Dell'obbedienza del cavallo/Parte I/Capitolo I
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CAPITOLO PRIMO
Che cosa sia l’Obbedienza del Cavallo e da che dependa.
da chi vuole esigere obbedienza dal Cavallo con facilità, ed in breve tempo, e con sicurezza di non pigliare sbaglio, com’è seguito fin’ad ora per mancanza di una tal cognizione, la quale non è stato possibile di rintracciare, stante che la velocità con la quale sono eseguite le azioni e del Cavallo e di tutti gl’altri corpi animati irragionevoli, non dà luogo all’oculare inspezione di poter rilevare circostanza alcuna, dalla quale la speculativa possa dedurre le necessarie conseguenze; e però forza è di ricorrere ad altro partito, che possa somministrare un lume sufficiente a schiarire l’oscurità in cui siamo, per poter porre riparo allo sconcerto ch’essa ha cagionato fin’ad ora.
Il meccanismo delle azioni e del moto del corpo umano non differisce da quello di tutti gli altri corpi animati quadrupedi e bipedi, se non in ciò che porta seco la diversità specifica della costruzione della macchina loro, essendo nell’essenziale simile ed uniforme a quello di tutti gli altri; ma perchè questo può essere eseguito con l’ultima lentezza di moto, e con pausa, facile sarà da esso il rilevare qualunque benchè minima circostanza, che possa esser necessaria a mettere in vista il vero metodo, con cui è eseguito quello del Cavallo, di cui andiamo in cerca; oltre di che potendone ciascheduno fare il saggio nella propria persona, viene anche un tal saggio ad essere una prova di fatto immancabile ed esente da ogni inganno, atta a persuadere e convincere della verità anche i meno intendenti.
Chi vuol dunque acquistare una tal cognizione si ponga diritto sopra i suoi piedi discosti l’uno dall’altro, in tal distanza che siano obbligati a sostenere il peso del corpo in egual porzione; tenga allora ferma ed immobile la vita, e si provi in tal positura a muovere il piede per fare il passo, e toccherà con mano l’impossibilità non solo di eseguirlo, ma nè tampoco di poter far moto alcuno; questo prova che piglia errore chi crede, che dai piedi abbia origine il moto, e che essi da se soli abbiano facoltà di potere eseguire le azioni.
Indi lasci la vita in libertà di potersi muovere a suo talento, e nuovamente si accinga a fare il pasto, ma lo eseguisca adagio adagio, e con la maggior lentezza possibile, e abbracci più terreno che può, per poter meglio rilevare le circostanze più minute; allora non vi troverà ostacolo alcuno, e da tale esecuzione verrà in chiaro, che la potenza motrice è quella che dà moto e regolamento alle azioni, con obbligare il peso della macchina a pigliar sostegno sopra quel piede, che deve formare la base al medesimo.
E nel proseguimento di quest’azione potrà anche rilevare; primo: che nel tempo che il peso va ad aggravare il piede che deve sustenerlo, l’altro che deve eseguire il passo viene insensibilmente, e con l’istessa proporzione alleggerito, talchè alla fine se ne trova del tutto sgravato.
Secondo: che il piede che lo sostiene è obbligato di secondare l’azione sua, con inclinare in avanti quel più che può.
Terzo: che a proporzione, che questo inclina in avanti, l’altro non solo nel principio di tale inclinazione si trova forzatamente sollevato da terra, come si è detto, ma di poi anche dal proseguimento di essa, viene stracinato ed obbligato a secondare lui pure l’azione del corpo.
Quarto: che quantunque il piede, che deve eseguire il passo sia stato sollevato da terra e stracinato in avanti, ciò non ostante non è messo in opera dalla potenza motrice, prima che il piede che sostiene il peso, non sia per terminare il corso della sua pendenza.
