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Quasi analoga alla tristezza è la pietà, cioè la indiretta pietà che da alcuni è professata per mal interpretata religione. Ben disse Mich. Montagna1 „che la tristezza per certuni è l’ornamento [p. 29 modifica]della saggezza, della pietà, della coscienza: sciocco e villano ornamento, perchè è una qualità sempre debole, sempre folle, sempre dannosa„. È delitto per i suddetti in certo modo l’allegria, la grandezza d’animo, l’eroismo, il coraggio. Qualor ammalano, vestono una fisionomia tutta lugubre e pensosa, e ’l loro contegno non è che da profondo melanconico. Ciò che in altri sarebbe capace di svegliar lena, di ravvivare il sembiante e le forze, di alzar l’animo, in que’ tali non trova corrispondenza, e quasi ad altro non serve che a più concentrarli nel loro negro umore. Se si parla loro del caso della loro egritudine, se dicesi che è ella passeggera, o lieve, o altrimenti; essi non la intendono, e vanno sì contaminandosi, che non capiscono nemmeno la consolante nuova del miglioramento de’ loro mali, qualor questo finalmente compare. I rimedj per essi sono superflui: e [p. 30 modifica]la disposizione divina che in tutto conoscono, è quell’unica che hanno su labbri e intorno al core, da non far mai nè poco nè punto, per non contravvenirla, talmente che la storpiano nella lor fantasia, e le danno quell’aspetto che troppo le disconviene, persino a idearsela nemica della loro esistenza, e di quell’arte che è intenta a mantenergliela.

Siffatta pietà professata per titolo di religione cristiana, è quella anzi che prova che non è di ragion tale. Perocchè questa piuttosto, da un lato ci mostra il sentier della vita tutto ingombro di pene, e dall’altro il dover nostro di sorpassarvi con magnanimità propria del valor cristiano, e con que’ dettami che invece di insinuar timidità, dappocaggine, costernazione, indocilità, mirano anzi a corredarci di prode sofferenza, di utile pratica delle virtù, e principalmente di quella di un religioso coraggio, il quale è [p. 31 modifica]additato pel miglior ajuto ad erigere e confermare la risolutezza nostra a comportare le afflizioni con il fine non solo di superarle con que’ mezzi che aver possiamo, ma ancora di farcene que’ meriti che la medesima religione ci compromette: „Travagliare è il destino de’ mortali; solo in ciel si riposa„ sentenza ripetuta dal sig. di Voltaire2.


  1. Essay.
  2. Mél. de Poés. et de Litt. Lettre au Roi de Prusse.