Gabriello Chiabrera

XVII secolo Indice:Opere (Chiabrera).djvu Letteratura Damigella Intestazione 12 giugno 2023 75% Da definire

Gonfio le gote Questo tronco di noce
Questo testo fa parte della raccolta Le vendemmie di Parnaso


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XLII

AL SIG. GIOVAN BATTISTA PINELLI.

Damigella
     Tutta bella,
     Versa, versa quel bel vino:
     Fa che cada
     5La rugiada,
     Distillata di rubino.
Ho nel seno
     Rio veneno,
     Che vi sparse Amor profondo,
     10Ma gittarlo,
     E lasciarlo
     Vo’ sommerso in questo fondo.
Damigella
     Tutta bella
     15Di quel vin tu non mi sazii:
     Fa che cada
     La rugiada
     Distillata di topazii.
Ah che spento
     20Io non sento
     Il furor degli ardor miei:
     Meno ardenti,
     Men cocenti
     Sono, ohimè, gl’incendj Etnei.

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25Nuova fiamma
     Più m’infiamma,
     Arde il cor fuoco novello:
     Se mia vita
     Non si aíta,
     30Ah! che io vengo un Mongibello.
Ma più fresca
     Ognor cresca
     Dentro me sì fatta arsura:
     Consumarmi,
     35E disfarmi
     Per tal modo ho per ventura.
Dïoneo,
     Tïoneo
     Quando fu che fosser rei?
     40O Pinelli,
     I più belli
     Son costor degli altri Dei.
Deh dispensa
     Sulla mensa,
     45Che ci fa sì lieta erbetta,
     Damigella
     Tutta bella
     Di quel vin che più diletta.
Già famosa,
     50Glorïosa
     Si dicea la Vite in Scio;
     Ma quel vanto
     Non può tanto,
     Che si appagbi il desir mio.
55Odo ancora,
     Che s’onora
     La vendemmia di Falerno;
     Ma per certo
     Più gran merto
     60È d’un pampino moderno.
Ogni noja
     Vien, che moja
     Annegata quando io bevo;
     Pur beato
     65Fa mio stato
     La Vendemmia di Vesevo.
Or su movi,
     Donna, e piovi
     La rugiada Semelea:
     70Metti cura,
     Ch’ella pura,
     Pura sia Tïonïea.
Di mia Diva,
     Se si scriva
     75Il bel nome, è con sei note;
     Or per questo
     Io m’appresto
     A lasciar sei coppe vote.
Ma se io soglio
     80Nel cordoglio
     Sempre dir del suo bel vanto;
     Maggiormente
     Al presente
     N’ho da dir, che rido e canto.
85Son ben degni,
     Che io m’ingegni
     Quei begli occhi ad onorarli;
     Son ben degni,
     Che io m’ingegni
     90Quei bei risi a celebrarli.
Fama dice
     La Fenice
     Apparir nel mondo sola;
     Che si mira,
     95Che s’ammira
     Per ciascun quando ella vola:
Che le piume
     D’aureo lume,
     E di porpora è vestita;
     100Che d’intorno
     Spande giorno
     Con la testa oricrinita.
Qual Fenice
     Uom mi dice?
     105Fumi sono i pregi intesi;
     Più si mira,
     Più s’ammira
     Sovra i liti Savonesi.
Via più sola
     110Qui sen vola
     La bellezza, onde io tutto ardo:
     Più di luce
     Qui produce
     L’Orïente del suo sguardo.
115Viva rosa
     Rugiadosa
     Di costei la guancia infiora:
     Mai tal ostro
     Non fu mostro
     120Per l’augel che si s’onora.
O Fenice
     Beatrice
     Del mio cor con tua beltate;
     Ben poria
     125L’alma mia
     Dire ancor tua feritate.
Che se gira
     Sguardo d’ira
     La tua vista disdegnosa;
     130Non ha fera
     Cosi fiera
     Per l’Arabia serpentosa.