nutricatrice della divozione, madre di lagrime. Or che son io senza di lei, se non arido legno, e ceppo inutile da gettar via? La tua grazia adunque sempre mi prevenga, e m’accompagni, o Signore; e facciami ad ogni ora studioso alle buone operazioni, per Gesù Cristo tuo figliuolo. Così sia.