Cronica delle cose occorrenti ne' tempi suoi/Libro terzo/5
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In questo mezzo i Neri inducono maliziosamente il Cardinale a uscire di Firenze per assicurarsi di Pistoia: sua andata a Prato e a Pistoia. Tornando a vuoto da quest’ultima città, Prato gli si rivolge contro (maggio 1304).
I contrarii alla volontà del Papa, non volendo più sostenere il fascio del Cardinale, né lasciare più abbarbicare la pace, feciono tanto con false parole, che rimossono il Cardinale di Firenze, dicendogli: "Monsignore, anzi che andiate più avanti con la esecuzione della pace, fateci certi che Pistoia ubidisca: perché faccendo noi pace, e Pistoia rimanesse a’ nostri adversari, noi saremo ingannati". E questo non diceano, perché avendo Pistoia volessono la pace, ma per prolungare il trattato della pace. E tanto con colorate parole il mossono, che a dì VIII di maggio 1304 si partì di Firenze, e per la via da Campi albergò a un bel riparo di Rinuccio di Senno Rinucci.
L’altro dì cavalcò a Prato, donde nato era, e dove mai non era stato: e quivi con molto onore e gran dignità fu ricevuto, e con rami d’ulivo, e cavalieri con bandiere e stendardo di zendado, il popolo e le donne ornate, e le vie coperte, con balli e con stormenti, gridando: "Viva il signore". Ma tosto gliel cambiorono in onta, siccome i Giudei feciono a Cristo, come di sotto si dirà.
In quel dì cavalcò a Pistoia, e parlò co’ maggiori e reggenti della terra: e con lui cavalcò messer Geri Spini, il quale avea fatti gli arnesi, credendo avere la signoria della terra. E furono da messer Tolosato degli Uberti e dal popolo ricevuti con grande onore, e fugli data certa balìa dal popolo, ma non che desse la città a altri. Il perché vedendo che la terra si tenea con molti scalterimenti perdé la speranza d’averla; e però se ne ritornò inverso Prato: dove credendo potere entrare con la forza de’ parenti e degli amici suoi, non poté.