Dal che rilevasi chiaramente, che l’azione del passo non è, che un’ondulazione del peso del corpo sopra quel piede, che di mano in mano glie ne va formando la base del sostegno, ed il sollevamento forzato da terra, e lo stracinamento dell’altro piede, non ad altro oggetto è fatto, che per renderlo pronto, e perchè sia a portata di poter eseguire, immediatamente che glie ne venga dato dalla potenza motrice l’impulso, l’incarico suo, ch’è di preparare la nuova base, sopra cui possa essere continuata ed eseguita l’ondulazione.
E questo pure è una prova evidente che i piedi non sono, che istrumenti d’esecuzione.
Quinto: che posto in terra il piede che forma il passo, il peso del corpo immediatamente allora abbandona l’altro piede per venire a pigliar sostegno sopra di esso, per eseguir la sua ondulazione, con l’istesso metodo che ha tenuto sopra coll’altro, e così, or sopra l’uno ed or sopra l’altro a vicenda, proseguire la sua azione ondulante, fino a tanto che la potenza motrice non desiste da darne l’impulso.
Una tal prova di fatto mette chiaramente in vista, che la gravità del peso dei corpi animati è il primo mobile delle azioni loro, e che ciò sia vero, si deduce facilmente dal riflettere primieramente, che la gravità del peso d’ogni genere ha ricevuto dalla natura una inclinazione interna, che tende sempre all’ingiù verso il suo centro; talchè, immediatamente che resta sciolta e libera da ogni ostacolo, che glie lo impedisca, da se e senza ajuto alcuno estraneo s’incamina verso di esso senza desistere, fin che non vi sia giunta, come lo fa vedere ad evidenza il precipitar che fa verso il centro, senza che alcuno glie ne dia impulso, una pietra, o altra cosa pesante situata in una eminenza, subito che le venga rimosso l’ostacolo che la rattiene nella sua situazione:
E dal riflettere in secondo luogo, che il peso di qualunque corpo è suscettibile di prestarsi all’impulso di forza maggiore esterna, fino ad eseguire un’azione contraria ed opposta alla sua naturale inclinazione, per tutto quel tempo che una tal forza dura a dominarlo; ma che appena che venga da essa abbandonato, dà immediatamente di volta per ripigliare il corso a seconda della sua naturale inequazione verso il centro, come lo dà a divedere una palla, o altra cosa simile scagliata in aria col ritornare a terra.
E dal fare in terzo luogo osservazione, che una macchina pesante se è collocata sopra a base stabile, malagevole è lo smuoverla; e se è situata all’opposto sopra base debole, è facile il metterla in moto, stante che maggiore è l’ostacolo della prima, che della seconda.
Essendo di somma conseguenza del mio assunto, che resti provata ad evidenza tal divisata natura del peso delle macchine, mi sia permesso, ch’io additi un’altra prova di fatto, nella quale concorrino tutte le sopraddette annotazioni, per maggior facilità di esser compresa da tutti, nessuno eccettuato.
Si faccia passare dunque una funicella in una puleggia fermata in alto, e ai due capi di essa si attacchi due piombi di diverso peso, in forma che restino ambedue sospesi in aria, e si vedrà che quello di maggior peso, subito che sarà lasciato in libertà dalla mano, s’appiglia a seconda della sua inclinazione naturale a andare all’ingiù verso terra, fin che non giunge a posarvisi sopra con maggiore o minore velocità, secondo che maggiore o minore sia il peso dell’altro piombo, che gli cagiona ostacolo.
E se la funicella non è bastantemente lunga per arrivarvi, giunto che sia il piombo di minor peso a toccar la puleggia conviene che quello del maggiore si fermi in aria, perchè l’ostacolo supera la forza sua, impossibilitato così a potere proseguire il suo corso fino a terra, come fa immediatamente ch’ei sia restato libero da ogni ostacolo, e come segue se vien tagliata la funicella.
E se nel camino incontra una base stabile sopra cui possa posarsi, vi si ferma egualmente come fa sopra la terra, e per rimuoverlo da essa, è necessaria una forza esterna maggiore della sua; ma se la base è debole, ogni picciolo impulso, anche dell’aria istessa, e di chi che sia, è capace d’allontanarlo da essa, e rimetterlo in moto con farli ripigliare il suo corso.
