Decameron/Giornata nona/Novella prima

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Giornata nona - Introduzione Giornata nona - Novella seconda
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[I]

Madonna Francesca, amata da un Rinuccio e da uno Alessandro, e niuno amandone, col fare entrare l’un per morto in una sepoltura e l’altro quello trarne per morto, non potendo essi venire al fine imposto, cautamente gli si leva da dosso.


Madonna, assai m’aggrada, poi che vi piace, che per questo campo aperto e libero, nel quale la vostra magnificenza n’ha messi, del novellare, d’esser colei che corra il primo aringo; il quale se ben farò, non dubito che quegli che appresso verranno, non facciano bene e meglio.

Molte volte s’è, o vezzose donne, ne’ nostri ragionamenti mostrato quante e quali sieno le forze d’Amore: né però credo che pienamente se ne sia detto, né sarebbe ancora se di qui ad uno anno d’altro che di ciò non parlassimo; e per ciò che esso non solamente a vari dubbi di dover morire gli amanti conduce, ma quegli ancora ad entrare nelle case de’ morti per morti tira, m’aggrada di ciò raccontarvi, oltre a quelle che dette sono, una novella nella quale non solamente la potenza d’Amore comprenderete, ma il senno da una valorosa donna usato a tôrsi da dosso due che contro al suo piacere l’amavan, conoscerete.

