Del disordine e de' rimedii delle monete nello stato di Milano/Parte prima/Principii universali sulle Monete

Parte prima - Principii universali sulle Monete

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PRINCIPII UNIVERSALI SULLE MONETE


Prima che io parli dell’attual disordine delle nostre monete, è necessario dare un’occhiata generale all’origine e natura del danaro, ed adattare idee chiare e precise a termini comuni ma poco intesi 1.

L’introduzione delle monete non nacque da una espressa convenzione (la quale non ha preceduto mai veruno universale stabilimento), ma bensì da ciò che il volgo chiama azzardo, cioè da una disposizione di circostanze non premeditata dagli uomini. I primi commerci non furono altro che baratti. Pecore, lana, buoi, [p. 396 modifica]frumento ec. si cambiavano reciprocamente; il bisogno e l’utilità davano loro nascimento.

Un incendio, un tremuoto, l’arena di un fiume hanno verisimilmente fatti conoscere i metalli al genere umano; la religione, l’amore e l’ambizione fecero risguardare l’oro e l’argento come sostenitori della maestà del culto, come ornamenti adattati a chi amando studiava di piacere, e come un distintivo di quei pochi che erano felici per la miseria dei più.

Dilatatosi a poco a poco l’uso de’ metalli, crebbe la voglia di possederli; nacque la brama di cambiare i generi superflui con alcuni pezzi lucenti, che si vendevano a peso. L’uso continuo, la facilità di farne delle suddivisioni perfettamente uniformi, la durevolezza e comodità del trasporto accostumarono insensibilmente gli uomini a risguardarli come un equivalente d’ogni altra 2 mercanzia, finchè dilatatosi il commercio da nazione a nazione, la pubblica utilità suggerì di non lasciare l’interesse de’ particolari arbitro del credito della intiera società, e col pubblico impronto si autenticò in faccia a tutti gli uomini la verità del peso e la bontà del metallo 3. [p. 397 modifica]

Il valore è una quantità, che misura la stima che fanno gli uomini delle cose 4. [p. 398 modifica]

Le monete sono pezzi di metallo che misurano il valore, nella stessa maniera che le libbre e le once misurano il peso; il piede e il braccio, l’estensione 5.

Di più sono le monete come un pubblico pegno per chi le riceve di avere da altri l’equivalente di quel che ha dato; nè sono puramente misure, come la libbra e il braccio, cioè nude e mere rappresentazioni, ma bensì sono misure inerenti ad una mercanzia divenuta la base del commercio 6.

La lega è un metallo vilissimo frammischiato col metallo fino. Così chiamasi lega la porzione di rame che è impastata colla maggior parte delle monete d’oro e d’argento.

La raffinazione d’un metallo è la depurazione di esso da ogni altro metallo o materia straniera. Questa chimica operazione esige perizia e spesa; quindi è che un’oncia d’oro raffinato vale la spesa della raffinazione di più, che non valeva quando era frammischiata con altre materie. [p. 399 modifica]

La proporzione de’ metalli non è altro che il numero rappresentante la quantità di metallo necessaria per comperare una data quantità di un altro. Essa è il risultato della rispettiva quantità d’oro, argento e rame che sono in commercio. Questa proporzione è instabile a misura che dalle miniere si estrae più o meno d’oro, d’argento e di rame 7, ed a misura che il lusso o l’avarizia ne sottraggono più o meno dalla massa circolante. Sono questi gli elementi dai quali nasce la proporzionata stima degli uomini, e conseguentemente il valor relativo de’ metalli.

Le nazioni diverse d’Europa, tanto internate reciprocamente per un incessante e vivo commercio, debbono considerarsi come una sola nazione; sono elleno come diversi stagni comunicanti; l’allontanarsi dal comune livello gli espone o ad una funesta innondazione, o ad una perdita considerabile.

Il conio fatto al metallo nè aggiunge nè toglie valore alle monete, non altro essendo che un solenne attestato di chi rappresenta la nazione della quantità e finezza del metallo.

Il valore delle monete tanto dipende dalla natura delle cose, quanto i fenomeni del cielo e della terra dipendono dalla gravità universale.