E nel tempo che sospeso per aria proseguisce il camino verso terra, è suscettibile di prestarsi a secondar qualunque impulso, che sia anche contrario, e del tutto opposto alla sua naturale inclinazione, come segue nel piombo del peso minore, che obbligato dalla forza maggiore dell’altro, conviene che si presti a fare un camino coll’andare in su del tutto opposto alla sua natura; come lo fa vedere col cadere in terra, tagliata che ne sia la funicella, per mezzo della quale è forzato a salire in vece di scendere.
E siccome di questa istessa natura è il peso della macchina dei corpi animati sì quadrupedi che bipedi, così ne viene di conseguenza, che dall’indole e natura del peso in genere, piglino origine, ed il moto e le azioni del Cavallo, e degli altri quadrupedi e bipedi; poichè se il peso del corpo loro non fosse della natura divisata, non potrebbe la potenza motrice formar le tante diverse azioni loro, talora opposte una all’altra; onde forza è concluder meco, che il peso della macchina è il primo mobile delle azioni del Cavallo, come ho detto sopra, e le gambe sono l’istrumenti e gli ostacoli, per mezzo dei quali è messa in grado la medesima potenza motrice di potersi opporre all’inclinazione naturale, che ha il peso d’andar sempre in cerca d’unirsi al suo centro quando è messo in moto, che è l’istesso che dire, quando è rimosso dalla base che lo tiene unito al suo centro, e di poter con esse in diverse guise sostenere in piedi la macchina, e dar forma e regola alle azioni tutte, che li vengono dalla mano del Cavaliere richieste; ciò che vien confermato con altrettanta chiarezza dalla prova già proposta nella propria persona.
Messa in vista la natura del peso della macchina, primo mobile di cui si serve la potenza motrice per dar moto ed anima alle azioni, convien passare a dar contezza anche della specifica attività delle gambe, con l’opera delle quali, come istrumenti necessari, la medesima potenza motrice dà ad esse forma e regolamento, per potere stabilire qual sia il meccanismo che ne addita il termine, che non può esser leso, nè dall’una, nè dalle altre.
Quattro sono le gambe, due d’avanti, e due di dietro, che reggono il corpo del Cavallo quando sia fermo; di diversa figura, perchè le prime formate a guisa di colonna stabile e forte, e le seconde in figura angolare un poco arcata, meno atte delle prime alla resistenza, perchè a guisa di molla flessibili.
Ma perchè la loro struttura è coperta dalla pelle, muscoli e tendini, che tengono insieme le snodature e danno loro azione, è duopo di farne esame sopra lo scheletro, perchè possa aver luogo l’occhio di vedere, e rilevare da quella degli ossi nudi la vera attività loro, poichè da essi ella ha l’origine; tanto più, che chi ha piacere d’averne anche maggior contezza di quella che glie ne somministra la figura qui annessa, potrà rintracciarla senz’incomodo sopra l’Anotomia del Senatore Ruini di Bologna, stampata in Venezia l’anno 1618, quando non voglia pigliarsi la briga di ricercarla sopra il vero scheletro d’un Cavallo morto, come ho fatto io.
Dimostra dunque lo scheletro, che di tre pezzi principali sono formate le gambe d’avanti, con quattro congiunture, dalle quali sono unite insieme, e che formano diverse snodature.
La prima congiuntura è quella, che forma l’incastro della testa dell’osso humero, nell’incavo ch’è a quest’effetto nell’estremità dell’osso della paletta; questa è suscettibile d’una piccola agitazione nell’incastro sopradetto, tanto più che quando questi due ossi che formano la spalla sono uniti assieme, la situazione dell’humero viene ad essere in linea un poco obliqua, e però più capace dell’impressione dell’impulso dell’osso del cubito, al quale s’aspetta di darlo; e la paletta, che non è fermata in parte stabile, ma sol tenuta al luogo suo da’ nervi, muscoli, e tendini, si unisce a promuovere insieme seco l’elasticità dei medesimi al primo urto che da esso ne riceva, ed a formarne così una tal quale agitazione e movimento a seconda del bisogno.
