Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro settimo – Cap. IX

Libro settimo – Cap. IX

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De gli architravi, de capitelli, de correnti, o vuoi fregi, de le tavole, mensole, o mensoloni, tegoli, embrici, canali, et altre simili cose appartenenti a le colonne.

cap. ix.


P
Osti i capitelli a luoghi loro, vi si mette sopra l’architrave; sopra l’architrave il fregio, la cornice, et cose simili, che a fare il tetto si appartenghino. In tutte queste cose et tutti, et gli Ionici ancora sono molto differenti da Dorici, ancor che in alcune di dette cose convenghino tutti insieme. Percioche gli ordinano l’architrave in questo modo: vogliono che la sua larghezza da basso non sia niente più larga che il sodo da capo de la colonna, et la larghezza da capo di detto architrave non vogliono che ecceda la grossezza del da piè de la colonna. Le cornici son quelle, che si posano sopra il fregio, et che con loro aggetti escono fuori: in queste ancora osservarono quello, che noi ti dicemmo già, che era necessario in tutti gli aggetti, cioè che eglino uscissino tanto fuori de diritti quanto era la loro altezza. Usarono ancora di fare, che questo lavoro de le cornici si ponesse, che e’ pendesse [p. 171 modifica]per la duodecima parte in dietro, et feciono questo, perche e’ conobbono che que’ membri parevano membri arrovesciati, se eglino sportavano fuori ad angoli retti. Qui chieggo io di gratia a coloro, che trascriveranno questi miei libri, et ne li prego di nuovo, et da capo, che i numeri, de quali noi ci serviremo, sieno da loro scritti con lettere distesamente, et non con caratteri da abbaco, accioche ci si faccino manco errori. I Dorici adunque feciono il loro architrave non punto men grosso, che la metà de la colonna da basso, et in esso posono tre fasce, sotto la prima di sopra de le quali sono distesi alcuni regoletti, da qual s’è l’uno de’ quali spenzolano sei chiodi confitti dal di sotto del regolo, perche vadino a ritenere i correnti, le teste de’ quali escon fuori sino a essi regoli, et questo accioche detti correnti non rientrino in dentro. Tutta la grossezza di questo architrave divisono in dodici parti con le quali si dividono tutte le altre parti che seguono. Innanzi tratto assegnarono quattro di dette parti a la prima fascia da piede, et sei ne assegnarono a l’altra fascia, sopra questa che è quella del mezo, et l’altre due lasciarono a la fascia disopra, et de le sei parti de la fascia di mezo, una disopra fu lasciata a regoletti, et l’altra a chiodi che spenzolassero. La lunghezza di detti regoletti dodici parti, et i vani che furono lasciati puri tra regolo et regolo, furono per diciotto parti; sopra l’architrave posono per fregio i correnti, le teste de’ quali fatte di rilievo a piombo escono in fuori una meza parte; la larghezza di questi correnti sarà quanto la grossezza de l’architrave, et l’altezza una meza volta più, tanto che l’arrivi a diciotto parti: ne la fronte dinanzi di questi correnti s’intaglino per lo lungo tre solchi infra loro con spazii uguali incavati con angoli in isquadra, tanto che la sua apertura si aprirà per una de le assegnate parti: Et i canti vivi da le bande si scantonano per la metà d’una de le dette parti; i vani tra l’uno corrente et l’altro si riempiono di tavole larghe ugualmente dove si habbia a fare qualche bella opera, et pongono i correnti che col piombo loro posino sopra il sodo de le lor colonne: Et le teste de correnti escono fuori de le tavole per una meza parte, et i piombi de le tavole battono apunto con la fascia più bassa del posto architrave. In queste tavole vi intagliano dentro teste di tori, bacini, ruote, et cose simili; sopra ciascuna di queste fasce, et di questi correnti si mette in cambio di cimasa la sua fascia larga due de le già dette parti. Fatto questo vi si pon sopra una cimasina grassa per due parti con disegno a guisa di canaletto. Sopra questa cimasina si distende (che cosi lo chiamo) un pavimento grosso tre parti, che si adorna con vuova piccole cavate forse (s’io non m’inganno) da la imitatione de sassi, che nel pavimento escono fuori del ripieno de la calcina. Sopra questo pongono le mensole larghe apunto quanto i correnti, et grosse quanto il pavimento, et ciascuna si mette di maniera che corrisponda a correnti, che ella ha sotto, et sportano con gli aggetti tanto, che escono fuori dodici parti: Le teste de le quali si segano a piombo, et vi si pon sopra la cimasa: sopra le mensole si fa una gola, de tre quarti d’una parte, ma ne’ vani, che appariscono sotto fra l’una mensola et l’altra, s’intaglia una rosa, o un fiore di branca orsina. Sopra le mensole si pone la fronte de l’opera, cioè il gocciolatoio et la gola con lo intavolato, la quale contiene in se quattro parti, et questa fronte