Del veltro allegorico di Dante/XVI.
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XVI. Giunto in Firenze messer Corso, la pose a ruba per cinque dì; bruciando le case dei bianchi, e fra le altre quella di Dante che ristava tuttora presso il pontefice. I bianchi fuggirono, vinti senza far difesa; molti ricovrarono a Siena, ove pervenne di Roma il poeta e cominciò con essi a percorrere le ardue vie dell’esilio. Carlo tolse l’officio ai priori che reggevano, dei quali era lo storico Dino Compagni; poi diè a Firenze nuovo podestá Cante Gabrielli (1302). Da gente antichissima ed illustre nacque in Gubbio Cante Gabrielli: ardito e valoroso, ma severo e minaccevole; fu molto guelfo, perché inimico dei Raffaeli, e si nella patria che altrove perseguitò i ghibellini or con le armi or coi processi. Primi ai furori di lui occorsero dodici dei passati priori di Firenze, cui egli diceva colpevoli di estorsioni e di furti, ed avversi alla venuta di Carlo. Pur, tranne di due, niuno si richiamava degli altri dieci; contro i quali fu il podestá costretto a procedere di officio, e per quella che affermava essere pubblica fama delle loro baratterie. Donato Alberti, Lapo Biondo, Corso Ristori, Simone Guidalotti, Guccio Medico, Guidone dei Falconieri, Palmieri degli Altoviti, Orlandino Orlandi, Lippo Becchi, e Dante Alighieri; ecco i primi dieci che il Gabrielli condannò a varie ammende o all’esilio: di essi pertanto egli non seppe ridire quali fossero state le baratterie, o quali particolari glie ne avesse narrato la fama. La sentenza contro l’Alighieri fu pronunziata nel 27 gennaio 1302: multavalo Cante in lire cinquemila: se non pagasse, dovesse girne per due anni fuor di Toscana: sì nell’uno che nell’altro caso dcscrivessesi quale falsario e incapace di pubblici offici. Simili pene sentenziava Cante nel medesimo giorno contro Gherardino Diodati, e quattro giorni appresso contro Lapo Salterelli, ultimi dei dodici priori (febbraio 1): ma Bartolo Bianchi almeno dolevasi del primo come di colui che per prezzo di fiorini settantadue assoluto avea Cerrettieri Visdomini; e Cenno Griffoli accagionava l’altro di aver preso dugento fiorini dai figli di Vieri, cento da Cante de Prigionellis ed altri denari da Bindaccio Guidoni. Queste furono le prime sentenze apportatrici d’armi civili: per iscorgere qual fosse Dante in opera di baratterie, basta osservare l’iniqua differenza fra il giudizio dei due priori, e quello dei primi dieci non accusati da alcuno. E niun motto faceva il podestá di messer Corso e dei neri, che avevano saccheggiato Firenze. Moltissime altre condannagioni pronunziò Cante Gabrielli: nondimeno attesta Dino Compagni che a molte non consenti, e che non del tutto andò ai versi dei vincitori.