Dico adunque che nella cittá di Pistoia fu giá una bellissima donna vedova, la qual due nostri fiorentini, che per aver bando di Firenze lá dimoravano, chiamati l’uno Rinuccio Palermini e l’altro Alessandro Chiarmontesi, senza sapere l’un dell’altro, per caso di costei presi, sommamente amavano, operando cautamente ciascuno ciò che per lui si poteva a dovere l’amor di costei acquistare. Ed essendo questa gentil donna, il cui nome fu madonna Francesca de’ Lazzari, assai sovente stimolata [p. 191 modifica]da ambasciate e da’ prieghi di ciascun di costoro, ed avendo ella ad esse men saviamente piú volte gli orecchi pórti, e volendosi saviamente ritrarre e non potendo, le venne, acciò che la loro seccaggine si levasse da dosso, un pensiero: e quel fu di volergli richiedere d’un servigio il quale ella pensò niuno dovergliele fare, quantunque egli fosse possibile, acciò che, non faccendolo essi, ella avesse onesta o colorata ragione di piú non volere le loro ambasciate udire; ed il pensiero fu questo. Era, il giorno che questo pensiero le venne, morto in Pistoia uno il quale, quantunque stati fossero i suoi passati gentili uomini, era reputato il piggiore uomo che, non che in Pistoia, ma in tutto il mondo fosse: ed oltre a questo, vivendo, era sí contraffatto e di sí divisato viso, che chi conosciuto non l’avesse, veggendol da prima, n’avrebbe avuta paura; ed era stato sotterrato in uno avello fuori della chiesa de’ frati minori. Il quale ella avvisò dovere in parte essere grande acconcio del suo proponimento; per la qual cosa ella disse ad una sua fante: — Tu sai la noia e l’angoscia la quale io tutto il dí ricevo dell’ambasciate di questi due fiorentini, da Rinuccio e da Alessandro: ora, io non son disposta a dover loro del mio amor compiacere, e per tôrglimi da dosso m’ho posto in cuore, per le grandi profferte che fanno, di volergli in cosa provare la quale io son certa che non faranno, e cosí questa seccaggine tôrne via; ed odi come. Tu sai che stamane fu sotterrato al luogo de’ frati minori lo Scannadio — cosí era chiamato quel reo uomo di cui di sopra dicemmo — del quale, non che morto, ma vivo i piú sicuri uomini di questa terra, veggendolo, avevan paura: e però tu te n’andrai segretamente in prima ad Alessandro, e sí gli dirai: — Madonna Francesca ti manda dicendo che ora è venuto il tempo che tu puoi avere il suo amore, il quale tu hai cotanto disiderato, ed esser con lei, dove tu vogli, in questa forma. A lei dée, per alcuna cagione che tu poi saprai, questa notte esser da un suo parente recato a casa il corpo di Scannadio che stamane fu sepellito: ed ella, sí come quella che ha di lui, cosí morto come egli è, paura, nol vi vorrebbe; per che ella ti priega, in luogo di [p. 192 modifica]gran servigio, che ti debba piacere d’andare stasera in sul primo sonno ed entrare in quella sepoltura dove Scannadio è sepellito, e metterti i suoi panni indosso e stare come se tu desso fossi infino a tanto che per te sia venuto, e senza alcuna cosa dire o motto fare, di quella trarre ti lasci e recare a casa sua, dove ella ti riceverá, e con lei poi ti starai, ed a tua posta ti potrai partire, lasciando del rimanente il pensiero a lei. — E se egli dice di volerlo fare, bene sta; dove dicesse di non volerlo fare, sí gli di’ da mia parte che piú dove io sia non apparisca, e come egli ha cara la vita, si guardi che piú né messo né ambasciata mi mandi. Ed appresso questo, te n’andrai a Rinuccio Palermini e sí gli dirai: — Madonna Francesca dice che è presta di volere ogni tuo piacer fare, dove tu a lei facci un gran servigio, cioè che tu stanotte in su la mezzanotte te ne vadi all’avello dove fu stamane sotterrato Scannadio, e lui, senza dire alcuna parola di cosa che tu oda o senta, tragghi di quello soavemente e rechigliele a casa; quivi perché ella il voglia vedrai, e di lei avrai il piacer tuo: e dove questo non ti piaccia di fare, ella infino da ora t’impone che tu mai piú non le mandi né messo né ambasciata. — La fante n’andò ad ammenduni, ed ordinatamente a ciascuno, secondo che imposto le fu, disse; alla quale risposto fu da ognuno che, non che in una sepoltura, ma in inferno andrebber, quando le piacesse. La fante fe’ la risposta alla donna, la quale aspettò di vedere se sí fossero pazzi, che essi il facessero. Venuta adunque la notte ed essendo giá primo sonno, Alessandro Chiarmontesi, spogliatosi in farsetto, uscí di casa sua per andare a stare in luogo di Scannadio nell’avello: ed andando gli venne un pensier molto pauroso nell’animo, e cominciò a dir seco: — Deh! che bestia sono io! Dove vo io? O che so io se i parenti di costei, forse avvedutisi che io l’amo, credendo essi quello che non è, le fanno far questo per uccidermi in quello avello? Il che se avvenisse, io m’avrei il danno, né mai cosa del mondo se ne saprebbe che lor nocesse. O che so io se forse alcun mio nemico questo m’ha procacciato, il quale ella forse amando, di questo il vuol servire? — E poi dicea: — Ma pognam che niuna di queste cose sia, e che pure i suoi [p. 193 modifica]parenti a casa di lei portarmi debbano: io debbo credere che essi il corpo di Scannadio non vogliono per doverlosi tenere in braccio o metterlo in braccio a lei; anzi si dée credere che essi ne voglian far qualche strazio, sí come di colui