Costituisce la seconda l’altra testa dell’humero là dove s’unisce all’osso cubito; questa è eseguita a guisa di cerniera, e però il cubito può alzarsi quanto vuole in avanti con somma facilità, ma non può prevalerli di questo snodamento in nessuna altra parte, e molto meno per indietro, perchè impedito dal raggio suo che incastra nell’incavo dell’humero, affinchè con tal resistenza venga a restare più stabile la gamba, quando occorre di formarsi in colonna per poter resistere alla gravità del peso.
La terza è quella, che forma il ginocchio, mediante i due ordini degli ossicelli con l’unione dell’osso stinco; gli ossicelli porgono la mano al medesimo osso, perchè possa ripiegarsi per indietro quanto occorre, senza permettergli snodamento alcuno in avanti, nè in altra parte, acciò che la colonna sia stabile anche in questo luogo.
La quarta finalmente viene eseguita dall’unione dell’altro capo dell’osso stinco con l’osso grande della pastora, e con l’incastro di questo con l’osso piccolo della medesima, che si posa sopra gli altri due ossicelli, che sono incastrati nel corno o sia zoccolo, che forma il piede, e dà termine alla gamba.
L’agitazione di cui è suscettibile l’unione di questi piccoli ossi che compongono la pastora, dà luogo ad essa di formare la molla con la forza elastica, che dà l’anima alle azioni tutte, come si vedrà a suo luogo, ed al piede di piegarsi alquanto in avanti per poter formare alla gamba una base più stabile.
Di tre pezzi pure sono composte le gambe di dietro con quattro congiunture; la prima delle quali è quella della testa dell’osso della coscia nell’incavo che è a quest’effetto nell’estremità della carriola, osso, che forma la groppa, e che è unito stabilmente ai processi dell’osso sacro, all’opposto della paletta che dà forma alla spalla, che è del tutto sciolta, come si è detto.
Un tale incastro eseguito in linea obliqua fa sì, che l’osso della coscia formi un angolo interno con i nodi dei lombi per di dentro, come ne fa l’humero con la paletta, perchè con più facilità egli possa ricevere dall’osso dell’anca l’impulso a quel moto che gli è permesso, tanto in avanti che indietro dal cavo della cariola, dov’è incassata la prima testa sua.
La seconda congiuntura è quella dove l’altra testa dell’osso della coscia si unisce alla prima testa dell’osso dell’anca, e formano insieme un altr’angolo dalla parte di fuora all’opposto di quello, che l’osso medesimo della coscia forma dalla parte di dentro con i nodi degli ossi de’ lombi, come si è detto.
Ella mette in istato l’osso dell’anca di potersi ripiegare indietro alquanto, quando occorre formare una base maggiore al peso della macchina, e di ritornare in avanti quando deve essere dalla gamba eseguito il passo.
Quella del garrettone, che è la terza, unisce insieme l’osso dell’anca con quello dello stinco, mediante la carrucola, sotto la quale sono i due ordini degli ossicelli, come nel ginocchio della gamba d’avanti.
Questa pure forma di dentro un’altra specie di angolo un poco arcato, e lascia in libertà l’osso dello stinco di ripiegarsi per di dentro verso quello dell’anca quanto bisogna, e di abbandonare la linea angolare per formarne una retta per l’indietro col medesimo osso dell’anca, come segue nello sparo, o accenno del calcio ec.
L’unione dell’osso dello stinco, e quello della pastora è la quarta congiuntura; questa è del tutto uniforme a quella delle pastore delle gambe d’avanti, perchè le azioni e l’attività dell’une, e delle altre sono l’istesse senza differenza alcuna, per quello che riguarda la rispettiva parte loro.