I seguenti teoremi metteranno nella più chiara luce coteste fondamentali verità. Farò studio di [p. 400 modifica]allontanarmi dai termini dell’arte, per rendere queste interessantissime nozioni meno spinose anche a chi non abbia consacrata parte della vita a meditare su questo ramo dell’economia politica.

  1. “L’affare della moneta e del conio.... vien riputato per un mistero grande e difficile molto a comprendersi, non già perchè sia veramente tale in se stesso, ma perchè quei che per interesse loro lo trattano, ne ravvolgono il segreto (ed in ciò consiste il vantaggio loro) in misteriose, oscure ed inintelligibili maniere di dire, le quali poi accettatesi dagli uomini per qualche cosa di significante in virtù di una preventiva opinione della difficoltà del soggetto in una materia non sì di facile penetrabile da altri, che da quelli della professione, sono lasciate passare senza esame”. Locke, Nuove Considerazioni ec. Part. 2. Art. 2. Sez. 1.
  2. “Les Athéniens n’ayant point l’usage des métaux, se servirent des bœufs, et les Romains des brebis; mais un bœuf n’est pas la meme chose q’un autre bœuf, comme une pièce de métal peut être la même qu’une autre”. Montesq. Esprit des Loix, Liv. XXII. Chap. II.
  3. Origo emendi vendendique a permutationibus caepit; olim enim non ita erat nummus, neque aliud merx, aliud pretium vocabatur, sed unusquisque secundum necessitatem temporum ac rerum utilibus inutilia permutabat, quando plerumque evenit ut quod alteri superest, alteri desit: sed quia nec semper, nec facile concurrebat, ut cum tu haberes quod ego desiderarem, invicem haberem quod tu accipere velles, electa materia est, cujus publica ac perpetua aestimatio difficultatibus permutationum aequalitate quantitatis subveniret, quae materia forma publica percussa usum dominiumque non tam ex substantia praebet quam ex quantitate, nec ultra merx utrumque, sed alterum pretium vocatur. Paullus leg. 1. ff. de contrah. Empt. Se questa filosofica analisi di Paolo non fosse caduta sotto gli occhi dei Peripatetici glosatori, i quali nella parola electa materia e forma publica credettero di vedere le loro misteriose forme sostanziali, e interpretarono colle formole del gius civile le parole publica et perpetua aestimatio, trascurando il gius pubblico, non avremmo veduto l’errore dettar tanti regolamenti di monete. Chiaramente spiegossi il gran giureconsulto Paolo nella leg. 63. in princip. ff. ad L. Falcid., che pretia rerum non ex effectu neque ex utilitate singulorum, sed communiter funguntur. Ma tale è la condizione di tutte le società degli uomini, che le scienze, le arti, la legislazione, il commercio e la prosperità si dieno la mano, e che gli errori partiti dalla bocca de’ pedanti dilatinsi a segno di infestare la legislazione e la gloria di una nazione.
  4. Un matematico direbbe che il valore di una merce è in ragione composta dell’inversa della somma delle merci medesime, del numero de’ possessori, della diretta de’ concorrenti, del tributo corrispondente, della mano di opera e dell’importanza del trasporto; cosicché adoperando le lettere iniziali di questi elementi sarà , e dividendo la massa dell’oro e dell argento in parti proporzionali a , ed essendo le proporzione dell’oro all’argento come sarà
  5. Un filosofo le chiamerebbe segni reali di valore, come i caratteri e le parole sono segni delle idee delle cose e dei loro rapporti.
  6. “De même que l’argent est un signe d’une chose, et la représente; chaque chose est un signe de l’argent, et l’état est dans la prosperité selon que d’un côté l’argent représente bien toutes choses, et toutes choses représentent bien l’argent.” Montesq. Esprit de Lois Liv. XXII. Chap. II.
  7. Se si lasciasse di scavare argento, continuando tuttavia ad estrarre oro dalle miniere, questo scemerebbe a poco a poco di pregio fino a cedere all’argento la dignità di primo metallo.