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12 | ottobre |
Garrone, colto il momento, mormorò non so che parole nell’orecchio al maestro; e questi, voltatosi verso i quattro colpevoli, disse bruscamente: — Vi perdono.
LA MIA MAESTRA DI 1.ª SUPERIORE.
27, giovedì.
La mia maestra ha mantenuto la promessa, è venuta oggi a casa, nel momento che stavo per uscire con mia madre, per portar biancheria a una donna povera, raccomandata dalla Gazzetta. Era un anno che non l’avevamo più vista in casa nostra. Tutti le abbiamo fatto festa. È sempre quella, piccola, col suo velo verde intorno al cappello, vestita alla buona e pettinata male, chè non ha tempo di rilisciarsi; ma un poco più scolorita che l’anno passato, con qualche capello bianco, e tosse sempre. Mia madre glie l’ha detto: — E la salute, cara maestra? Lei non si riguarda abbastanza! — Eh, non importa, — ha risposto, col suo sorriso allegro insieme e malinconico. — Lei parla troppo forte, — ha soggiunto mia madre, — si affanna troppo coi suoi ragazzi. — È vero; si sente sempre la sua voce; mi ricordo di quando andavo a scuola da lei: parla sempre, parla perchè i ragazzi non si distraggano, e non sta un momento seduta. N’ero ben sicuro che sarebbe venuta, perchè non si scorda mai dei suoi scolari; ne rammenta i nomi per anni; i giorni d’esame mensile, corre a domandar al Direttore che punti hanno avuto; li aspetta all’uscita, e si fa mostrar le composizioni per vedere se hanno fatto progressi; e molti vengono ancora