L’elasticità di cui sono suscettibili le spalle e le pastore dei piedi, impedisce l’intronamento che ne cagionerebbe infallibilmente alle gambe d’avanti l’impeto del colpo che ricevano dal peso della macchina nel tornare a pigliar terra, se incontrassero resistenza in queste due estremità, specialmente in occasione di salto, che l’impeto è maggiore.
E se le pastore, tanto d’avanti che di diedro, fossero prive dell’agitazione che dà luogo alla forza elastica d’agire, sarebbero le azioni ineseguibili o senza garbo e senza grazia, come lo danno a divedere quelle dei Cavalli che sono giuntati corti all’eccesso, o quelle che per qualche malattia, o sforzo, ne sono restate prive.
E quando all’humero e alla paletta mancasse il movimento di cui sono capaci, stante l’elasticità dei legamenti che li tengono insieme, e nella situazione loro; la gamba, che al suo turno sostiene il peso della macchina formata in colonna, oltre il danno sopraddetto che ne riporterebbe dal colpo del peso, non potrebbe prestarsi a secondare con l’inclinazione in avanti l’ondulazione della macchina; inclinazione necessaria in tutte quelle azioni, nelle quali agiscono di concerto le gambe di dietro con quelle d’avanti promiscuamente.
E la stabilità della cariola e l’incastro a guisa di forcella, che fa il processo maggiore della testa dell’osso della coscia (quando ne fa duopo) nel buco ch’è nella medesima cariola, vicino al cavo dove s’incassa la testa d’essa per dar principio alla gamba di dietro, serve a dare quella attività che è necessaria alle molle, perchè senza questa esse sarebbero fiacche, deboli, inutili, ed incapaci di spingere, sostenere, sollevare, e vibrare in aria il peso della macchina, come loro s’aspetta di fare, sempre che glie ne venga dato l’impulso dalla potenza motrice, secondo che si vedrà nella descrizione delle azioni che può fare il Cavallo, nella seconda parte.
Dallo snodamento della prima testa dell’osso humero ha origine il movimento o sia passo, che possono fare in avanti e indietro le gambe d’avanti; e dall’incastro che fa la testa dell’osso della coscia nell’incavo della cariola, piglia origine quello delle gambe di dietro, quantunque ciò resti impercettibile all’oculare ispezione, stante i legamenti che lo sottraggono alla vista, ma che ad evidenza lo mette in chiaro l’esame dello scheletro.
Un tale snodamento però non permette alle gambe, che d’abbracciar la metà del terreno che corre dai piedi d’avanti a quelli di dietro, quando il Cavallo sta fermo in quattro, (spazio che forma la lunghezza della macchina sua) ma questo s’intende quando il Cavallo è situato con i piedi in pari, giacchè quando i piedi sono in linea diversa (cioè uno avanti dell’altro) quello ch’è in avanti può fare una tale azione di doppia misura per indietro, e quello che è indietro può fare il simile in avanti, mediante l’ajuto che glie ne porge quello, che forma nell’istesso tempo la base al peso, sebbene ambidue sono in libertà d’abbracciarne meno, se vogliono, ma non più.
Non credo fuor di proposito di dare ora un’occhiata alla macchina nel suo vero essere, rivestita di tutto ciò che la ricuopre, per poter venire in cognizione col fatto di quale sia la ragione della tanta diversità della costruzione delle sue parti, e di sì differente attività loro.
Si faccia dunque osservazione, che essendo la parte d’avanti della macchina, aggravata di maggior quantità di peso di quella di dietro, stante il sopravanzo del collo e del capo, il punto del centro di gravità viene a cadere in poca distanza dalla situazione delle gambe d’avanti; dal che ne viene di conseguenza, che da esse debba esser sostenuto il maggior peso della medesima, ed il minore da quelle di dietro, ch’è quello, che alla volta loro trabocca, stante la lunghezza della macchina, e stante la situazione nella maggior distanza dal punto del centro di gravità del peso.
