Del veltro allegorico di Dante/XV.
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XV. Il nuovo anno 1301, l’uno dei piú tumultuosi dell’Alighieri, fu agitato dagli stessi odiosi dibattimenti che la seconda metá del giubbileo. I bianchi regnavano in Firenze: a loro si congiunse Pistoia, la quale scacciò i neri e guastò le lor case. Contrarie parti seguitò Lucca, bandito i bianchi e fra questi gli Antelminelli. Nel tempo stesso il Cardinal di Acquasparta procedeva si destramente in Romagna, che senza combattere indusse il popolo cesenate ad implorar perdono da Bonifazio si, che l’espulsione del Faggiolano e di Federigo di Monte Feltro ne segui per pubblico decreto, e il cardinale a gran pompa fu ricevuto nella cittá; di che poi gravissimo danno venne a Cesena.
Poco appresso morì Alberto della Scala in Verona, lasciando il luogo a suo figlio Bartolommeo. Da un’altra parte veniva in Italia Carlo di Valois, creato da papa Bonifazio conte di Romagna e paciere di Toscana. I bianchi non indugiarono a spedire Dante in corte di Roma: il quale invano allegò il pericolo d’invocare uomini di strania terra, ed invano che i bianchi erano guelfi e anch’essi dei vincitori di Campaldino. Carlo di Valois, preceduto da messer Musciatto Franzesi, ricchissimo fiorentino dimorante in Parigi, entrò in Firenze col suo titolo di paciere (novembre 1): ben egli promise pace a ciascuno, ma da lui provenne la guerra e attinse ardire Corso Donati e i patti di Fucecchio furono mandati all’obblio. Pisa, per fronteggiare i lucchesi, non tralasciò di unirsi coi bianchi.