Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro secondo – Cap. X

Libro secondo – Cap. X

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Onde venisse l’usanza de Mattoni, et in che tempo si habbino a fare: che forma habbino ad havere: quante sieno le sorti loro: et della utilità de triangoli: et brevemente de labori di terra.

cap. x.


E
Gli è certamente manifesto che gli Antichi in cambio di Pietre usarono molto volentieri i mattoni. Io certo credo che da prima gli huomini fussero spinti ad usurpare in cambio di Pietre il fare i mattoni per li edificii, mediante la carestia, et la necessità delle cose; ma veduto poi, quanto quella sorte di muraglia sia facile alle opere, commoda all’uso, atta alla bellezza, costante, et ferma alla eternità, seguitarono di fare si l’altre cose, si ancora gli edificii Regii di mattoni. Ultimamente poi o pure a caso, o per industria, ch’e’ si fosse, conoscendo quanto il fuoco valesse a rassodare, et a fare forti detti mattoni; perseverarono hor quà hor là ad inalzare ogni muraglia con detti mattoni cotti. Et per quanto io ho considerato ne gli antichi edificii, Io certo ardirò di dire questo, che e’ non si truova cosa alcuna più commoda a qual tu ti vogli uso di edificii, che il mattone non crudo, ma cotto: dove pur sia usata ragione, et modo nel cuocerlo. Ma diremo altra volta le lodi delle opere di terra cotta. Sia a nostro proposito che nel fare i mattoni bisogna lodare quella terra che tiene di creta, et biancheggia. Lodasi ancora la rossiccia, et quella, che si chiama sabbione maschio. Debbesi schifare la renosa, et quella, che al tutto è sabbionosa; et più che l’altre la pietrosa; percioche nel cuocersi la cosi fatta si torce, et fende; et troppo cotta, da per se si consuma. Non pensano che sia da fare i mattoni subito cavata la terra, ma comandano che la terra si cavi nello Autunno, et per tutto lo Inverno si lasci macerare insieme, e nella Primavera poi, che se ne faccia i mattoni: Percioche se tu gli farai di Inverno, è cosa manifesta che per i diacci si fenderanno; et se tu gli farai nel mezo della State, nel seccarsi si fenderanno in pelle in pelle per il gran caldo. Ma se per necessità pure ti bisognasse farli di Inverno a gran freddi, cuoprili subito di rena asciutissima; et se nella più calda State, cuoprili con paglie humide: Percioche tenuti in questa maniera, non si fendono, et non si torcono. Sono alcuni, che vogliono che i mattoni si invetrino: se pure tu gli vorrai cosi, bisogna avertire che e’ non si faccino di terra sabbionosa, o troppo magra, o troppo arida: Percioche e’ si succerebbono il Vetro: ma bisogna farli di terra che biancheggi, et che sia morvida; et bisogna che si faccino sottili; percioche que’ che sono per sorte troppo grossi, si cuocono malagevolmente; et raro è che e’ non si fendino: ma se ti bisognerà pur farli troppo grossi, provederai a questa incommodità in gran parte, se tu farai loro insino a mezza la loro grossezza con un fuscello uno o più buchi, accioche quindi si possino meglio rasciugare, et cuocersi, andandosene il vapore et quasi che sudore per questi buchi. I Vasellai mettono, sopra le stoviglie il colore di creta bianca, onde aviene che il Vetro fatto liquido vi fa sopra una pelle ugualissima: quello medesimo gioverà ancora al fare de mattoni. Io ho considerato ne gli edificii delli Antichi, che ne [p. 43 modifica]mattoni è mescolata una certa parte di Rena, et massimo della rossa; truovo che e’ vi mescolavano terra rossa, et marmo ancora. Habbiamo provato che d’una medesima terra, faremo mattoni più saldi, et più duri se noi ne porremo a lievitare prima una massa, come se volessimo far pane, et dipoi la maneggeremo, et dimeneremo più volte, che ella sia quasi come cera, et purgatissima da ogni sassolino: