Del veltro allegorico di Dante/X.
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X. Il caso di Ugolino fece tremar Lucca e Firenze. Buonconte di Montefeltro e suo padre Guido le offendevano così dall’uno come dall’altro lato: ed ai guelfi pareva piú che sospetto lo zelo, con cui Niccolò IV esortava tutti alla pace.
In quel tempo Dante vivea nella sua patria l’anno vigesimo quarto: aveva egli viaggiato in Francia, ed havvi chi dice in Inghilterra: ma piú in Italia, ove lungamente gli studi lo trattennero a Padova ed a Bologna. I Cattani ovvero signori di Medicina, grossa terra del bolognese, vi tenevano splendida corte; quivi era stato l’Alighieri ammiratore della loro magnificenza, ed avea conosciuto l’uno di essi Pietro, malvagio seminatore di scandali (Inf. XXVIII, 71). Né meno aveva usato in Bologna col fazioso Venedico dei possenti Caccianemici (Inf. XVIII, 47 e 50); la di cui sorella chiamossi la bella Ghisola (Inf. XVIII, 55), ed ebbe in marito Nicolò degli Alighieri altro nipote di Aldigerio Fontana. Tornato a Firenze aveva Dante ottenuto i primi frutti della poesia, fra i geniali diletti e le liete immagini di sua gioventú: allora, due mesi dopo la morte del conte Ugolino, si condussero in Firenze Carlo II di Napoli e il suo primogenito Carlo Martello. Tosto l’animoso Buonconte si confidò che potesse assalire il re nel ritorno di lui al regno di Puglia; ma una mano scelta di giovani fiorentini rese inutile il tentativo: indi, fatta oste contro Arezzo, i guelfi si avviarono pel Casentino. Amante di Beatrice Portinari, Dante piacque al giovine Carlo Martello, e in quell’esercito era dei cavalieri. Sotto Poppi a Certomondo, non lungi da Campaldino, si fece loro incontro il nemico ingrossato dai ghibellini che dá tutta Romagna erano accorsi, ed orgoglioso del valore dei suoi condottieri Guglielmino vescovo e Buonconte. Tra i capitani di Firenze comandavano, messer Vieri dei Cerchi le prime schiere, la conserva messer Corso Donati, fratello di Piccarda e di Forese. L’Alighieri, nato accosto alle case dei Donati e cresciuto insieme con Forese (Purg. XXIII, 115 e 116), conoscea dappresso le virtú di Piccarda umile vergine di cui havvi rimembranza si tenera nel Paradiso (Parad. III): ed or militava con messer Corso per la stessa causa dei guelfi! Bernardino di Polenta, capitano dei pistoiesi e non ancor privo della sorella, menò ai fiorentini ausiliari non pochi. Scontratisi gli eserciti a Campaldino, la giornata inclinava in favore degli aretini, e i guelfi andavano in rotta: ma Corso Donati sospintosi gagliardamente ove il pericolo era piú grave, ricondusse ai suoi la vittoria (giugno 11). Cadde il vescovo Guglielmino; Buonconte forato nella gola ruinò in Arno. Trionfatori di Campaldino, i fiorentini ed i lucchesi voltarono i passi contro Guido di Monte Feltro: l'Alighieri ne andò a quella volta, e vide cedere alle armi guelfe il castello della Caprona otto miglia lontano di Pisa (Inf. XXI, 94 e 95). In quell’assedio, poeta non meno che soldato, Dante conobbe Nino Visconti giudice di Gallura e nipote di quel conte Ugolino, cui Dante stesso vendicò e cogli scritti e col ferro.