è fatta d’una cimasa, et d’una gola, percioche la gola è una parte et mezo. Se a cosi fatto lavoro si harà a porre il frontispicio, in esso si trasferiscono tutte le membra d’essa cornice; et in qual si sia l’una si pigliano tutte le parti di ciascuno membro apunto secondo il determinato disegno, accioche elle corrispondino apunto a loro piombi, et venghino terminate da le stesse linee. Ecci questa differentia infra i frontispicii et le prime cornici, che sempre ne’ frontispicii si mette sopra le cornici il grondatoio, che appresso de Dorici è una cimasa con un’onda grossa per quattro parti, et detto grondatoio, o cimasa, non si mette mai sopra le cornici, che hanno ad havere adosso il frontispicio, [p. 172 modifica]ma sopra quelle, che non hanno a ricevere sopra di loro frontispicio, si mette sempre. Ma de frontispicii tratteremo dipoi. Et queste furono le cose, che usarono i Dorici. Ma gli Ionici giudicarono et non senza buon consiglio, che sopra le colonne maggiori si dovessino porre architravi più grossi; la qual cosa non senza ragione sarà bene osservare, si come si è fatto ne Dorici. Et per questo effetto giudicarono che si havesse a ordinarle in questo modo: Quando e’ si habbia a fare una colonna alta venti piedi, l’architrave debbe essere alto la tredicesima parte de la lunghezza de la colonna; ma quando e’ s’habbia a fare una colonna lunga venticinque piedi, facciasi alto l’architrave per la duodecima parte de la lunghezza de la colonna. Et se finalmente la colonna havesse a essere lunga trenta piedi, faccisi alto per l’undicesima parte di detta lunghezza; et con questa regola si proceda poi bisognando a le altre. Lo architrave de gli Ionici fuor de la cimasa è fatto di tre fasce, et lo divisono tutto in nove parti, due de le quali ne assegnarono a la cimasa, et disegnarono la cimasa con una goletta; il rimanente dipoi sotto la cimasa divisono in dodici parti, tre de le quali assegnarono a la fascia di sotto, et quattro a la fascia di mezo, et cinque a la fascia di sopra, che viene apunto sotto la cimasa. Furono alcuni che a dette fasce non feciono cimasa alcuna, et alcuni ve la feciono, et di questi furono alcuni, che feciono una gola de la quinta parte, et alcuni che de la settima parte de la sua fascia feciono uno bastoncino. Troverrai oltra di questo che ne gli edificii de gli Antichi simili disegni, et lineamenti furono trasportati et mescolati diversamente da uno ordine ad un’altro, che non ti parranno però da biasimare. Ma sopra tutti gli altri pare che lodassino quello architrave nel quale non era più che due fasce, il quale io credo che sia Dorico, levatone quei duoi regoletti, et quei chiodi. Questo disegnarono in questo modo: Divisono tutta l’altezza in nove parti, una et duoi terzi de le quali ne assegnarono a la cimasa; Et sotto questa ne assegnarono a la fascia del mezo quattro et un terzo, ma a la fascia di sotto lasciarono l’altre tre intere. La cimasa di questo architrave da lato di sopra haveva de la metà del suo spatio un canaletto, o vero guscio con una intaccatura, et de l’altra uno bastoncino; ma a la fascia del mezo sotto la fune detta, fu assegnato per cimasa uno bastoncino de la ottava parte di tutta la fascia, et a l’ultima fascia fu assegnato per cimasa una goletta per il terzo de la sua larghezza; sopra l’architrave posono i correnti, ma le teste di essi non apparivano fuori, come in quelle de Dorici, percioche e’ le segavano al piombo del sodo de lo architrave, et feciono un lavoro coperto d’una tavola continovata che io chiamo fregio, la larghezza del quale è tanto quanto è alto lo architrave che egli ha sotto; usarono di intagliare in questo luogo o vasi, et altre cose appartenenti a sacrificii, o teste di toro scompartite di vano in vano; da le corna de quali pendevano reste di pomi, et di frutte: sopra questo fregio posono per cimasa una gola non mai più alta che per le quattro parti, nè più bassa che per le tre; sopra quella posarono per pavimento il dentello alto per quattro parti, il quale da alcuni fu intagliato, et da alcuni fu lasciato tutto sodo; sopra il dentello posono il bottaccio, o sia pure uno sedile, atraverso dal quale poi eschino fuori i mensoloni, alto per tre parti, et vi intagliarono dentro, gli vuovoli, et sopra questo posono i mensoloni, che coperti da distese tavole sportassino infuori; ma l’altezza di quella tavola, che ritta serve in cambio di gocciolatoio, è alta quattro parti, et quella che adiacere cuopre i mensoloni, è larga sei parti et mezo; sopra questo gocciolatoio fatto di mensoloni, posono embrici alti per due parti, et vi intagliarono dentro o uno bastone, o una goletta: nell’ultimo luogo poi vi era una onda per tre parti, o se pure ti piace di quattro. In questa onda et gli Ionici, et i Dorici intagliavano capi di Leoni, che come