Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro secondo – Cap. XI

Libro secondo – Cap. XI

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Della natura della Calcina et del Gesso; de l’uso, et della sorte loro; in quel che elle convenghino insieme, et in quel che elle sieno differenti; et d'alcun’altre cose degne di memoria.

cap. xi.


C
Atone Censorino biasima la calcina, che si fa di Pietra varia, et non vuole che quella che si fa di felice sia buona ad opera alcuna; oltre ch’a fare la calcina, è molto inutile ogni pietra, che sia esausta, et arida, et che si disfaccia, et che nel cuocerla il fuoco non vi truovi che consumare, come sono i tufi, et le Pietre bigiccie, et pallide, che sono presso a Roma ne Fidenati, et ne Campi Albani. Bisogna volere che la calcina sia lodata da quei, che sanno, che ella pesi il terzo manco, di quel che ella pesò cruda. Oltre che la Pietra ancora, che per natura è troppo sugosa, o troppo humida, si invetria di modo al fuoco, che non è utile a farne calcina. Plinio dice che la Pietra verde, cioè il Serpentino resiste al fuoco grandemente; ma noi sappiamo certo che il Porfido non solo non si cuoce per le fiamme, ma stando in una fornace non lascia mai cuocere i sassi, che gli sono intorno, à bastanza. Nè vogliono ancora le Pietre che tenghino di terra, perche la calcina poi non riesce stietta. Ma gli Architettori antichi lodano grandemente la calcina, che si fa di Pietra molto dura, et molto serrata, et massimo bianca, et pensono che questa non sia scommoda, et a tutti gli altri usi, et nel fare le volte ancora fortissima. Nel secondo luogo lodano quella calcina che si fa di Pietra leggieri in vero, o atta a putrefarsi, ma spungosa, et pensano che questa per lo intonicare sia la migliore, et più trattabile delle altre, et che renda le opere più splendide. Et io ho veduto in Francia che gli Architettori non hanno usata altra calcina, che quella che si fa di frombole (raccolte de fiumi) nericcie, et molte dure, che tu diressi, che fussero felici. Et niente dimeno egli è certo che ella si nelle opere di Pietra, si in quelle di mattoni, ha mantenuto gran tempo eccellente fermezza. lo truovo appresso di Plinio, che la calcina che si fa delle Pietre da far Macine, è molto commoda ad ogni cosa, ma io ho visto per esperienza, che di quella Pietra da Macine, che pare che sia macchiata di gocciole di sale, per essere più rozza, et in oltre più arida, non ne succede questo; ma di quella, che non è macchiata di sale, ch’è più serrata, et che quando si lavora con ferro fa la polvere più sottile, ne succede benissimo. Hor sia la Pietra come si voglia, la di cava sarà molto più utile per fare calcina, che quella, che si raccoglie; et migliore sarà quella, che si caverà di cava ombrosa, et humida, che quella che si caverà di una che sia arida; più trattabile di Pietra bianca, che di nericcia. In Francia presso alle Regioni marittime delli Edui, per carestia di Pietra fanno la calcina di Ostrighe, et di Cochiglie. E’ ancora una sorte di calcina di gesso, che si fa ancor’esso di Pietre cotte, ancora che e’ dicono che et in Cipri, et in quel di Tebe, il gesso si cava delle cave, cotto dal Sole nella superficie della terra. Ma ogni Pietra che se ne fa gesso, è differente da quella che se ne fa calcina: perche ella è tenerissima, et atta a disfarsi stropicciandola, eccetto che una che si cava in Siria, che è durissima. In questo ancora è differente, che la Pietra per gesso non vuole più che venti hore; et quella per fare calcina non vuole manco di sessanta ad essere cotta. Io ho considerato che in Italia son quattro sorti di gesso, due che traspaiono, et due nò, di quelle che traspaiono, l’una è simile alle zolle dell’Alume, o più tosto dell’Alabastro, et lo chiamano cipollato, per essere fatto di sottilissimi scogli, congiunti l’uno sopra l’altro. L’altra è ancora scagliola, ma più presto si assomiglia a sale nericcio, che allo alume. Quelle sorti, che non traspaiono, si assomigliano amendue alla creta molto serrata; ma l’una è alquanto bianchiccia, et pallida, l’altra ha mescolato con questa [p. 45 modifica]pallidezza, colore rossigno: queste ultime son più serrate, che le prime. Infra queste ultime, quella sorte che è più rossiccia, è più tenace. Infra quelle prime, quella che è più pura, serve nell’opere di stucchi a fare statuette, et cornici più bianche. Presso a Rimini si truova gesso sodo, che tu crederesti che fosse Marmo, o Alabastro: di questo ho io fatto segare con la sega a denti, Tavole per impiallacciature commodissime. Accioche io non lasci indietro cosa alcuna, ogni gesso, è di necessità romperlo, et tritarlo con martelli di legno, tanto ch’e’ si converta in farina, et serbarlo amontato in luogo asciuttissimo, bisogna adoperarlo presto, et datali la acqua, subito metterlo in opera. Ma la calcina per l’opposito non bisogna pestarla, ma bagnare le zolle cosi intiere, et bisogna certo ch’ella si spenga assai tempo innanzi, et con gran copia d’acqua, prima che tu la metta in opera, et massimo per metterla ne gli Intonichi: accioche se e’ vi fusse alcuna zolla, che non fusse dal fuoco cosi cotta à bastanza, con lo stare assai in molle si risolva, et si liquefaccia: Percioche quando ella si mette di subito in opera, non bagnata, o spenta a bisogno, ella ha certi sassolini in se ascosi, crudi, che con il tempo si corrompono, et