Della imitazione di Cristo (Cesari)/Libro I/CAPO XV
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Traduzione dal latino di Antonio Cesari (1815)
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CAPO XV.
Delle opere fatte per amore.
1. Non si dee commetter peccato per cosa del mondo, nè per amor di persona: ma pure per bene di chi avesse bisogno di noi, si vuol tralasciare alcuna volta liberamente l’opera buona, o anche ad una migliore cangiarla, perchè in quel caso l’opera buona non è perduta, anzi in meglio permutata. Senza la carità l’opera esteriore non giova a nulla; laddove tutto ciò che è fatto per carità, per quantunque picciolo e vile, riesce a frutto. Conciossiachè Dio riguarda più con quanto amore altri opera, che non fa all’opera stessa.
2. Assai fa chi ama assai: assai fa chi fa bene: e fa bene colui, che serve anzi al comune, che al suo piacere. Parecchie volte mostra essere carità ciò, che è anzi carnalità: perciocchè l’inclinazion naturale, il proprio talento, la speranza della mercede, e l’amore delle comodità raro è che vogliano tenersi lungi.
3. Quegli che ha vera e perfetta carità, in nessun atto procaccia per sè; ma questo desidera senza più, che d’ogni cosa ridondi gloria al Signore. A nessuno anche invidia, non amando egli alcun privato piacere, nè volendo godere in se stesso, ma sì in Dio sopra ogni bene bramando d’esser fatto felice. Nè imputa alcun bene a persona, ma a Dio tutti li riferisce, dal quale fontalmente derivano tutte le cose, nel quale siccome in termine tutti i Santi per fruizione riposano. Oh! chi avesse pur una scintilla di vero amore: in verità proverebbe egli ogni cosa terrena essere piena di vanità.