Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro sesto – Cap. VII
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Leon Battista Alberti - Della architettura della pittura e della statua (1782)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Libro sesto – Cap. VII
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De le Ruote, Perni, Stanghe, o Manovelle, Taglie: et de la grandezza, forma, et figura loro.
cap. vii.
M
A essendoci oltre a queste molte altre cose, buone a bisogni nostri, come sono ruote, taglie, viti, et stanghe, doviamo di esse trattare più accuratamente. Sono certamente le ruote in gran parte molto simili a curri: percioche sempre da un sol punto a piombo premono a lo in giù: Ma ecci questa differentia che i curri sono più espediti, et le ruote per l’infragnervisi dentro il perno, fanno l’officio loro più tardo. Le parti de le ruote sono tre, il circuito maggiore di fuori di essa ruota, il perno del mezo, et quel buco, dove entra il perno. Questo perno alcuni forse lo chiameranno il polo, ma a noi, percioche egli in alcuni instrumenti sta saldo, et in alcuni altri si gira, sia lecito il chiamarlo perno. Se la ruota si girerà sopra uno perno grosso, si girerà con fatica; se intorno ad un sottile, non reggerà a pesi; se il circuito di fuori di essa ruota sarà stretto, si come dicemmo de curri, si ficcherà nel piano; se sarà largo, andrà vagellando hor da una parte, et hora da l’altra; et se peraventura le ruote si haranno a svolgere o da destra, o da sinistra, obbediranno malagevolmente: se il cerchio in che si gira il perno, sarà largo più che il bisogno, rodendo egli se n’esce; se troppo stretto, non gira: infra il perno, et il cerchio in che ci si volge bicogna che sia un mezzano che lo lubrichi, perche l’uno di questi serve per il piano, et l’altro per il fondo del pefo. I curri, et le ruote si fanno d’olmo, et di leccio. I perni d’agrifoglio, et di corniolo, o più presto di ferro: il miglior cerchio di tutti gli altri in cui si gira il perno, si fa di rame mescolatovi un terzo di stagno; le girelle sono ruote piccole: le stanghe, o manovelle sono de la spetie de razi de le ruote. Ma tutte queste cose qualunque elle sieno, o siano ruote grandi volte da gli huomini con lo andarvi dentro, o siano argani, o viti, ne quali instrumenti le stanghe, o ruote piccole, o qual si voglia cosa simile, sono la importanza, la ragione del farle certo tutta nasce da principii de la bilancia. Dicono che Mercurio per questo più che per altro fu tenuto divino, che senza fare gesto alcuno di mani, pronuntiava con le parole sole, quelle cose, che ei diceva, di maniera, che egli era inteso larghissimamente: et se bene io dubito di non potere fare questo, io me ne sforzerò nondimeno quanto più potrò: Conciosia che io mi sono deliberato di parlare di queste cose, non come Matematico, ma come uno artier’ et non dire se non quello, che a me paia di non potere lasciare indietro. Fa per imparare questo di havere in mano uno dardo: Io vorrei, che in esso tu vi considerassi tre luoghi, i quali io chiamo punti, i duoi estremi capi, cioè il ferro, et la impennatura; et il terzo il laccio del mezo; et i duoi spatii, che sono infra duoi estremi capi, et il laccio io gli chiamo raggi. Non voglio disputare, perche cosi sia; Percioche il fatto sarà chiaro da la esperienza. Conciosia che se il laccio sarà collocato nel mezo del dardo, et il capo de la impennatura corrisponderà al peso del capo del ferro, staranno certamente amendue le teste del dardo scambievolmente uguali, et bilanciate (Tav. 10. A): Ma se per avventura la testa del ferro sarà più grave, l’altra de la impennatura sarà superata (Tav. 10. B): nondimeno in esso dardo si troverà uno determinato luogo più vicino a la testa più grave, nel quale riducendo tu il laccio, i pesi subito si bilanceranno l’uno l’altro; et questo sarà quello punto dal quale questo raggio maggiore sopravanza tanto il minore, quanto questo peso minore è avanzato dal maggiore. Percioche coloro, che vanno dietro a queste cose, hanno trovato, che i raggi disuguali si aggiustano con pesi disuguali, purche i numeri de le parti, che si multiplicano insieme, da il raggio, et da il peso del lato destro, corrispondino ad altre tanti contrarii numeri del lato sinistro; perche se il ferro peserà tre, et la impennatura due, il raggio, che è dal laccio al ferro, bisogna che sia due, et quello che è dal laccio a la impennatura, bisogna che sia tre. Perilche corrispondendo questo numero di cinque a l’altro cinque di pari, aggiustate le ragioni et de raggi, et de pesi, staranno bilanciati, et pari. Et se i numeri non corrisponderanno, non staranno pari, ma l’uno capo alto, et l’altro basso. Non vò lasciare questo in dietro, che se dal medesimo laccio a le teste saranno i raggi uguali, mentre che e’ si gireranno, le teste faranno ne l’aria cerchi uguali, ma se detti raggi non saranno uguali, disegneranno ancora cerchi disuguali. Dicemmo che le ruote si fanno di cerchi. Et per tanto si è dimostro che se due contigue ruote, messe in un sol perno si moveranno di un solo et medesimo moto, talmente che mossa l’una, l’altra non si stia, et standosi l’una, l’altra non si muova, cognosceremo da la lunghezza de i raggi in amendue, che forza sia in quale si è l’una di esse: la lunghezza de i raggi, bisogna che tu l’habbia notata dentro al punto di mezo del perno. Se queste cose s’intendono abastanza, la regola di cosi fatte machine, che noi cerchiamo, è assai manifesta, et massime de le ruote, et de le manovelle. Ne le taglie doviamo noi considerare uno poco più cose: percioche et il canapo messo ne le taglie, et esse carrucole ne le taglie servono per il piano, per il quale si ha a fare il moto mezano, il quale noi dicemmo, che era infra il più facile, et il più difficile, per esser quello che non saglie, et non scende, ma si tira a piano ugualmente discosto dal centro. Ma accioche tu intenda come stà la cosa, piglia una statua di mille libre: se questa penderà da un troncone d’uno albero legata con una fune sola, egli è cosa certa che questa sola fune sosterrà mille intere libre. Lega dipoi una taglia a la statua, et metti in essa quella fune per la quale pendeva la statua, et ritorna detta fune al troncone, di modo che detta statua penda sospesa da due funi: egli è certo che il peso d’essa statua è retto da due funi, et la taglia nel mezo bilanciatamente resta stretta. Andiamo più avanti: aggiugni ancora al troncone un’altra taglia, et metti ancora in essa detta fune. Io vò sapere da te quanta sarà la portione del peso, che quella parte de la fune tirata in alto, et poi messa ne la taglia, sosterrà: cinquecento dirai. Non ti accorgi tu adunque che a questa seconda taglia non si può dare maggior peso da essa fune, che ella si habbia, et ella ne ha cinquecento, non ne parleremo più adunque: Insino a qui mi penso havere assai dimostro, che il peso si divide con le taglie; et che per questo i pesi maggiori vengono mossi da minori, et quanto più si adoppieranno simili instrumenti, tanto più si dividerà il peso; perilche avviene che quante più carrucole vi saranno, tanto più commodamente si maneggerà il peso, quasi spartito, et diviso in più parti.