Quindi è, che le gambe d’avanti devono essere la principal base del sostegno, tanto quando la macchina sta ferma, quanto allora che ella è in azione; però sono state formate dalla natura a guisa di colonna stabile e forte, e sono state di più garantite da qualunque pregiudizio, che possa apportargliene e la gravezza del peso ed il colpo del medesimo; ed insieme composte delle diverse snodature, come si è veduto, perchè possano esser formate ora in linea perpendicolare, come segue quando il Cavallo sta fermo in quattro, ed ora in linea obliqua pendente in avanti, come segue quando quella che forma la base, seconda il moto del peso.
Certo è, che quando la macchina è posata su tutti quattro i piedi o sopra tre, non è capace d’azione progressiva, perchè la base è abbastanza stabile per tenerne il peso unito al suo centro, ed in tutta quiete; onde a voler ch’egli sia messo in moto con facilità da qualunque minimo impulso, come lo richiede la prontezza delle azioni, duopo è che sia sostenuta la macchina da due soli piedi, perchè la base sia debole e vacillante, acciocchè possa riuscire facile il rimuoverne da essa il peso, per metterlo in moto.
Base che non può esser formata con sicurezza nell’azione del passo, e dove ha luogo il moto ondulante, sennonchè da un piede d’avanti, e dal diagonale suo di dietro.
E allora quello che forma la base alla parte davanti, non solo deve sostenere la porzione del peso che li si aspetta, ma deve anche essere aggravato di quella del respettivo suo compagno, che deve nell’istesso tempo essere sollevato da terra per secondar l’azione della macchina; e nel proseguimento di essa ne viene il medesimo piede altrettanto aggravato di maggior peso, quanto il diagonale di dietro ne viene sgravato, fino al punto di trovarsi caricato di tutto il peso della macchina per un incomprensibil momento, allor che dal progresso dell’azione vien reso quello di dietro affatto incapace di poterli più prestare ajuto alcuno.
E siccome per l’esecuzione delle molte e diverse azioni non basta la sola base che sostenga il maggior peso, e ne secondi il moto suo, ma fa duopo anche, che vi sia chi sostenga quella porzione che trabocca indietro, che lo spinga in avanti per rimuoverlo dalla base che lo sostiene, per così metterlo in moto, che ne regoli l’equilibrio del medesimo con spingerlo più e meno, secondo che ne richiede di mano in mano l’azione che deve essere eseguita, e che lo riceva sopra di se quando occorre alleggerir le gambe d’avanti, o di vibrarlo in aria più e meno, secondo che fa d’uopo: Così non meno è necessaria di quella delle gambe d’avanti, la costruzione sopra descritta delle gambe di dietro, poichè la situazione loro nella maggior lontananza dal punto del centro di gravità del peso, e le molle che le formano, somministrano ad esse tutta l’attività che abbisogna a tali e sì diverse esecuzioni, che sono comprese nell’incarico loro.
Non può mettersi in dubbio, che dall’esame fatto della costruzione della macchina della natura e indole del peso della medesima, e dell’attività, e incarico delle parti che la sostengono, tanto quando è ferma, quanto allorchè è in azione, non venga messo in chiaro sin dove possa estendersi la facoltà della potenza motrice, e donde abbia origine il moto della medesima macchina. Quindi è, che non resta ora che di mettere in vista, qual sia il metodo, e quale il mezzo di cui la medesima potenza motrice si serve per farla agire.
Inutile certamente sarebbe la diversa costruzione materiale delle gambe, quantunque sì bene intesa, se la forza elastica dei legamenti loro non avesse l’attività di far giuocare le snodature a seconda della struttura loro, e mettere così in stato la potenza motrice per mezzo suo, di formare a seconda del bisogno le diverse azioni che possono essere eseguite dalla macchina.
