De mulieribus claris/LII
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CAPITOLO LII.
Megulia Dotata.
Megulia, la quale gli antichi Romani chiamarono Dotata, penso io, essere stata romana in quella rozza, e, acciocchè io la chiami così, santa età, nella quale quegli che cercarono le splendide cose d’Asia e le ricchezze dei grandi re, non usciti ancora dalle braccia della povertà ottima nutricatrice, dispregiata quella, non aveano guastato lo nobile animo1. La quale donna acquistò per soprannome Dotata, secondo che io penso, piuttosto per chiarezza de’ suoi, che per merito d’alcuna sua opera. Perchè in quel tempo parve sì maravigliosa cosa dare in dote cinquecento migliaia di danari, che fu posto nome, a chi si dava, Dotata: e perseverò per molti tempi intanto, che se, oltre all’usato costume, fusse aggiunto alcuna cosa alla dota d’alcuna fanciulla, incontanente era chiamata Megulia Dotata. O buona simplicità! o laudabile povertà! quello che la povertà faceva parere maravigliosa cosa giustamente, ora parrebbe uno scherno alla lascivia presente. Perchè noi abbiamo intanto passato d’ogni parte la misura, che appena lo calzolaio, appena lo marangone, appena lo bastagio ovvero lo villano troverai, che per sì piccola cosa ovvero dote voglia tor moglie. E non è maraviglia, perchè eziandio una femmina di popolo ha preso le corone delle reine, fibbiale d’oro, fregiature ed altri ornamenti; e usano quegli, non dirò superbamente, ma senza vergogna. E non so se io dica, gli animi, sono sì ingranditi, troppo consentendo a noi; o se piuttosto, che penso sommamente vero, per noştro difetto sono sì amati i vizi e gl’insuperabili desiderj degli uomini2.