Diventano i mattoni nel cuocersi in modo duri, che per la molta fiamma si convertono in durezza di pietra, et fanno una corteccia soda, o sia per il fuoco, mentre si cuocono, o venga pure dall’aria, mentre si rasciugano: il che medesimamente aviene al pane. Sarà adunque bene il farli sottili, accioche habbino più di corteccia, et manco di midolla. Et in questi si può fare esperienza che se si faranno lisci, et puliti, dureranno assai contro alle tempeste. Il medesimo adviene ancora a tutte le terre pulite, che non sono mangiate dalla ruggine: et pensasi che i mattoni si debbino ripulire, et arrotare molto bene, o subito che si cavano della fornace, prima che si bagnino; o bagnati innanzi che e’ si rasciughino; percioche bagnato una volta, et poi rasciutto, indurisce in modo, che consuma, et guasta il taglio al ferro; ma noi li arrotiamo più commodamente quando sono nuovi, et che ancora cuocono. Tre furono le sorti de’ mattoni appresso delli Antichi. Il primo era lungo tre quarti di braccio, et largo mezo braccio. Il secondo era di cinque ottavi di braccio per ogni verso. Il terzo era di mezo braccio per ogni verso. Noi veggiamo ne gli edificii, et massimo ne gli archi, et nelle commettiture, mattoni larghi uno braccio per ogni verso. Raccontano che gli Antichi non gli usaron d’una medesima sorte ne gli edificii pubblici, et ne privati, ma usarongli maggiori ne gli edificii publici, et de i minori facevano gli edifici privati. Io ho avertito et in altre muraglie, et nella via Appia ancora, che vi sono varie sorti di mattoni maggiori et minori, et mi penso che gli usassero variamente, et che e’ facessero, non solamente quel che fusse ad utilità, ma tutto quello che venisse loro in fantasia, o che e’ pensassero, che facesse a bellezza. Ma per non dire cosi ogni cosa; Io ho veduti mattoni, che non sono più lunghi di sei dita, nè più grossi di uno, nè più larghi di tre; ma con questi facevano il più delle volte gli ammattonati per coltello a spiga. Io lodo più che gli altri i triangolari, che e’ facevano in questo modo: Facevano uno mattone per ogni verso di uno mezo braccio, grosso uno dito et mezo, et mentre che egli era fresco, lo fendevano con due linee a traverso dall’uno angolo opposito all’altro, insino al mezo della sua grossezza: Et di quì havevano quattro triangoli uguali. Questi mattoni havevano queste commoditadi: e’ vi andava manco creta, assetavansi meglio nelle fornaci, cavavansene più commmodamente, mettevansi in opera con più abilità, come che in una mano se ne tenevano quattro, il Maestro nel murare con poca percossa gli divideva l’uno dall’altro, et con le teste di questi, faceva apparire gli ordini della muraglia di fuori di mezo braccio, mettendo lo angolo allo indentro; Onde la spesa era minore, l’opera se ne rendeva più gratiosa, et la muraglia più ferma; percioche parendo che nel muro non fusse mattone se non intero, collegati gli angoli a guisa di denti, nè ripieni delle mura, rendevano la muraglia fermissima. Fatti i mattoni, non vogliono si mettino nelle fornaci, prima che sieno secchissimi; et dicono che e’ non sono secchi, se non in capo a duoi anni; et affermano che e’ si seccano meglio all’ombra, et al Sole. Ma di questi ancora sia detto a bastanza, se già tu non ci aggiugni, ch’eglino avertirono, che a fare queste opere, che si chiamano lavori di terra, in fra l’altre è eccellente la terra Samia, l’Aretina, et la Modenese, in Hispagna la Saguntea; et la Pergamea in Asia. Nè per esser breve lascerò questo indietro, che tutto quello, ch’io ho detto insin quì de mattoni, il medesimo si debbe osservare ne tegoli per i tetti, ne gli embrici, et nelle doccie, et finalmente in ogni opera di terra cotta, et di lavori di terra. Habbiamo trattato delle Pietre, restaci a trattare della Calcina.