Ciaschedun nervo, muscolo, tendine, ed ogn’altro legamento che riveste lo scheletro della macchina è dotato di una forza elastica particolare, e specifica, secondo che conviene a quella parte che ricuopre; di qui nasce il diverso moto che cagiona la varietà e differenza delle azioni, e però per facilitar l’intendimento della manovra della potenza motrice, mi sia permesso che io dia contezza anche del moto che la forza elastica induce nelle azioni, con dividerlo in sette classi, a seconda degli effetti che produce in esse; poichè questa divisione col mettere in vista qual sia la specifica attività di tutti i legamenti in particolare che concorrono nella formazione delle azioni, non solo verrà a dar compimento alla total cognizione del meccanismo della macchina di cui si va in cerca, ma faciliterà anche in appresso l’intendimento della descrizione pratica delle azioni che farò nel seguente Capitolo, e toglierà il dubbio, che sia per riuscire malagevole ed oscura a chi si dà ad intendere che sia un’impresa più difficoltosa, di quello che non è in effetto.
Si divida dunque il moto sopraddetto in sette classi, cioè in ondulante, forzato, volontario, vibrato, di restrizione, elastico, e di natura del peso, o sia d’inclinazione.
Per ondulante s’intenda quello che la potenza motrice induce nella macchina, allor che la mette in moto sopra un piede davanti, e la fa passare a vicenda dall’uno all’altro, mediante la forza elastica della pastora del piede e dei legamenti della gamba di dietro, che glie ne dà la spinta in avanti, come segue nel passo, trapasso, trotto, e portante:
Per forzato s’intenda quel sollevamento e trasporto che il moto della macchina induce nei piedi, tanto d’avanti che di dietro, stracinandogli seco, quando terminata la funzione loro va a posare, ed aggravarsi sopra gli altri due piedi uno d’avanti, ed uno di dietro, che ne hanno formata la nuova base, per proseguire la sua azione:
Per volontario quello che fanno i respettivi piedi al loro turno, allorchè vanno a posarsi in terra dal luogo dove sono stati forzatamente stracinati dal moto del peso della macchina:
Per vibrato quel moto lanciato e presto che fanno i piedi con forza nel terminare il sopraddetto moto volontario, quando devono abbracciare maggior quantità di terreno di quello che comporta la lunghezza naturale della macchina come segue nel trotto forzato, o quando i piedi di dietro sparano il calcio, e quei d’avanti danno la zampata; ed allorchè la parte d’avanti sollevata in aria, dalle gambe di dietro è vibrata in avanti, come segue nel galoppo e corvetta, o ne viene dalla medesima forza elastica delle gambe di dietro staccata la macchina del tutto da terra, e vibrata in avanti, come segue nei salti, galoppo forzato, scappata, e carriera:
Di restrizione, quello che fanno le gambe tanto d’avanti, che di dietro, quando si ripiegano verso il petto, e verso la groppa, come segue nell’esecuzione del moto volontario, posate, corvette, e in tutte le altre azioni, dove occorre ripiegar le gambe:
Per elastico quello che viene eseguito dai nervi, muscoli, e tendini, che rivestono le gambe, e tengono al suo luogo la paletta, che forma la spalla, come segue in quelle azioni dove non ha luogo nè il moto vibrato, nè l’ondulazione, cioè a dire nel passeggio, e nel dare indietro, nella quale azione sempre il Cavallo ha tre piedi in terra, ed uno solo in aria, così nelle salite e scese ripide, nell’esecuzione delle quali pure il Cavallo ha sempre tre piedi in terra, e uno in aria.
E finalmente per moto di natura del peso s’intenda quello che la gravezza della macchina fa da se, senza ajuto alcuno dei piedi, come segue quando il Cavallo con tutti quattro i piedi in terra, tenendo il corpo interito, senza che faccia moto alcuno, sdrucciola giù da un’eminenza di terreno cretoso e bagnato, come fa in simil caso qualunque altro corpo pesante non animato; e come accade quando la macchina o qualche parte di essa sollevata in aria, dopo essere stata abbandonata dalla forza elastica, torna in terra.