Dalle dita al calcolatore/II/4
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4. L’invenzione dei numeri
L’attività economica dei popoli della Mesopotamia forse non avrebbe assunto dimensioni sovra-regionali e poi internazionali senza adeguati supporti materiali, tecnici e culturali, da essa stessa scaturiti.
I miti mesopotamici narrano come la madre primigenia, la dea Nammu, abbia plasmato gli uomini con l’argilla perché aiutino gli dei nello svolgimento dei loro doveri celesti. E anche Adamo ha origine dall’argilla. Non c’è dunque da stupirsi che proprio nell’argilla l’uomo abbia saputo trovare il mezzo per dare forma al proprio pensiero, conservarlo e tramandarlo.
Nel pieno dell’espansione commerciale e della formazione di società urbane molto articolate, i popoli della bassa Mesopotamia e dell’Elam sicuramente si trovano nella necessità di avere a disposizione dati precisi sulle risorse e sulle disponibilità. Per esempio, occorre garantire una corretta amministrazione delle entrate del tempio, metterle al sicuro dai ladri, ma soprattutto da appropriazioni indebite. Quando la massa delle risorse diviene enorme e riesce impossibile tenere tutto a mente, si inventa - per gradi - un sistema che consente di registrare in modo esatto le entrate e le uscite, oppure di inventariare il patrimonio zootecnico, ecc. Soprattutto occorre poter annotare l’oggetto dell’operazione: maiali, asini, cavalli, mucche, capre, orzo, tessuti...
I ritrovamenti effettuati nell’acropoli di Susa, in Elam, ci mostrano il nascere ed il formarsi di un sistema contabile che, attraverso i Sumeri ed i Babilonesi, ha dato origine e impulso alla scienza matematica. Ciò avviene intorno al 3500 a.C. Sulla base dei reperti possiamo ricostruire le tappe evolutive che hanno caratterizzato la scrittura dei numeri.
1ª tappa. Gli amministratori dispongono di calculi diversi per forma e dimensione (bastoncelli, biglie, dischi, coni, coni perforati), ognuno con un valore numerico ben definito: 1, 10, 60 oppure 100... Se in una fase più antica viene osservato il criterio della corrispondenza biunivoca “tante vacche... tanti sassolini”, ora si può osservare un primo livello di astrazione: un solo oggetto può rappresentare un gruppo di elementi: 10, 60, ecc.
Al momento di effettuare una registrazione (contratto, inventario, compravendita, prelievo, deposito...), lo scriba-contabile realizza una sfera d’argilla (bolla) modellandola intorno al pollice, quindi sfila il dito. Supponiamo di avere a che fare con 25 capre: il contabile infila nella cavità della bolla due biglie di valore 10 e cinque bastoncelli, quindi chiude il foro e fa scorrere su tutta la superficie della bolla il sigillo cilindrico, ricoprendola di una successione ininterrotta di immagini: è come una firma che attesta l’autenticità del contenuto ed è una garanzia contro le falsificazioni. Dopo l’essiccazione, la bolla viene conservata in archivio. All’occorrenza, viene rotta e si procede al conteggio dei calculi.
2ª tappa. Il procedimento sopra descritto risulta poco pratico: per qualsiasi controllo bisogna sempre rompere le bolle... Così dal 3300 si pensa bene di trasferire sulla superficie esterna delle bolle la tecnica delle “tacche”. In tal modo risulta immediatamente visibile il valore dei calculi contenuti nella bolla:
- una tacca piccola corrisponde a un bastoncello;
- un piccolo cerchio rappresenta una biglia;
- un cerchio equivale a un disco;
- una tacca grossa corrisponde a un cono;
- una tacca grossa con un cerchietto al centro rappresenta un cono perforato.
Questi segni vengono impressi usando opportunamente le due estremità dello stiletto, aventi sezione diversa, in posizione obliqua (tacca) o verticale (cerchio).
3ª tappa. Dal 3250 si perviene a una semplificazione importante. L’uso delle bolle e dei calculi viene abbandonato. Si usano panetti di argilla oblunghi, piuttosto tozzi. Sulla loro superficie vengono impresse le notazioni numeriche a “tacca” e si autentica la facciata rotolandovi il sigillo.
4ª tappa. Fra il 3200 ed il 3000 a.C., i blocchetti di argilla cominciano ad assumere la forma di tavolette; le tacche divengono più regolari e ordinate, e il sigillo viene impresso sulle due facce e sui bordi.
Le bolle e le tavolette dell’Elam, fino al 3000, riportano quasi esclusivamente indicazioni numeriche, perciò nulla sappiamo circa l’oggetto cui esse si riferiscono e sul tipo di rapporto intervenuto fra le controparti. Non ci è di grande aiuto il sapere che esse sono state rinvenute nell’area del tempio, dato che esso svolge un ruolo fondamentale nella vita economica del paese. Neanche l’impronta del sigillo ci dice molto al di là delle speculazioni religiose o magiche. L’uso del sigillo scompare man mano che si diffonde l’uso di indicazioni “scritte” per esplicitare il significato delle notazioni numeriche.
5ª tappa. A Susa, fra il 3000 ed il 2900 a.C. le tavolette divengono più raffinate ed eleganti, con un formato quasi standardizzato. Accanto ai numeri compaiono pittogrammi e altri segni. Tavoletta elamita: censimento di equini vari (3000 a.C.).)
6ª tappa. Fra il 2900 ed il 2800, i numeri sono affiancati da una quantità crescente di indicazioni scritte, che però non sono state ancora decifrate.
Questi passaggi sono stati senza dubbio fondamentali per la conquista della capacità di pensare in modo astratto. Si è passati dagli oggetti concreti alle loro rappresentazioni materiali, fino all’uso di segni slegati da qualsiasi oggetto specifico, in grado di indicare la quantità.