Cuore (1889)/Ottobre/Un tratto generoso
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UN TRATTO GENEROSO.
26, mercoledì.
E si diede a conoscere appunto questa mattina, Garrone. Quando entrai nella scuola, — un poco tardi, chè m’avea fermato la maestra di prima superiore per domandarmi a che ora poteva venir a casa a trovarci, — il maestro non c’era ancora, e tre o quattro ragazzi tormentavano il povero Crossi, quello coi capelli rossi, che ha un braccio morto, e sua madre vende erbaggi. Lo stuzzicavano colle righe, gli buttavano in faccia delle scorze di castagne, e gli davan dello storpio e del mostro, contraffacendolo, col suo braccio al collo. Ed egli tutto solo in fondo al banco, smorto, stava a sentire, guardando ora l’uno ora l’altro con gli occhi supplichevoli, perchè lo lasciassero stare. Ma gli altri sempre più lo sbeffavano, ed egli cominciò a tremare e a farsi rosso dalla rabbia. A un tratto Franti, quella brutta faccia, salì sur un banco, e facendo mostra di portar due cesti sulle braccia, scimmiottò la mamma di Crossi, quando veniva a aspettare il figliuolo alla porta; perchè ora è malata. Molti si misero a ridere forte. Allora Crossi perse la testa, e afferrato un calamaio glie lo scaraventò al capo di tutta forza; ma Franti fece civetta, e il calamaio andò a colpire nel petto il maestro che entrava.
Tutti scapparono al posto, e fecero silenzio, impauriti.
Il maestro, pallido, salì al tavolino, e con voce alterata domandò:
— Chi è stato?
Nessuno rispose.
Il maestro gridò un’altra volta, alzando ancora la voce: — Chi è?
Allora Garrone, mosso a pietà del povero Crossi, si alzò di scatto, e disse risolutamente: — Son io.
Il maestro lo guardò, guardò gli scolari stupiti; poi disse con voce tranquilla: — Non sei tu.
E dopo un momento: — Il colpevole non sarà punito. S’alzi!
Crossi s’alzò, e disse piangendo: — Mi picchiavano e m’insultavano, io ho perso la testa, ho tirato....
— Siedi, — disse il maestro. — S’alzino quelli che lo han provocato.
Quattro s’alzarono, col capo chino.
— Voi, — disse il maestro, — avete insultato un compagno che non vi provocava, schernito un disgraziato, percosso un debole che non si può difendere. Avete commesso una delle azioni più basse, più vergognose di cui si possa macchiare una creatura umana. Vigliacchi!
Detto questo, scese tra i banchi, mise una mano sotto il mento a Garrone, che stava col viso basso, e fattogli alzare il viso, lo fissò negli occhi, e gli disse: — Tu sei un’anima nobile.
Garrone, colto il momento, mormorò non so che parole nell’orecchio al maestro; e questi, voltatosi verso i quattro colpevoli, disse bruscamente: — Vi perdono.