Del coraggio nelle malattie/XXII.

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Ma qual vi ha persona in cui sia d’uopo il coraggio, più che nelle donne incinte e partorienti, e in cui egli sia l’unico appoggio e l’unico schermo contro noje e indisposizioni di mesi e mesi, talvolta serie, e terminanti talvolta in altre [p. 89 modifica]ancor più serie? Non può negarsi che la donna gravida non abbia sì alterato il di lei sistema, che quasi tutta mutata ella non sia. Le si travolge il carattere come la faccia e l’abito di corpo: ha degli strani appetiti, scade di forza e di brio: è molestata da vomiti, da odontalgie, da migranie, da edemi, da timori panici ec. Qui non monta render ragione come ciò nasca, ma sì bene ricordare che in qualunque maniera stiensi le donne gravide, è di somma importanza che stieno liete e rinfrancate, e che serbino uno spirito tollerante e sicuro. Il maggior loro nimico è la trisitezza e la paura; il miglior loro scampo è il coraggio.

Il partorir avanti tempo, cioè lo sconciarsi, e l’aver un parto cattivo, sono i due perni, su cui per lo più si volgono tutti i loro timori. E appunto fra le molte cagione di questi due disordini gli Osservatori tutti notano particolarmente [p. 90 modifica]essere la mala tempra dell’animo loro, per cui o non sappian soffrire, come conviensi, gl’incomodi compagni della pregnezza, o li paventino fuor di bisogno, o precorrano i futuri successi e gli immaginino tristi e fatali. Questa osservazione serva a difenderle da tali difetto.

Il parto esige consimile avvertimento. Abbian presente le partorienti, e i di lei assistenti, e le mammane, che tutto l’affare del partorire consiste in isviluppi e dilatazioni di parti, che non è possibile che si effettui senza dolori, senza stenti, senza sintomi fastidiosi. Dunque è fuor di proposito il mettersi in ambascia e paura alla loro comparsa e alla loro insistenza. Piuttosto è da temersi, se quegli non v’abbiano, e sia un parto subitaneo. Non occorre ascoltare il concistoro di quattro femmine indotte, che sospirano e tremano al veder la partoriente patire: s’ascoltino i dittatori in [p. 91 modifica]ostetricia che affermano che il contrasto e la doglia ci debbon essere, e lor basta che non sieno estremi, cioè superiori al bisogno.

„Cessino dunque1 le femmine di mettersi in paura. Il sommo Autore le ha provvedute d’una somma di forze necessarie a così fatta operazione: il perchè cosa è infinitamente rara il vedere una donna morire nell’atto di partorire; questa disgrazia non ha luogo che presso quelle, che sono state sorprese da paura nel tempo di partorire, o il parto delle quali è stato turbato per imprudenza, per ignoranza ec.; o finalmente nelle femmine, la di cui conformazione viziosa si oppose assolutamente alla sortita del bambino„.

„Il Raccoglitore più esperto e più abile non può in un parto naturale [p. 92 modifica]preservare una donna dai dolori: è anche dubbioso, se possa abbreviarne il travaglio, quantunque il maggior numero lo pretenda„.

Da ciò si vede che tutto il contegno della partoritrice è raccomandato al di lei coraggio. Di questo fornita e piena, ha ella più facile il suo parto; le si agevolano i consecutivi scarichi sì della secondina che dei lochj; le si perfeziona la lattazione, e le si dispone un felice puerperio. Se nel corso di questa convalescenza le insorge mai di quelle eventualità per causa o fisica o morale, che talora sono inevitabili, e sono in altre donne fatali, minor breccia, e forse niuna vanno a fare in quella puerpera che dal coraggio sia difesa. Oltrechè quante volte nella Partoriente vi vuol coraggio sino per interpretare l’istesso corredo del parto? Per esempio, i puerperj scarsi e in pochi di soffermati, che dal più delle donne si [p. 93 modifica]vogliono abbondanti e per molti giorni scorrenti; il colore e l’odore, e la consistenza dei medesimi; i grumi e i pezzi di sangue congelato, denominati troppo facilmente mole, falsi germi ec.; il latte più o meno copioso; il corpo più o meno restio; gli odori, l’aria, i cibi, le bevande, e mille altre circostanze, quante volte si credono viziose o mal dirette, quando sono innocenti e secondo natura? E pure basta che non siano secondo la mente della puerpera o delle scipite persone a lei astanti, per far mettere all’arme, e, quel che è peggio per isconcertare la misera paziente, e per accagionarle infermità.

Anco le stesse piccole indisposizioni che vengono dopo il parto, debbonsi per lo più rimirare collo stesso occhio. Come sono le discrete febbri, i dolori del capo, le infiammazioni delle poppe, le screpolature dei capezzoli, la soccorrenza del corpo, i dolori del ventre, ed altri [p. 94 modifica]incomodi che non sempre sono formidabili, e che sempre chiamiamo a sè il giudizioso coraggio per essere sofferti a prò dell’ammalata.

Dipende da Medico attuale il bilanciar rettamente tutte siffatte sopravvegnenze, e il tenere sbandite dalle stanze delle partorienti le superstiziose idee, e i pregiudizievoli terrori; i quali abbenchè talvolta vi sia tutta la ragione di concepirli, non è bene lasciarli trapelare nel cuor delle inferme. Voglionsi elle tener sempre, più che fia possibili, fuor d’ogni sollecitudine, e d’ogni batticuore, e sempre alla meglio alleggiate e medicate con i più soavi e confortevoli sentimenti.

Nè basta che le partorienti abbian coraggio per sè, lo debbono esse avere anco pe’ figli loro. Appena questi son nati, che pajono nati ai bisogni ed ai disagi. Troppo diffuso ne sarebbe il dettaglio; ma la prode disinvoltura che le madri non [p. 95 modifica]debbono mai perdere, è quella che vale per provvederli in tutto, e per rimediare a tutto. La madre timida rovina sè stessa e la sua prole, perchè funesta il suo cuore colle continue paventose immagini, e o nulla fa a vantaggio del figliuolo, o troppo si adopra intorno e l’opprime.


  1. Buchan, loc. cit.