che forse giá d’alcuna cosa gli diserví. Costei dice che di cosa che io senta io non faccia motto. O se essi mi cacciasser gli occhi o mi traessero i denti o mozzassermi le mani o facessermi alcuno altro cosí fatto giuoco, a che sarei io? Come potrei io star cheto? E se io favello, e mi conosceranno e per avventura mi faranno male: ma come che essi non me ne facciano, io non avrò fatto nulla, ché essi non mi lasceranno con la donna; e la donna dirá poi che io abbia rotto il suo comandamento e non fará mai cosa che mi piaccia. — E cosí dicendo, fu tutto che tornato a casa: ma pure il grande amore il sospinse innanzi con argomenti contrari a questi e di tanta forza, che all’avello il condussero; il quale egli aperse, ed entratovi dentro e spogliato Scannadio e sé rivestito e l’avello sopra sé richiuso e nel luogo di Scannadio postosi, gl’incominciò a tornare a mente chi costui era stato, e le cose che giá aveva udite dire che di notte erano intervenute, non che nelle sepolture de’ morti, ma ancora altrove: e tutti i peli gli s’incominciarono ad arricciare addosso, e parevagli tratto tratto che Scannadio si dovesse levar ritto e quivi scannar lui. Ma da fervente amore aiutato, questi e gli altri paurosi pensier vincendo, stando come se egli il morto fosse, cominciò ad aspettare che di lui dovesse intervenire. Rinuccio, appressandosi la mezzanotte, uscí di casa sua per far quello che dalla sua donna gli era stato mandato a dire: ed andando, in molti e vari pensieri entrò delle cose possibili ad intervenirgli, sí come di poter col corpo, sopra le spalle, di Scannadio venire alle mani della signoria ed esser come malioso condannato al fuoco, o di dovere, se egli si risapesse, venire in odio de’ suoi parenti, e d’altri simili, da’ quali tutto che rattenuto fu. Ma poi, rivolto, disse: — Deh! dirò io di no della prima cosa che questa gentil donna, la quale io ho cotanto amata ed amo, m’ha richesto, e spezialmente dovendone la sua grazia acquistare? Non ne dovessi io di certo [p. 194 modifica]morire, che io non me ne metta a far ciò che promesso l’ho. — Ed andato avanti, giunse alla sepoltura, e quella leggermente aperse. Alessandro, sentendola aprire, ancora che gran paura avesse, stette pur cheto. Rinuccio, entrato dentro, credendosi il corpo di Scannadio prendere, prese Alessandro pe’ piedi e lui fuor ne tirò, ed in su le spalle levatolsi, verso la casa della gentil donna cominciò ad andare; e cosí andando, e non riguardandolo altramenti, spesse volte il percoteva ora in un canto ed ora in uno altro d’alcune panche che allato alla via erano: e la notte era sí buia e sí oscura, che egli non poteva discernere ove s’andava. Ed essendo giá Rinuccio a piè dell’uscio della gentil donna, la quale alle finestre con la sua fante stava, per sentire se Rinuccio Alessandro recasse, giá da sé armata in modo da mandargli ammendun via, avvenne che la famiglia della signoria, in quella contrada ripostasi e chetamente standosi, aspettando di dover pigliare uno sbandito, sentendo lo scalpiccio che Rinuccio co’ piè faceva, subitamente tratto fuori un lume per veder che si fare e dove andarsi, e mossi i pavesi e le lance, gridò: — Chi è lá? — La quale Rinuccio conoscendo, non avendo tempo da troppo lunga diliberazione, lasciatosi cadere Alessandro, quanto le gambe nel poteron portare andò via. Alessandro, levatosi prestamente, con tutto che i panni del morto avesse indosso, li quali erano molto lunghi, pure andò via altressí. La donna, per lo lume tratto fuori dalla famiglia, ottimamente veduto aveva Rinuccio con Alessandro dietro alle spalle, e similmente aveva scorto Alessandro esser vestito de’ panni di Scannadio; e maravigliossi molto del grande ardir di ciascuno, ma con tutta la maraviglia rise assai del veder gittar giuso Alessandro e del vedergli poscia fuggire. Ed essendo di tale accidente molto lieta e lodando Iddio che dallo ’mpaccio di costoro tolta l’avea, se ne tornò dentro ed andossene in camera, affermando con la fante, senza alcun dubbio ciascun di costoro amarla molto, poscia che quello avevan fatto, sí come appariva, che ella loro aveva imposto. Rinuccio, dolente e bestemmiando la sua sventura, non se ne tornò a casa per tutto questo: ma partita di quella contrada la [p. 195 modifica]famiglia, colá tornò dove Alessandro aveva gittato, e cominciò brancolone a cercare se egli il ritrovasse, per fornire il suo servigio; ma non trovandolo, ed avvisando la famiglia quindi averlo tolto, dolente a casa se ne tornò. Alessandro, non sappiendo altro che farsi, senza aver conosciuto chi portato se l’avesse, dolente di tale sciagura, similmente a casa sua se n’andò. La mattina, trovata aperta la sepoltura di Scannadio né dentro veggendovisi, per ciò che nel fondo l’aveva Alessandro voltato, tutta Pistoia ne fu in vari ragionamenti, estimando gli sciocchi lui da’ diavoli essere stato portato via. Nondimeno ciascun de’ due amanti, significato alla donna ciò che fatto avea e quello che era intervenuto, e con questo scusandosi se fornito non avean pienamente il suo comandamento, la sua grazia ed il suo amore addomandava; la qual, mostrando a niun ciò voler credere, con ricisa risposta di mai per loro niente voler fare, poi che essi ciò che essa addomandato avea, non avean fatto, gli si tolse da dosso.