Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro III/CAPO LIII

LIII. Che la grazia di Dio non si mescola col gusto delle cose terrene.

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Tommaso da Kempis - Della imitazione di Cristo (XIV secolo)
Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
LIII. Che la grazia di Dio non si mescola col gusto delle cose terrene.
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CAPO LIII.


Che la grazia di Dio non si mescola

col gusto delle cose terrene.


1. Figliuolo, la mia grazia è cosa preziosa, nè patisce di mescolarsi a cose a lei stranie, nè a terrene consolazioni. Ti fa dunque bisogno di gittar via tutto ciò che dà impedimento alla grazia, se vuoi riceverne l’infusione. Procaccia d’alcun ritiro, ama di star con te solo, nè cercar di confabular con persona; ma a Dio piuttosto porgi divote preghiere, per serbarti in compunzione di mente, e in purità di coscienza. Tutto il mondo abbilo per nulla; lo intendere a Dio, anteponlo a tutte le cose esteriori. imperocchè tu non potresti già ad un’ora attendere a me, e nelle cose fuggevoli dilettarti. Fa d’uopo che ti dilunghi dagli amici, e da’ conoscenti, e che tenghi vóta la mente [p. 251 modifica]d’ogni temporale diletto. Così prega il B. Apostolo Pietro; che i fedeli di Cristo si portino in questo mondo come forestieri, e pellegrini.

2. Oh quanta fiducia avrà in sul morire quell’uomo, cui nessuno affetto di cosa ritien nel mondo! Ma come si possa avere il cuore così da ogni cosa diviso, non ancora l’infermo animo sel comprende; nè l’uomo animale conosce la libertà dell’uomo spirituale. Ma non pertanto, se altri voglia esser tale, gli è forza di dar l’addio così agli stranieri, come a’ parenti; e da nessuno tanto guardarsi, quanto da se medesimo. Se tu abbi vinto perfettamente te stesso, ti verranno le restanti cose con facilità superate. Compiuta vittoria è quella che l’uomo riporta di sè. essendo che colui che tiene in soggezione se stesso, sicchè l’appetito alla ragione, e questa a me in ogni atto ubbidisca; questi è vero vincitore di sè, e signore del mondo.

3. Se tu desideri montar fin quassù, t’è necessario incominciar virilmente, e alla radice vibrar la scure, e sbarbicare, e distruggere l’occulto amore, che disordinatamente porti a [p. 252 modifica]te stesso, e ad ogni privato bene e terreno. Da questo vizio, che l’uomo ama stemperatamente se stesso, trae l’origine tutto ciò, che egli dee strappare dalle radici: vinto il qual male e distrutto, seguirà immantenente somma pace e tranquillità. Ma però che pochi s’ingegnano di morire perfettamente a sè, nè uscire affatto di se medesimi, pertanto si rimangono in se medesimi avviluppati, nè sopra di sè in ispirito ponno levarsi. Ma chiunque vuole liberamente camminare con me, bisogna che mortifichi tutte le ree e disordinate sue affezioni, nè per amore privato si fermi con desideroso diletto in nessuna cosa creata.