gettano per ciò dipoi certe cocciuole, onde il lavoro non viene pulito. Aggiugni che alla calcina non bisogna dar una gran copia d’acqua a un tratto, ma bisogna si spenga a poco a poco, bagnandola, et ribagnandola più et più volte, insino a tanto, che ella al certo se ne sia inebriata: di poi in luogo anzi che no humidetto, et all’ombra, senza mescolarvi cosa alcuna, si debbe serbare stietta, coperta solamente di sopra, con poca rena, insino a tanto che per lunghezza di tempo più liquidamente si lieviti. Et hanno trovato che la calcina con questo suo lungo lievitarsi, acquista grandissima virtù. Io veramente ne ho veduta per antichissimi, et abondantissimi strati di quella, che è stata lasciata abbandonata (come per molte conietture si vedeva manifesto) per più che cinquecento anni; Et poco fa ritrovata, la veddi humida, et liquida et (per dire cosi) in modo matura, che di gran lunga superava la liquidezza del mele, et del midollo delle ossa. Et non è certo cosa alcuna, che si possa trovare più di questa commoda a qual tu voglia uso: Vuole più rena il doppio se tu la torrai cosi, che se tu la torrai di subito. In queste cose adunque la calcina, et il gesso non convengono: ma nell’altre si bene. Lievala adunque subito dalla fornace, et mettila all’ombra, et in luogo asciutto, et poi ti bisogna spegnerla, perche se tu la serbassi, o nella fornace stessa, o altrove al vento, o alla Luna, o al Sole, et massimo di state, si risolverebbe prestissimamente in cenere, et diventerebbe disutile. Ma di loro sia detto a bastanza. E ne avertiscono che le Pietre non si mettino nella fornace, s’elle non si spezzano in pezzi non minori che zolle: lasciamo stare, ch’elleno più facilmente si cuocono, e’ s’è trovato che nel mezo delle Pietre, et massimo delle tonde, sono alcuna volta certe concavitati, nelle quali rinchiusa l’aria, arreca danni grandissimi: Percioche acceso il fuoco nella fornace, egli aviene mediante o il fuoco, o pure il freddo, che va allo indentro, che ella aria si ristringa, o pure che riscaldandosi finalmente essa Pietra, la medesima aria si converta in vapore; Et è certo ch’egli rigonfia, et rompendo per ogni verso la prigione, in cui si trova, con scoppio, et impeto grandissimo le ne esce, et disturba, et manda sozzopra tutta la massa della fornace; et sono alcuni che hanno visto nel mezo di simili Pietre esservi animali vivi, si di altre diverse sorti, si ancora uno Verme, che ha la stiena pilosa, et assai piedi, i quali certo sogliono arrecare alle fornaci molto danno. Et soggiugnerò in questo luogo alcune cose degne di memoria, vedutesi a tempi nostri; percioche noi non scriviamo queste cose solamente alli artefici, ma alli studiosi ancora di cose degne, perilche ci giova di mescolarci alcuna volta cose, che dilettano, pur che le non sieno fuori di proposito, nè discosto dalla intentione nostra. A Papa Martino fu portata una certa serpe, trovata in Latio dalli scarpellini nelle cave, che si viveva in uno certo gran sasso voto dentro, et chiuso [p. 46 modifica]intorno intorno fenza spiraglio alcuno: sonsi similmente trovate alcune ranocchie, et granchi, ma morti. Et io fo fede, che in questi tempi si sono trovate in mezo d’un bianchissimo marmo frondi di alberi. Il Monte Vellino, che divide gli Abruzzesi da’ Marsi, altissimo più di tutti gli altri, è in tutta la sua cima calvo per una Pietra bianca, et viva: Quivi dalla parte, che guarda verso l’Abruzzi, si veggono per tutto pietre spezzate, piene d’imagini simili alle cocchiglie Marine, non maggiori, che tu non le potessi tenere sotto la palma della mano. Che cosa è quella, che in quel di Verona si raccolgono ogni giorno Pietre, che sono per tutto in terra, intagliate con la forma del Cinquefoglie, con linee terminate, et uguali, scompartite attissimamente, et essattamente finite, et poste l’una sopra l’altra con tanta mirabile arte della natura, che certamente non è alcuno mortale, che possa imitare cosi a punto la sottigliezza dell’opera: et quel ch’è più da maravigliarsi è, che non si truova sasso nessuno di questa sorte, che non stia sozzopra, et che non cuopra questa sua scultura. Onde penserai facilmente, che la natura non habbia fatte tali sculture, con tanto suo artificio, per fare maravigliare gli huomini, ma per suo spasso. Hor torniamo a proposito. Io non baderò quì a raccontare, come e’ bisogni adattare la gola della fornace, et la volticciuola, et la bocca, et più adentro la sedia del fuoco, accioche la fiamma riscaldatasi, respiri, et accioche ella si stia quasi che in certi suoi confini, et che tutta la possanza, et vigore del fuoco concorra, et aspiri solamente a cuocere l’opera. Nè seguiterò di dire in che modo si debba accendere a poco a poco il fuoco, et non lo tralasciare mai, insino a tanto che dalla cima della fornace, esca la fiamma pura, et senza punto di fumo, et che gli ultimi sassi sieno diventati quasi di fuoco. Et che la Pietra non è cotta se non quando la fornaciata per le fiamme gonfiata, et apertasi, sarà poi calata, et riserratasi insieme. Maravigliosa cosa è a vedere la natura del fuoco, percioche se tu levarai il fuoco di sotto alla cotta, diventerà la fornace a poco a poco tiepida da basso, ma sopra da alto sarà ancora di fuoco. Ma perche nel fare gli edificii habbiamo bisogno non solamente della Calcina, ma della Rena ancora, dobbiamo al presente trattare della Rena.