Della congiura di Catilina/XXXIV
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Gaio Sallustio Crispo - Della congiura di Catilina (I secolo a.C.)
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
Traduzione dal latino di Vittorio Alfieri (1798)
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Quinto Marcio rispose loro: che quanto dal Senato chiedevano, posate le armi, a Roma supplichevoli andassero per ottenerlo: che i Padri ed il popolo sempre erano stati così pietosi e benigni da non mai essere invano richiesti. Ma Catilina nell’andarsene al campo, a molti consolari, e ad ogni ottimate scriveva: essere egli oppresso dalla calunnia; non poter resistere alla potenza dei nemici; costretto a cedere al suo destino, volersi confinare in Marsiglia, non per mala coscienza, ma perchè dalla di lui resistenza tumulti non nascessero e torbidi nella Repubblica. Molto diversamente scriveva a Quinto Catulo, che lesse in Senato la seguente sua lettera.