doccie mandavano fuori le raccolte acque. Ma si guardavano, che così fatta acqua non [p. 173 modifica]potesse bagnare chi entrava nel Tempio, nè che ella potesse anchora entrare a bagnare dentro il Tempio, et però turavano le fauci di quelle teste, che corrispondevano sopra le porte et sopra le finestre. I Corinthii non aggiunsono cosa alcuna a queste sorti di lavori d’architravi, et fregi, et cornici, eccetto questo, se io bene me ne ricordo, che e’ non messono i mensoloni coperti dinanzi, nè tagliati anco a piombo, come i Dorici, ma ignudi con una forma, simile a una onda, et li messono discosto l’uno da l’altro, altanto che con le teste sportavano fuori, del diritto, ma ne le altre cose seguitarono gli Ionici. Basti haver detto insino a quì de colonnati, che hanno ad haver sopra gli architravi. Ma de le colonne sopra le quali s’haranno a voltare gli archi tratteremo quando diremo de la Basilica. Restanci alcune cose appartenenti a si fatti colonnati da non le lasciare certamente indietro. Conciosia che egli è manifesto che quelle colonne, che hanno a stare a lo scoperto, paiono sempre più sottili che quelle colonne che hanno a stare al coperto: Et quanti più canali farai in una colonna, tanto apparirà più grossa. Et perciò ne insegnano in questo modo: facciasi che le colonne scanalate, che hanno a stare a lo scoperto ristrette intorno intorno da la veduta, sieno alquanto più grosse, o veramente accrescasi il numero de canali. Ma i canali si fanno o diritti per il fuso de la colonna, o vero a torti, che aggirano essa colonna. I Dorici gli fanno diritti per il lungo de la colonna. Questi canali da gli Architettori forno chiamati Strie, et appresso i Dorici erano venti, gli altri ne usarono far ventiquattro: Altri divisono questi canali con un pianuzzo fra l’uno, et l’altro, il quale si fa non meno che la terza, nè più che la quarta parte del vano del canale, et si incavano i canali a mezo cerchio. I Dorici fanno i canali sempiici senza la divisione del pianuzzo; alcuna volta piani, o più tosto incavati per il quarto d’un cerchio, et finiscono detti incavi continovati in uno angolo. I canali de la terza parte de la colonna, che vengono da basso, quasi tutti gli riempierono di canelli, accioche la colonna fosse più gagliarda et manco atta ad essere offesa da le percosse, et da le ingiurie. I canali, che sono tirati per il lungo de la colonna, fanno parere la colonna a gli occhi di chi la risguarda, più grossa che ella in fatto non è. Ma que’ canali, che si avvolgono atorno a la colonna si variano, ma quanto manco si fanno svolgere dal diritto de la colonna, tanto pare la colonna più grossa. Le volte che davano i canali atorno a la colonna, non mai ne usarono più di tre, ne manco di una. Il canale qual si voglia che tu ti faccia da basso ad alto, bisogna che sia tirato con uguale et continovata linea, accioche gli scavi sieno giusti per tutto, et la regola de lo incavarli piglieremo dal canto de la squadra. Hanno i Matematici una linea, che da qual si voglia punto tirata ne la circunferentia d’un mezo cerchio a le teste del diametro di detto mezo cerchio, la chiamano angolo retto, o a squadra. Incavati adunque i lati de canali si hanno ad affondar tanto nel mezo, che in si fatto affondamento termini liberamente il canto de la squadra, toccando i labbri: ma da qual tu ti voglia de le due teste de la colonna scanalata si ha a lasciare uno spatio conveniente, mediante il quale si distinguino i voti de canali da collarini, che atorno atorno gli serrano. Et di loro sia detto a bastanza. Dicono che a Menfi usarono intorno al Tempio di servirsi in cambio di colonne, di statue di dodici cubiti, cioè di braccia nove. In altri luoghi posono colonne con il sodo avvolto vestite di pampani, et piene di uccelletti di rilievo. Ma in quanto a la maiestà, son più convenienti a Tempii le colonne pulite et stiette. Mettonsi insieme certe misure che a metter le colonne in opera, arrecano a maestri facilità grandissima: percioche si annoverano le colonnine, che s’hanno a mettere in una fabbrica, et dal numero di quelle si cava la regola del metterle in opera. Et i Dorici per cominciarmi da loro, se haranno a metter in opera quattro colonne, divideranno la testa de la pianta de l’edificio in ventisette parti; se vi se ne harà a metter in opera sei, si [p. 174 modifica]dividerà in quarantadue parti; et se otto in cinquantasette; et di queste parti se ne assegneranno due a la grossezza di ciascuna colonna. Ma ne le fabbriche Ioniche, dove si harà a mettere quattro colonne, si dividerà la testa de la pianta in undici parti et mezo; ma dove si harà a metterne sei, si dividerà in diciotto; ma se ve ne harai a mettere otto, dividerala in ventiquattro parti et mezo; de le quali ne assegnerai una parte sola a la grossezza di qual s’è l’una colonna.