Della architettura della pittura e della statua/Della architettura/Libro quinto – Cap. XIV
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Leon Battista Alberti - Della architettura della pittura e della statua (1782)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Traduzione dal latino di Cosimo Bartoli (1550)
Libro quinto – Cap. XIV
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De li Edificii privati, et loro differentie: De la Villa, et de le cose da osservarsi nel collocarla, et murarla.
cap. xiv.
I
O vengo hora a trattare de gli edificii privati. Io ti dissi altrove, che la casa era una picciola Città. Bisogna adunque considerare nel farla quasi tutte quelle cose, che si aspettano circa il fare di una Città: che ella sia sanissima, habbia tutte le cose, che gli bisognano, porga di se tutte le commoditati, che giovano a vivervi con quiete, con tranquillità, et con dilicatura. Quali sieno tutte queste cose di lor natura, et quali habbino a essere, et come fatte, mi pare in gran parte haverne trattato ne passati libri. Ma in questo luogo preso il principio d’altronde, comincieremo la cosa in questa maniera. Egli è cosa manifesta che la casa privata si debbe fare per amore de la famiglia, accioche ella vi possa stare dentro commodissimamente. Non sarà commoda a bastanza quella casa, se in quella stessa non vi saranno tutte quelle cose, che costoro hanno di bisogno. Grande è il numero delle cose, et de gli huomini in una famiglia, il quale non potrai a tua voglia distribuire ugualmente ne la Città, et ne la Villa. Conciosia che ne le muraglie de la Città, ti accade che un muro d’un vicino, una grondaia, una piazza publica, una strada, et simili cose, quasi tutte ti impediscono che tu ti possa satisfare a tuo modo, ilche a la Villa non ti aviene, percioche tu hai in Villa ogni cosa più libera, et ne la Città più impedita. Adunque si per altre ragioni, si ancora per questa, mi piace distinguere la cosa in questa maniera: Cioè che altrimenti sieno le habitationi ne la Città, et altrimenti quelle de la Villa per i privati: in amendue queste, altrimenti debbono esser quelle, che si aspettano a Cittadini minuali, et altrimenti quelle che s’aspettano a Cittadini più ricchi, conciosia che i minuali murano solamente per loro necessità, et i più ricchi murano per diletto, et satisfatione de desiderii loro. Ma noi racconteremo quelle cose, che la modestia de gli huomini savii approverà in qualunche sorte di edificii, et però mi pare da cominciare da le cose più facili. Le habitationi ne le Ville sono più espedite, et i Cittadini sono più inchinati a la spesa, a le Ville che dentro. Ma raccontiamo prima brevissimamente alcune poche cose, che giovano molto a principali bisogni de le Ville, et son queste. Bisogna fuggire l’aria cattiva, et il terreno cattivo. Bisogna edificare nel mezo d’una campagna a le radici del Monte, in luoghi che vi sieno acque, luoghi ameni, et paesi sanissimi, et del paese in la parte più sana. L’aria trista, et mal sana dicono che cagiona si tutte l’altre incommoditadi, (de le quali trattammo nel primo libro) si ancora selve più folte, et massime piene di arbori, che hanno le foglie amare, conciosia che l’aria in quel luogo non agitata nè da Sole, nè da venti, vi diventa cruda, si ancora vi cagiona il terreno sterile, et mal sano, dal quale a la fine se tu cercherai cavarne cosa alcuna, saranno selve. Io giudico che e’ si debbe havere la Villa in que’ luoghi, che sieno più convenienti a le case del Padrone che sono dentro ne la Città. Dice Senofonte che a la Villa si vorrebbe poter andare a piede, per fare esercitio, et tornarsene poi a cavallo: Et però non sarà molto lontana da la Città, et la strada non sarà nè difficile nè impedita, ma atta, et accommodata a lo andarvi, et al farvisi portare, o di state, o di verno, o voglia ciò fare per via di carretta, o da tuoi piedi, o forse per Nave, et sarà molto a proposito, se ella non sarà fuori di una porta de la Città a te discosto, ma de la più vicina, accioche tu possa più commodamente, et più espeditamente, senza troppo grande apparato di vestimenti, et senza testimonianza di tutto il popolo, et con la moglie, et con i figliuoli andare, et tornare spesso da la Villa a la Città, et da la Città a la Villa a tuo piacere. Egli è cosa conveniente havere la Villa in que’ luoghi, che andandovisi da mattina i raggi di levante non ti dieno molestia a gli occhi, et i raggi di ponente da sera non dieno ne gli occhi a chi se ne torna a la Città. Oltra di questo debbe essere la Villa in quel luogo, che non sia abbandonato del tutto, non abietto, non ignobile, ma tale che vi si habiti con speranza di ricorvi de la roba: Et allettati da la amenità de l’aria, et da la abbondantia de le cose, et da la piacevolezza de la vita, et senza alcun pericolo. Nè deve ancor esser posta la Villa in luogo troppo celebrato, congiunto o a la Città, o a la via maestra, o al porto, dove concorrino una infinità di Navilii; ma sia posta commodamente, che non vi manchino di simili piaceri; ma che non ve ne sieno ancor tanti, che la tua famiglia sia troppo molestata da la frequentia de forestieri, che passano. Dicono gli Antichi che ne luoghi ventosi non si incarbonchiano mai le cose, ma ne luoghi humidi, et ne le Vallate, che non vi esalano i venti, vi accaggiono spesso simili difetti. Non mi piace già quello, che e’ dicono in tutti i luoghi, che la Villa si debbe edificare in modo che ella sia volta verso il levare del Sole mentre che è l’equinottio. Conciosia che quelle cose, che si dicono de Soli, et de venti, è cosa manifesta che si mutano secondo le regioni; di maniera che non avviene, che sempre Greco sia leggieri, ne i venti Australi mal sani in ogni luogo. Et diceva bene Celso Medico, che tutti i venti, che vengono dal Mare, sono più serrati, ma quelli che si levano di terra, son sempre più leggieri. Et giudico che si debbino schifare per amor de’ venti, le prime foci de le Valli; percioche in que’ luoghi vi sono i venti troppo freddi, se e’ vengono di notte, o e’ sono troppo caldi, se e’ vengono di giorno, riscaldati da le troppe repercussioni de raggi Solari.